I Gioielli della Carnefice, recensione della nuova avventura per Dungeon Crawl Classic

I gioielli della carnefice è un'avventura per Dungeon Crawl Classic ambientata in un tempio ricco di pericoli mortali e mali dimenticati

Avatar di Silvio Colombini

a cura di Silvio Colombini

I gioielli della carnefice è un’avventura per Dungeon Crawl Classic, l’iconico gioco di ruolo OSR, per 6-10 personaggi tra il terzo e il quinto livello: una sfida che potrebbe portare enormi ricchezze così come una veloce morte agli incauti. Un'avventura semplice, quasi all’ordine del giorno per dei temprati avventurieri, che presto rivelerà la sua vera natura e potrebbe arrivare a sconvolgere gli equilibri del mondo.

I gioielli della carnefice: il prodotto

I Gioielli della Carnefice si presenta come uno spillato di trentadue pagine, ottimamente curato tanto sotto il profilo editoriale (abbiamo “scovato” un solo errore di battitura) quanto su quello “nostalgico”. All’interno infatti, come già visto nel manuale principale, tutto sembra urlare old school. Le immagini sono numerose ma mai fini a se stesse: spesso aiutano a mostrare le diverse situazioni di gioco o a renderle più chiare a chi narra.

A tal proposito facciamo presente che, come spesso accade in queste avventure, è presente sia del testo da leggere ad alta voce ai giocatori sia del testo destinato al solo Giudice: lo facciamo presente più che altro perché la seconda parte è decisamente molta e spesso fondamentale per gestire al meglio le situazioni; di conseguenza è, a nostro avviso, fondamentale che chi vestirà i panni del Giudice abbia letto (almeno) una volta l’avventura prima di giocarla.

Segnaliamo la presenza di una gradita sorpresa; senza che sia fatto presente da alcuna parte, il fascicolo include una seconda avventura: “Sperduti tra i rovi”. Pensata anche questa per personaggi di 3° livello, dal punto di vista editoriale condivide quanto detto sopra (tranne forse una minor prolissità del testo). Ne parleremo in separata sede più avanti. Andiamo ora ad analizzare quella che è la vera avventura; come già detto sarà necessario fare alcuni piccoli spoiler: se la cosa vi infastidisce, o se non siete il Giudice, fermatevi qui!

L’antefatto

I Gioielli della Carnefice è ambientata a Punjar, ma ai fini dell’avventura questa cosa non avrà alcun peso: saremo quindi liberi di utilizzarla dove preferiremo. Qui giacciono i resti di quella che un tempo era una cappella devota al culto della Carnefice, una religione che faceva della sofferenza e dell’esaltazione della morte il proprio credo. Alla luce del giorno gli accoliti agivano come “memento mori” viventi, ricordando alle parti abbienti della popolazione la loro caducità. Ma è nelle grotte sottostanti che il culto celebrava i suoi più sacri, e macabri, cerimoniali: liturgie che, sistematicamente, si concludevano con un sacrificio. Consenziente o meno che fosse.

Il culto riuscì a crescere e a prosperare fino a quanto Azazel, un fanatico sacerdote della Luce, decise di porre fine alla cosa: dopo aver radunato un piccolo esercito, rase al suolo la cappella, invase le sale sotterranee e diede la caccia ai membri del culto fino ad arrivare ad affrontare la Carnefice stessa. Ma Azazel era solo un uomo e nulla poteva il suo fanatismo contro una dea: chiese allora aiuto al suo di aiutarlo nella lotta. L’intervento divino lo rese immortale e potente e gli permise di sconfiggere, e poi imprigionare la sua avversaria, e infine sigillare tutte le uscite dell’oscuro tempio.

Ma, con una malizia tipica di Dungeon Crawl Classics, il potere che lo aveva reso capace dell’impossibile richiese un tributo: Azazel divenne solo un guscio senza vita ma allo stesso tempo immortale, costretto a fare da guardiano per sempre alla sua nemica. Non solo, la luce che lo animava era in grado di alimentare la vita di chiunque ne venisse investito: anche i sopravvissuti del suo esercito divennero immortali, ma nel tempo vennero mutati, diventando grottesche e deformi versioni dei valorosi combattenti che erano scesi nel sottosuolo.

A distanza di centinaia di anni, molti di quanto avvenuto è stato dimenticato o trasfigurato in leggenda. A guardia dei sotterranei sono rimasti solo i discendenti di coloro che affrontarono la Carnefice: nobili convinti che sia solo un rito da celebrare, dal significato ormai dimenticato, e che di fatto siano a guardia di un cumulo di rocce sconnesse. Saranno proprio i nostri avventurieri, ignari del pericolo che dovranno affrontare, a forzare una botola e a calarsi nell'oscurità, in cerca di gloria e ricchezze, a dimostrare che il Male non ha mai cessato di pulsare. E che potrebbe avere assunto volti inaspettati.

I Gioielli della Carnefice: affrontare il dungeon

Ve lo ricordiamo nuovamente: nelle prossime righe saranno presenti pesanti spoiler. Se non volete rovinarvi la sorpresa smettete di leggere! Entrare nel dettaglio delle singole stanze non servirebbe a molto per farsi un’idea della qualità dell’avventura che abbiamo tra le mani. Più correttamente è giusto rendere il merito agli autori per essere riusciti a sfruttare un gancio tutto sommato inflazionato in un’ottima avventura. Tutto, nel dungeon, urla morte, deviazione e perversione. Insomma ci muoveremo effettivamente all’interno delle sale di un culto dedicato alla sofferenza e alla morte. Non solo, molte delle situazioni presentate dovranno essere affrontate con intelligenza e malizia, ricordando dove ci si trova.

