Gioco di ruolo, bias e cerchi magici

Gioco di Ruolo, filosofia e antropologia sono profondamente connessi tra loro. Il concetto di Homo Ludens, il Cerchio Magico del gioco, la teoria della sovranità, lo sviluppo dello Stato Moderno, sono tutti concetti che nella teoria dei giochi si articolano in maniera contraddittoria e complessa. Proviamo ad indagarli attraverso un sessione di gioco esemplare, ascoltando in prima persona i PG che li hanno per primi teorizzati.

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a cura di Marta Palvarini

Gioco di Ruolo, filosofia e antropologia sono profondamente connessi tra loro. Il concetto di Homo Ludens, il Cerchio Magico del gioco, la teoria della sovranità, lo sviluppo dello Stato Moderno, sono tutti concetti che nella teoria dei giochi si articolano in maniera contraddittoria e complessa. Proviamo ad indagarli attraverso un sessione di gioco esemplare, ascoltando in prima persona i PG (personaggi giocanti) che li hanno per primi teorizzati.
Disclaimer: La lettura di questo articolo richiede una buona dose di sospensione dell’incredulità.

«Proseguite lungo il buio tunnel illuminato da torce, c’è una porta aperta, in legno rinforzato, che si apre su di una stanza ampia. Al centro della stanza c’è un grosso tavolo rotondo, con alcune persone sedute attorno ad esso che parlano. Hanno di fronte a loro molti fogli, alcuni tomi, e dadi, altri invece hanno delle carte. Parlano forte, sembra che stiano narrando delle storie, in prima persona, poi in terza persona, incomprensibile. Tirano i dadi, pescano carte, scribacchiano sui fogli. Ridono, urlano, si arrabbiano, si agitano. Ora, finalmente, avete capito: stanno Giocando di Ruolo!Ma, un attimo! Cos’è quel bagliore che li circonda? Cos’è quello strano disegno per terra? Sembra che il tavolo da gioco ed ogni persona attorno ad esso sia all’interno di un Cerchio Magico. Le persone al tavolo vi ignorano, le persone al tavolo sono del tutto assorbite dal gioco, sospese in uno spazio altro, con regole tutte sue.»

Il Cerchio Magico

Il Cerchio Magico, oltre ad essere un nome per un incantesimo inseribile in quasi ogni manuale di gioco di ruolo fantasy, è un concetto elaborato dallo studioso olandese Jhoan Huizinga nel 1938 nel libro che l’ha reso celebre tra noi giocanti: “Homo Ludens”. Il Cerchio Magico è uno dei termini più utilizzati nel campo degli studi ludici per identificare le dinamiche antropologiche alla base del gioco.Secondo Huizinga il gioco è a tutti gli effetti un rituale che si compie in un luogo circoscritto dal Cerchio Magico stesso. All’interno di questo spazio circoscritto vigono regole speciali a cui chiunque gioca si sottomette per scelta, per fare sì che il gioco possa funzionare.Chi gioca di ruolo ben conosce questa dinamica: ci sediamo al tavolo, la sessione comincia, la tensione si alza, non siamo più le persone che interpretiamo nella vita di tutti i giorni, ora siamo i nostri personaggi, siamo maghi e guerriere, netrunner e solos, investigatori dell’occulto e mutanti, tutti in attesa che qualcuno parli.  E come ben sappiamo, in moltissimi giochi, la prima figura che parla al tavolo, che rompe quel momento di assoluto hype, è la figura del Master. Narratore. Regista. O come volete chiamarlo.

«Nella stanza entra una figura incappucciata. È Jhoan Huizinga. Lo studioso osserva la scena ed è scosso da un fremito di gioia accademica. Ogni sua teoria è stata appena confermata, ogni sua elaborazione sull’ambito ludico è espressa nella pratica, davanti a lui. Il buon Jhoan si sofferma a lungo ad osservare la figura del Master. Partendo dal concetto di Cerchio Magico come Rituale, identifica nel Master una specie di officiante di un culto, un prete oltre che un arbitro, che definisce e amministra i confini del Cerchio Magico stesso, avvolto di potere antropologico

Fermiamo un attimo la narrazione. Se Huizinga avesse visto per davvero la nascita di Dungeons & Dragons e si fosse preso l’onere di analizzarlo probabilmente tutte le speculazioni bizzarre sul satanismo nel Gioco di Ruolo  sarebbero state più difficili da smontare e noi saremmo già in qualche oscura carcere segreta su ordine dell’FBI o del AISE per geolocalizzare la situazione.  Ma torniamo alla nostra narrazione.

