Humandroid, tra Robocop e Terminator con un pizzico di Corto Circuito

Tra poco potremo conoscere la storia del robottino Chappie nel nuovo film Humandroid, in programmazione a partire dal 9 aprile in tutte le sale italiane.

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a cura di Luca Lubiati

firma horrorbakery

Esce domani nelle sale Chappie (9 aprile), terza fatica cinematografica del giovane regista Neill Blomkamp, che nell'ultimo periodo ha fatto un gran parlare di sé a causa del suo inaspettato progetto per il nuovo capitolo della saga di Alien. Abbiamo assistito all'anteprima, ecco alcune considerazioni senza spoiler.

Dopo il sorprendente District 9 ed il fiacco Elysium, Chappie rappresenta un bel banco di prova per il regista sudafricano, che sceglie questa volta di misurarsi con il tema del rapporto fra uomo e macchina. Benché l'argomento sia già stato ampiamente sviscerato nel cinema, Blomkamp riesce a dire la sua senza mai risultare banale.

Nella pellicola non mancano i riferimenti ai mostri sacri del genere come Robocop o Terminator, ma troviamo anche un pizzico di Corto Circuito che alleggerisce l'atmosfera generale.

Nonostante la forte componente ironica, però, il film si rivela una profonda metafora sull'educazione dei bambini nella società contemporanea: il povero Chappie si ritrova sballottato tra gli stimoli che gli arrivano da questa sorta di trinità rappresentata da suo "padre", sua "madre" e il suo creatore.

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Nell'arco di pochi giorni lo vediamo attraversare a tappe forzate le principali fasi della crescita, ovvero infanzia, adolescenza ed età adulta, in un commovente viaggio attraverso un mondo fatto di sfumature in contrasto con la sua natura meccanica. Chappie dovrà suo malgrado confrontarsi con la più oscura di queste sfumature, la morte, che rappresenterà per lui la sfida più grande.

Tutto questo, naturalmente, è veicolato dall'ottima interpretazione del cast: Dev Patel, l'ex ragazzo di The Millionaire, conferisce una straordinaria umanità al personaggio di Deon Wilson, il creatore del dolce robot protagonista della storia.

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Ma a spiccare davvero sono i fantastici, Yolandi Visser e Watkin Tudor Jones, che trapiantati dal mondo della musica a quello del cinema riescono a contaminare il film con la loro estetica pop/trash.

In conclusione possiamo affermare che Blomkamp sforna la sua pellicola migliore. Visione consigliata.