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a cura di Manuel Enrico

In questi giorni, il mondo del fumetto è stato travolto da una debacle che ha coinvolto WOW – Spazio Fumetto, tempio milanese della divulgazione delle nuvole parlanti, che dopo un’iniziale esclusione è stato infine riconosciuto come un polo culturale meritevole di esser compreso nelle sovvenzioni che aiutano a mantenere vivi i musei in questi tempi travagliati. L’importanza del fumetto, come elemento culturale, è sempre oggetto di dibattito, tra chi vede in questo medium un valore divulgativo e artistico e chi, invece, ancora fatica a dargli il giusto merito. Fortunatamente, esistono diversi progetti che fanno della divulgazione del fumetto il loro scopo, e proprio in questi giorni uno dei più longevi, Fumo di China, raggiunge un obiettivo importante: il numero 300, arrivato recentemente in edicola.

Loris Cantarelli racconta l'avventura di Fumo di China, giunta  al numero 300!

Da trent’anni, Fumo di China, o FdC come viene amichevolmente chiamata, si prefigge di presentare ai lettori una chiave di lettura diversa e varia del mondo dei fumetti, non limitandosi a consigli di lettura e recensioni, ma guidando in un viaggio alla scoperta di ogni aspetto di questo sconfinato universo.

Una missione non certo facile, attualmente affidata alla guida di Loris Cantarelli, responsabile editoriale di Fumo di China, che in una chiacchierata ci ha svelato l’emozione di arrivare a questo traguardo:

 “In realtà non c’è molto tempo per goderselo, perché siamo già al lavoro sul 301... ma forse è meglio, così non ci montiamo la testa! (ride) Di certo c’è la soddisfazione di riuscire ancora a essere “testimoni del nostro tempo”, non essendo più tanto acquistati dai lettori per le notizie (che ovviamente diamo principalmente sul blog e sui social) quanto per gli approfondimenti che sul web non sono molti: forse è anche per quello che il nostro “zoccolo duro” resiste, ma tanto ci sono talmente tante uscite che qualcosa di non marginale e comunque interessante da trattare c’è ogni mese.”

Oggi Fumo di China è una rivista cartacea diffusa in edicola, ha un suo blog e anche una pagina Facebook, è una realtà editoriale solida e che dimostra di sapere utilizzare al meglio tutte le possibilità di contatto con i potenziali lettori. Ma alle sue spalle, ha una storia che rivela quanto dietro a tutto questo ci sia la passione di un gruppo di nomi importanti del mondo dei fumetti che più di quarant’anni fa ebbero un’idea.

"L’origine è quella di tante fanzine cioè fanatic magazine, “riviste di (e per) appassionati”, dagli appassionati del Club Giovani Amici del Fumetto fondato nel 1977 da Andrea Battaglia e Massimo Torreggiani di Molinella (BO) che nel febbraio 1978 avvia un Bollettino ciclostilato distribuito alle fiere, con Andrea Plazzi e Andrea Magoni, a cui quasi subito si uniscono Franco Spiritelli e Mauro Marcheselli, e che dopo nemmeno dieci numeri nel novembre 1980 si ribattezza con il nome “vero” di Fumo di China (ideato da Franco Busatta) e debutta a Lucca accanto al neonato Frigidaire riuscendo a essere distribuito in alcune fumetterie, come la celebre “Le nuvole parlanti” di Gianni Berti a Milano dove si ritrovavano tanti autori e che chiuse proprio nel 1989 quando sbarcammo in edicola con la redazione nel capoluogo lombardo!

In mezzo – prima di ripartire una terza volta con un nuovo n.1 in un formato più grande, pensato con lungimiranza da Marcello Toninelli (uno dei soci del nuovo editore NED 50) – ci furono gli 8 numeri brossurati editi da Alessandro Distribuzioni di Bologna, che inaugurarono le copertine a colori e ci fecero perfino guadagnare una citazione sul RadioCorriere TV! Nel 1998 la redazione si spostò infine da Cartoon Club che già organizzava il festival di animazione e aveva appena iniziato la fiera Riminicomix."

Dalle parole di Loris Cantarelli si evince come la storia di Fumo di China sia da sempre permeata da una sana voglia di raccontare il mondo dei fumetti, senza campanilismi o prese di posizione, ma con in mente un solo principio: scoprire e raccontare i fumetti.