«Mentre Huizinga è perso nelle sue elucubrazioni un’altra figura entra in scena, un altro uomo, più vecchio, farfuglia qualcosa in un inglese desueto, e saltella via contento. Questo signore anzianotto è Thomas Hobbes, filosofo britannico, noto soprattutto per l’aderenza con la dottrina del giusnaturalismo (il “diritto di natura”) e per il suo trattato politico “Leviatano” pubblicato nel 1651. Hobbes è davvero felice, al settimo cielo, poiché dal suo punto di vista all’interno del Cerchio Magico del Gioco di Ruolo si concretizza la sua teoria più famosa: nello “stato di natura” dove si compie la guerra di tutti contro tutti solo un patto sociale tra i sudditi e un sovrano può portare allo stato di civiltà. Evidentemente il vecchio Thomas, mentre guarda il Master vede il Leviatano, un sovrano puro a cui i giocatori rimettono la propria governance affidandosi del tutto a questo officiante del culto ludico. Thomas esagera sempre, è noto

Il master sovrano

Eppure una parte di verità c’è nell’associazione Leviatano con Master, o per lo meno c’era se analizziamo le prime forme di Gioco di Ruolo:

"Be prepared to accept his [Dungeon Master] decision as final and remember that not everything in the game will always go your way!

Preparatevi ad accettare la sua [del Dungeon Master] decisione come definitiva e ricordate che non tutto nel gioco andrà sempre come volete voi!”(Gygax, AD&D: Player's Handbook, 1978, p. 2)

Con questa frase Gygax e Arneson non intendevano certo esprimere una sovranità assoluta del Master (in D&D Dungeon Master), ma per molti anni è stata spesso erroneamente interpretata con l’associazione Master-Leviatano, e molte campagne sono finite a causa di comportamenti autoritari di un Master verso i suoi “sudditi oppressi”.

Per Gygax e Arneson la figura del Dungeon Master ha sì dei poteri speciali. Può arbitrare, può amministrare e può decidere, ma sempre nei limiti del tracciato scritto da loro stessi e da tutto il team della TSR nello scrivere i primi manuali di gioco di D&D.

«Huizinga ha un nuovo sobbalzo. Esiste qualcuno sopra il Master? Esiste un Officiante Capo?Per lui è una scoperta incredibile, un’evoluzione del suo pensiero. Di fatto si è tracciato un nuovo Cerchio Magico, un secondo Cerchio Magico, che include giocatori, giocatrici, Game Master e Game Designer.  Poi Huizinga con piglio dubbioso si chiede: “Anche la figura del Game Designer quindi officia il culto?” Si risponde che no, non officia il rituale, il Game Designer crea un Cerchio Magico più grande, crea La Religione stessa, crea le regole del culto officiato dal Game Master.»

Non pensiamo allo studioso olandese come ad un fissato con le religioni, guardiamo invece alle caratteristiche antropologiche che egli sottolineerebbe. In “Homo Ludens” l’altro parallelismo che viene fatto è tra il Cerchio Magico e il Tribunale, ancora un luogo circoscritto in cui vigono regole speciali, e ancora un luogo amministrato da qualcuno con pieni poteri conferiti.  La figura del Game Designer crea lo spazio ampio del gioco stesso, un Cerchio Magico più grande condiviso da diversi Cerchi Magici più piccoli. Un insieme grande con all’interno dei piccoli insiemi.  Qualcosa di matematico.

«All’improvviso si leva un urlo. Spunta un altro uomo, magretto, calvo, con un maglione a collo alto, è francese, gesticola parecchio: è Michel Foucault, filosofo, noto per il suo saggio Sorvegliare e Punire pubblicato nel 1975. È lui che ha urlato, sconvolto, poiché pensa che la strutturazione del Gioco di Ruolo ricalca quella dello Stato Moderno che ha analizzato nel dettaglio. Una strutturazione matematica, numerica. Nello Stato Moderno secondo Foucault le identità delle persone vengono ridotte a sapere bibliografico, catalogate attraverso i censimenti, ridotte a meri numeri per meglio amministrarle. Lo Stato Moderno enciclopedizza i corpi e le menti, dice Michel.»

