Ferrari: Un mito immortale, la recensione: i successi costellati dalle tragedie

Ferrari: Un mito immortale esplora gli aspetti più tragici e felici degli anni che vanno dal 1955 al 1958.

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a cura di Giovanni Arestia

Nel 1950, competizioni automobilistiche come Le Mans e i Gran Premi di Formula 1 divennero così importanti da rendere i piloti delle vere e proprie celebrità in tutto il mondo. Una vittoria in una qualsiasi competizione garantiva l'immortalità nell'Olimpo dello sport nonostante, spesso, la paura di morire superava i sogni di gloria. Dal 1950 al 1959, infatti, sono venuti a mancare ben 39 piloti durante varie gare a causa di tecnologie ed efficienze indirettamente proporzionali alle velocità. Colui che, tuttavia, conosceva davvero i rischi e il successo era Enzo Ferrari e il documentario di Daryl Goodrich, Ferrari: Un mito immortale esplora proprio gli aspetti più tragici e felici degli anni che vanno dal 1955 al 1958, quando la il team Ferrari della Formula 1 venne celebrata come una delle scuderie di maggior successo della storia. Ecco a voi la nostra recensione per celebrare l'arrivo del documentario su Sky Documentaries.

Ferrari: Un mito immortale, una storia umana ben oltre la "semplice" Ferrari

Ferrari: Un mito immortale si concentra, mostrando filmati, audio e interviste di repertorio, sulla partnership unica dei piloti britannici Mike Hawthorn e Peter Collins, che si chiamavano "mon ami mate" e si dividevano equamente le loro vittorie in gara. Il loro machiavellico capo Enzo Ferrari arrivò addirittura a sospettare che la loro grande amicizia stesse smussando la stessa volontà di vincere le gare. Il documentario venne presentato nel 2017 in occasione del 70° anniversario della Ferrari, ma non pretende di essere una storia completa dell'illustre marchio italiano. Riguarda principalmente il periodo approssimativamente racchiuso tra la traumatica gara di Le Mans del 1955 in cui Hawthorn vinse (guidando una Jaguar in quell'occasione) nonostante l'incidente che uccise più di 80 spettatori, e la morte di Collins e la vittoria del campionato di Hawthorn con la Ferrari, avvenute entrambe nel 1958.

Il regista Daryl Goodrich ha ideato e diretto il docufilm come un'elegia per un'era dorata, ma incredibilmente pericolosa in cui giovani uomini audaci tronfi di sogni e speranze, ridevano amaramente di fronte alle terrificanti statistiche sulla mortalità di questo sport (c'è una piccola clip che rafforza questo concetto e vede alcuni piloti durante la seconda guerra mondiale che si esaltano mentre salgono nei loro Spitfire pur consapevoli del loro probabile destino). Ciò crea un leggero senso di confusione, poiché comprendiamo immediatamente che la narrazione non è integralmente incentrata sulla Ferrari, tuttavia Goodrich ha compensato confezionando il suo film con filmati d'epoca sontuosi e spettacolari, la maggior parte a colori e di qualità sorprendente. In questo modo si ottengono scene meravigliose dell'assolata Monte Carlo con auto da corsa storiche che sfrecciano sotto le palme attraverso le sue strade tortuose, ma anche immagini del circuito automobilistico che si crogiola sotto i cieli brillanti della Florida, filmati d'epoca da Monza, Silverstone e il terribile Nürburgring e tanto altro ancora.

Un imperativo Enzo Ferrari nell'intimità del documentario

A queste immagini al cardiopalma, si intervallano spezzoni di filmati privati e intimi di piloti e amici che socializzano allegramente, apparentemente senza preoccuparsi del mondo e questi conferiscono una notevole intensità all'intera produzione. Il senso di un'era eroica perduta è anche amplificato dal modo in cui le auto degli anni '50, in particolare le Ferrari rosso brillante, erano viste come delle opere d'arte mobili artigianali ben diverse dalle creazioni più tecniche e computerizzate di quelle progettate nei giorni nostri.

Il commento della voce fuori campo, che prende a piene mani spunto dal documentario a tema per eccellenza ovvero Senna, è fornito, sebbene con un'accentuata e a volte fastidiosa ridondanza, da veterani del giornalismo automobilistico e piloti di un tempo tra cui spiccano Stirling Moss, Phil Hill e Alfonso de Portago. Non mancano anche l'ex fidanzata di Hawthorn Jean Howarth e la vedova americana di Collins, Louise King, le quali hanno dato un tocco personale a tutta la storia. King in particolare colpisce per il modo in cui celebra allegramente il suo breve anno e mezzo di matrimonio con Collins e ricorda come si siano sempre rifiutati di parlare della possibilità di morire. È stata proprio la scomparsa di Collins, all'età di soli 26 anni, che spinse lo stesso Enzo Ferrari a commentare che "l'era dei piloti gentleman è finita". Fu questo evento e una serie di altri simili che portarono Enzo a rimarcare cupamente che “bisogna continuare a lavorare continuamente. Altrimenti si pensa solo alla morte".

Su queste vicende personali e umani, Enzo Ferrari compie il ruolo di presenza super partes con dichiarazioni lapidarie, ciniche, ma acute e brillanti. Nonostante le gravi vicende, infatti, è sempre riuscito a resistere a una vita fatta di curve e destini beffardi. Dopotutto la Formula 1, così come gran parte degli sport pericolosi di alto livello, nella storia ha dimostrato come gli uomini possano passare, ma le leggende restano indelebili nei libri e nella mente degli appassionati.

Conclusioni

Ferrari: Un mito immortale è un omaggio toccante e tecnicamente ottimo che pone un faro su un'epoca ormai scomparsa composta da piloti pittoreschi, gentiluomini e con un coraggio enorme anche davanti alla paura della morte e dell'ignoto. È un peccato che Goodrich abbia esagerato elevando la sua produzione con una colonna sonora eccessivamente pomposa o dolorosa, poiché le immagini e la storia parlano da sole. Gli 89 minuti di durata vanno avanti con un ritmo serrato che elimina eventuali tempi morti o inutili e pesanti digressioni, ma purtroppo lasciano anche l'amaro in bocca per alcune storie che potevano essere esplorate meglio magari guardando oltre gli eventi degli anni '50 (come ad esempio i drammatici eventi che accaddero sempre nel terribile circuito di Nürburgring). In ogni caso Ferrari: Un mito immortale è stato concepito come un documentario casalingo che chiunque abbia a cuore la storia della Formula 1 e del motorsport in generale troverà sicuramente irresistibile e indimenticabile.