"Il nostro obiettivo è quello di non smettere mai di osservare il medium a 360 gradi, senza snobismi né preclusioni, non osannando come capolavori o deprezzando come schifezze (a seconda delle “consorterie”, che per fortuna esistono meno che in altri ambiti italiani) prodotti che a volte meriterebbero solo indifferenza, e per la verità non è detto che poi non la ottengano... In realtà esce talmente tanta roba che qualcosa di bello c’è sempre, anche se cerchiamo di non cadere nel famoso “effetto Mollica” ideato dal critico tv Aldo Grasso del Corriere della Sera per indicare chi parla solo entusiasticamente di opere che gli piacciono!"

Il paragone con un altro medium, quello televisivo, non è un caso. Recentemente anche programmi divulgativi e culturali sembrano essersi aperti alla presentazione di prodotti della nona arte, ma non va dimenticato che per farlo bisogna possedere competenza, ma soprattutto tenendo conto che servono strumenti competenti e la volontà di non perdere la propria identità, che per Cantarelli è ben chiara:

"Sempre quella di non rimanere fuori dal tempo ma profondamente calati nella realtà, tenendo d’occhio l’evoluzione del fumetto accanto ai vorticosi cambiamenti di editoria, cinema, videogiochi e web, incontrando gli autori e notando le tendenze (se ci sono) e le tante incarnazioni di un mezzo di comunicazione straordinario e che ancora non smette di stupirci ed emozionarci."

Tenere viva una redazione che sia saldamente ancorata a questo principio non è semplice, serve un’attenta opera di programmazione e uno spirito di adattamento che consenta di poter cambiare rotta all’occorrenza. Compito che ricade interamente sulle spalle di Cantarelli, che ci ha raccontato come nasce un numero di Fumo di China:

"Un paio di volte all’anno decidiamo in linea di massima le copertine e i dossier per i mesi seguenti, anche se cerchiamo di tenere un margine di elasticità sufficiente per cambi all’ultimo momento che a volte possono essere vorticosi quando non addirittura in corsa: ricordo per esempio quando morì Stan Lee, che essendo quasi 96enne ovviamente avevamo già pensato di ricordarlo dedicandogli un dossier, per cui ero già in parola con un nostro autore... Stavamo chiudendo il numero di dicembre e spostammo “al volo” alcuni articoli, con l’ulteriore chicca della cortesia di Giuliano Piccininno, grazie al quale riuscimmo ad avere una splendida copertina inedita per l’occasione.

Ecco, questo mi dà lo spunto per dire che, oltre naturalmente alle migliaia di lettori che ci hanno seguito in questi 31 anni in edicola, per essere arrivati al n.300 e anzi riuscire a superarlo in salute nonostante le continue crisi dell’editoria e addirittura una pandemia è di tutti quegli autori e collaboratori che ci hanno aiutato (quasi sempre disinteressatamente!) e i tanti che ancor oggi non smettono di farci proposte né farci mancare il loro continuo appoggio."

Parte integrante della bellezza di Fumo di China sono le copertine, che da sempre hanno avuto il compito di affascinare e attrarre i lettori, mostrando loro cosa avrebbero trovato all’interno del numero. Giunti alla ragguardevole cifra del numero 300, era inevitabile che si volesse ripercorrere questa galleria di omaggi e disegni, un viaggio nella storia della rivista che sulla pagina Facebook di FdC ha preso la forma di un contest per nominare la copertina più bella, decisione talmente ardua che alla fine si è preso una decisione inevitabile

"Alla fine non ce la siam sentita di premiarne una sola, anche se avevamo detto dall’inizio che sarebbe stato soltanto una premiazione simbolica... Dal punto di vista dei voti, è stato quasi un plebiscito per il n.1/28 del 1987, il primo degli albetti brossurati di Alessandro, con la prima copertina supereroica: un bellissimo Batman di Bill Sienkewicz, intervistato alla Lucca precedente da Marco M. Lupoi, esordendo alla domanda di presentarsi dicendo: «Il mio nome si pronuncia “Scinchevich”, con accento sulla seconda sillaba. Sono nato in Pennsylvania...», chissà per chi ha votato!