La grande enciclopedia dell’esistente

Sfogliando un qualsiasi manuale di Gioco di Ruolo (o la maggior parte dei manuali) ci accorgiamo che in fondo è una grande enciclopedia dell’esistente, o meglio, di ciò che esiste nel mondo di gioco. Un manuale ci dice chi possiamo essere e come possiamo esserlo, chi possiamo affrontare e come, ci dice cosa possiamo fare e cosa non possiamo fare in-game.A tutti gli effetti amministra la fisica del gioco, ed un manuale è scritto per amministrare.Le identità sono a tutti gli effetti ridotte a sapere bibliografico e sono anche ridotte a numero per poterle giocare in un dato contesto.In un GdR le caratteristiche fisiche e mentali, così come le abilità e capacità dei personaggi sono rappresentate spesso da valori numerici. Un valore “migliore” permette al nostro personaggio di essere “migliore”, o tendenzialmente migliore. Questo modo di costruzione del Gioco di Ruolo, oggi messo in discussione dalle nuove produzioni, ha le sue radici in Dungeons & Dragons, capostipite del genere ma anche metro di paragone assoluto che tuttora viene usato come cartina di tornasole.

«Seguendo l’interpretazione fallace della frase scritta da Gygax e Arneson sul ruolo del Dungeon Master, Foucault associa questo ruolo di gioco al Sorvegliante del Panopticon di Bentham. Foucault perde anche 3 Punti Vita.»

Il Panopticon è un carcere perfetto progettato dal filosofo Jeremy Bentham. È composto da una costruzione circolare in cui vengono allocati i detenuti e da una torre al centro di essa in cui il Sorvegliante può osservare tutti i carcerati contemporaneamente senza che essi si accorgano di essere sorvegliati. Molte carceri e anche alcuni ospedali e perfino delle fabbriche furono costruiti seguendo questo modello architettonico. Secondo Foucault questa forma di sorveglianza è applicabile ad ogni aspetto dello Stato Moderno, non solo alle istituzioni carcerarie ma anche alla struttura urbana, alla scuola, all’amministrazione, ma tutto passa innanzitutto dalla riduzione dei corpi a sapere bibliografico ed enciclopedico.Una persona, in un carcere come in una qualsiasi forma dello Stato Moderno non ha più identità, è soltanto numero, è ridotta all’essenza di quanto mangia, dove vive, dove si sposta, se si sposa oppure no, a che classe sociale appartiene.

«Ma Foucault evidentemente ha semplicemente letto i manuali di qualche Gioco di Ruolo per fare queste deduzioni, non ha mai giocato di ruolo. Michel ha dedotto tutto dal game design di alcuni giochi, prendendo alla lettera il ruolo del Master-Sorvegliante, e prendendo alla lettera quell’insieme di caratteristiche numeriche elencate nei manuali.»

Dungeon & Dragons e l'influenza nel game design

È però vero che alcune delle caratteristiche che Foucault analizzerebbe sono reali, specialmente nel “modo” di giocare ad alcuni Giochi di Ruolo, soprattutto i giochi “old school”.È altresì vero che alcune parti del game design dei primi giochi di ruolo hanno influenzato la community di gioco. La maggior parte di noi giocanti oggi non si riconoscerebbe mai nella definizione di Dungeon Master presente nel manuale dell’AD&D, ma esiste ancora una frangia che vede in quella definizione da Leviatano e nella riduzione a numero dei corpi in gioco un fattore fondativo dell’esperienza di gioco.

D&D, in quanto capostipite, ha generato un “modo di produzione” del Gioco di Ruolo, un concetto di pianificazione (sia nel masterare che nel game design) molto simile alla pianificazione urbana propria dello Stato Moderno.

Tra il 1852 e il 1870 la Parigi del Secondo Impero fu sottoposta ad un’opera di ristrutturazione drastica operata dal Barone Von Haussman. La pianificazione urbana di Haussman, non un urbanista ma un prefetto di polizia, aveva tra gli scopi il controllo dei quartieri popolari ritenuti “insalubri”. Secondo l’urbanista britannico David Harvey questi quartieri erano i focolai delle rivolte che caratterizzarono i Moti del '48 parigino. Per determinare i quartieri insalubri fu agita una scelta politica aprioristica e una riduzione a numero dei corpi, considerando la gente abitante quei quartieri solo un insieme di caratteristiche “negative” per la sopravvivenza dell’istituzione imperiale.

Questo parallelismo tra pianificazione nel game design e pianificazione urbana ci fa porre una domanda: chi decide e come decide?Giocare comporta l’accettazione di un bias, una distorsione, intrinseca al Game Designer/Urbanista.Giocare comporta l’accettazione di una figura a cui si concede sovranità (seppur parziale) sul mondo di gioco, e quindi fiducia, sia essa Master o Designer. Un Leviatano? Si spera di no, magari semplicemente una mente in grado di creare un buon Cerchio Magico, piccolo o grande che sia.Ma la responsabilità del Master e del Designer è totale, quando fallisce è scoperto, quando opera scelte sbagliate chiunque può vederle. “Il Re è nudo”, “Il Master si è comportato scorrettamente”, “Il Designer limita le mie scelte in-game”, sono tutte frasi simili, che prima o poi, se qualcosa non va, qualcuno al tavolo di gioco dirà.

Se il bias di design diventa limitante, se la sovranità parziale del Master diventa autoritaria, è pieno diritto del gruppo di gioco abbandonare il tavolo, è pieno diritto della comunità creare nuovi prodotti con bias diversi.

“Arguably, whereas digital games adjudicate rules within the black box of computer code, human intuition, thinking, and interpretation supervise play in nondigital contexts such as playing D&D around a table [...] these are systems made by individuals and for individuals [...]biases and inherent inequalities are both consciously and unconsciously embedded within systems.”(Antero Garcia, “Privilege, Power, and Dungeons & Dragons)

“Probabilmente, mentre i giochi digitali arbitrano le regole all'interno della black box del codice informatico, l'intuizione umana, il pensiero e l'interpretazione supervisionano il gioco in contesti non digitali come giocare a D&D attorno a un tavolo [. ..] questi sono sistemi creati da individui per individui […]pregiudizi e disuguaglianze intrinseche sono sia consciamente che inconsciamente incorporati nei sistemi”

Bibliografia

Se volete approfondire gli argomenti trattati in questo articolo eccovi tutti i riferimenti da cui sono state attinte informazioni ed esempi:

  • Flanagan, Mary, Critical play: Radical game design, Cambridge, Massachusetts, MIT Press, 2009. (disponibile su Amazon)
  • Foucault, Michel, Sorvegliare e Punire, (1975) Torino, Einaudi, 1976  (disponibile su Amazon)
  • Garcia, Antero, “Privilege, Power, and Dungeons & Dragons: How Systems Shape Racial and Gender Identities", in Tabletop Role-Playing Games, Mind, Culture, and Activity, Routledge, 2017 (disponibile su Amazon)
  • Harvey, David, Justice, Nature and The Geography of Difference, Oxford, Blackwell Publishers, 1996 (disponibile su Amazon)
  • Harvey, David, Spaces of Hope, Edinburgh, Edinburgh University Press/Berkeley, CA, University of California Press, 2000  (disponibile su Amazon)
  • Harvey, David, Paris, capital of modernity, Londra, Routledge, 2003 (disponibile su Amazon)
  • Hobbes, Thomas, Leviathan, (1651), McMaster University Archive of the History of Economic Thought (disponibile su Amazon)
  • Huizinga, Johan, Homo Ludens, (1944), Londra, Routledge, 1980 (disponibile su Amazon)
  • Lavedan, Pierre, Nouvelle Histoire de Paris, volume Histoire de l'urbanisme à Paris. Citazione da Revue municipale, 20 ottobre 1861 (disponibile su Amazon)
  • Paccoud, Antoine, “Planning law, power, and practice: Haussmann in Paris (1853–1870), in Planning Perspective, LSE, 2015
  • Sassen, Saskia, The global city: New York, London, Tokyo, Princeton, Princeton University Press, 2001 (disponibile su Amazon)
  • Zimmerman, Eric, “Jerked Around by the Magic Circle: Clearing the Air Ten Years Later, originariamente Gamasutra 7 febbraio 2012

Ludografia

  • AD&D: Player's Handbook, Gary Gygax, Wisconsin, Lake Geneva, TSR, 1978
  • Dungeon Master's Guide, Wizards of the Coast, Washington, Renton, 2014