Poi certo ognuno ha la sua preferita, o meglio LE sue preferite... io amo alla follia quella che nel 2016 ci realizzò per il n.251 il grande Bruno Cannucciari, ritraendosi insieme allo scomparso Franco Fossati come ai tempi di Comic Art... però nelle vesti di Blake & Mortimer “alla ricerca della critica perduta”! Alcune delle copertine più belle nascono proprio così, parlando con chi le disegnerà di solito in omaggio a qualcuno che non c’è più o per fare festa con i loro personaggi più amati: ecco allora Vittorio Giardino con uno straordinario Little Nemo per il doppio estivo n.63/64 che corrispondeva al nostro 100° di sempre, oppure il Flash di Carmine Di Giandomenico per il n.250. Oppure scoviamo inediti imperdibili come un Romano Scarpa con Topolino e l’unghia di Kalì che usammo per il n.226 o Claudio Villa “istruito” da Tex e Carson per la lunga intervista sul suo “Texone” nel n.296. A volte poi ci innamoriamo talmente di una copertina di un fumetto di cui parliamo con il suo autore che ne chiediamo all’editore l’utilizzo quasi senza scritte e nel nostro grande formato... Non c’è una regola fissa, ed è questo il bello!"

Andando oltre l’innegabile merito artistico delle copertine di Fumo di China, viene da chiedersi come una rivista così di nicchia sia riuscita a mantenere salda la sua presenza in edicola per così tanto di tempo. Cantarelli non ha dubbio, il segreto di questa longevità è nella selezione dei contenuti:

"Con l’avvento dell’Internet di massa, diciamo dagli anni Duemila, la strada è pressoché obbligata: dobbiamo dare quello che sul web non si trova, o si trova fatto male, o incompleto. Come dicevo, ci viene in aiuto l’ampia scelta e quindi l’ampia disponibilità di bei materiali e argomenti interessanti: poi naturalmente sta a noi non rovinare tutto con banalità o pressapochismo. Pur nelle ristrettezze economiche che tutti viviamo, credo che essere arrivati fin qui indichi che abbiam fatto almeno un buon lavoro: l’impegno è quello di mantenere questi standard e anzi cercare sempre di migliorarci."

Fumo di China, quindi, fa dei suoi contenuti il suo punto forte. Come dice Cantarelli, offrire articoli interessanti e completi è una caratteristica essenziale della rivista, che offre agli appassionati di comics notizie rare o approfondimenti su argomenti che toccano il mondo del fumetto in modo ampio e differente. Ma questo rende Fumo di China indicato solo a chi ha già familiarità con questo medium?

"Direi soltanto in parte. Certo non sono più i tempi di quando, giusto 30 anni fa, io stesso fui attirato da un argomento in copertina scoprendone all’interno mille altri, ma d’altra parte oggi c’è una tale offerta di proposte che è impossibile conoscere tutto, anche soltanto limitandosi a un genere o una tipologia di fumetto. In ogni caso noi cerchiamo di non dare quasi nulla di scontanto, utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile a tutti: basta avere un minimo di curiosità per essere attirati all’interno delle pagine."

Esser sulla breccia per così tanto tempo vuol dire che Fumo di China ha assistito all’evoluzione del fumetto, alla sua percezione. Un mutamento che, inevitabilmente, avrà richiesto anche un cambio nella dinamica della sua divulgazione, rendendo quindi scontata una domanda: come è cambiata Fumo di China in questi anni?

"Ah, non mi avevi detto che abbiamo tutto questo tempo! (ride) Scherzi a parte, come chiunque può verificare ogni giorno, in questi decenni si sono moltiplicati i canali di diffusione (oltre all’edicola, librerie e biblioteche, sono arrivate le grandi fiere, la grande distribuzione, gli store online) e i media su cui appaiono i personaggi nati a fumetti (al cinema, il tv, nei giochi e nei videogiochi, sul web), anche se inevitabilmente le tirature si sono ridotte, con un totale di circa 6 mila titoli pubblicati nel solo 2018.

Ma in fondo quello che importa di un fumetto non è molto cambiato: al di là della carta, della confezione, della rilegatura e magari dei colori, quel che importa è quella meravigliosa sintesi tra storia e disegni che non smette ancora di ammaliarci. Facendo tesoro dell’esperienza e della professionalità acquisita nel tempo, FdC non può che accompagnare lo sviluppo dell’editoria e della società con un occhio, e con l’altro scovare come sempre le opere e gli autori da non perdere e da riscoprire. Finora siamo riusciti a non diventare strabici, la sfida è continuare (ride) e noi siamo ben intenzionati  a non deludere i lettori"