Non che il volume ne faccia mistero: l’avventura si apre, letteralmente, superando una porta sigillata con il piombo: gli autori stanno esplicitamente dicendo “Non entrate!”. E fin dal primo scontro (un ragno gigante mutato) ci renderemo conto che non solo non sarà una passeggiata ma che qualcosa di veramente distorto si cela in queste ombre. E distorto sarà anche il cammino che sarà necessario percorrere per evitare di fare fin da subito una brutta fine. Il tempio si snoda su due livelli. E nel primo troveremo una stanza con tre porte. Sì, lo sappiamo: probabilmente anche voi, come chi vi scrive, avrete pensato alla classica situazione dove solo una è la scelta giusta. E infatti, come ci si aspetterebbe da una buona avventura pensata per Dungeon Crawl Classics, tutte e tre sono trappole mortali. Mentre il vero passaggio giace altrove. Ma anche il solo cercare di arrivarci porterà con sé sfide e pericoli.

Il secondo livello del dungeon renderà ancora più evidente che “brutte cose sono avvenute” e che non tutto è come ci si aspetterebbe. I personaggi (quelli sopravvissuti almeno) si troveranno ad affrontare quelli che, sulla carta, dovrebbero essere i buoni. Distorti nel corpo e nella mente, coloro che un tempo furono le Spade dei Devoti ora attaccano a vista chiunque, mossi dalla convinzione che ogni intruso sia un alleato della Carnefice. Lo stesso paladino del bene, Azazel, si rivelerà una creatura perniciosa, maligna e perversa, ben lontano dall'ideale Sacro Guerriero del Bene che sarebbe lecito aspettarsi. Un uomo che farà di tutto per piegare i Personaggi al suo “santo” piano per salvare il mondo.

E la Carnefice? Lei invece cercherà di aiutare (corrompere?) i Personaggi, donando loro poteri e abilità speciali. Insomma discernere chi sia il vero malvagio sarà un’avventura nell’avventura e non è detto che i Personaggi riusciranno a prendere la migliore delle decisioni. Il tutto condito da trappole, indovinelli e una buona dose di metagioco positivo: per arrivare a portare a casa la vittoria (o almeno la pelle) i Personaggi dovranno contare su Giocatori agili di mente, pronti a trovare soluzioni fantasiose che non necessariamente saranno coperte dal solo tiro dei dadi. Anzi, in pieno accordo con la filosofia OSR, non sarà raro che sarà proprio l’influenza del Giocatore di turno ad essere determinante per stabilire la piega che prenderanno certi eventi.

Sperduti tra i rovi

Come anticipato il volume racchiude una seconda avventura: Sperduti tra i rovi. Meno “articolata” e più breve della precedente è probabilmente pensata per una one-shot. Qui la trama è decisamente più lineare: un Nodomorto, un treant un tempo nobile e pacifico, è impazzito a causa di un meteorite e ha sviluppato una psicosi che ha al centro la sua immortalità. Premio che è a un passo dall’ottenere: ancora un sacrificio e il rito sarà completo. In tutta onestà non c'è molto da dire su “Sperduti tra i rovi”, la trama , e con essa l'andamento dell’avventura, è piuttosto lineare: concentrata prevalentemente sul combattimento lascia poco spazio ad altre tipologie d’approccio.

Piccola nota di merito per i diversi ganci forniti: cosa non scontata visto il tipo di avventura, sono elencati diversi modi per coinvolgere i Personaggi e giustificare il loro intervento. E, volendo, potranno essere sfruttati per altre avventure. Per bilanciare la cosa segnaliamo una piccola ingenuità degli autori: ad inizio avventura viene espressamente detto che a Nodomorto, per raggiungere il suo scopo, serve che l’ultima vittima sia un elfo, salvo poi potersi accontentare di un Chierico o di un Mago, purché di allineamento legali. Al di là della discrepanza (perché un rito così potente si accontenta?) la questione porta con sé una domanda: e se nessuno giocasse uno dei tre elementi necessari? Vero, la soluzione è molto semplice, ma la cosa fa un po’ sorridere.

Per chi è adatto

Avendo qui due avventure pensate appositamente per Dungeon Crawl Classic è evidente che il prodotto è pensato per chi già lo possiede e lo gioca. Volendo allargare un po’ la possibile utenza I gioielli della carnefice potrebbe interessare tutti gli amanti dei giochi di ruolo fantasy Old School: con poche modifiche può essere facilmente adattato a molti sistemi di gioco OSR.

I gioielli della carnefice: considerazioni

Ci sono essenzialmente due cose da prendere in considerazione. La prima è vedere se I gioielli della carnefice (e l’avventura compagna) riesca nel suo, sottinteso, obiettivo: portare sul tavolo le dinamiche e le aspettative del gioco di riferimento. Insomma, detta altrimenti: quella che abbiamo tra le mani è una buona avventura per Dungeon Crawl Classic? E qui, visto il duplice contenuto del volume, la risposta non può che essere divisa in due. Prendendo in considerazione l'opera che da il nome al prodotto non possiamo che dirci più che soddisfatti: I gioielli della carnefice è un'ottima avventura OSR. Cattiva con gli impulsivi (ma foriera di soddisfazioni per chi pensa prima di agire), a tratti imprevedibile e aperta soluzioni alternative, è in grado di regalare episodi memorabili e giocate da annali.

Purtroppo Sperduti tra i rovi non si può dire sia allo stesso livello (non che fosse facile, intendiamoci): pur facendo il suo, onesto, lavoro difficilmente farà breccia nei cuori di chi la giocherà. Personalmente la vediamo più come una buona scelta per introdurre al sistema di gioco o, in alternativa, per una serrata serata di gioco prima di gettarsi sul vero piatto grosso.

L’altro aspetto che vogliamo prendere in considerazione è l’abbondanza di testo presente. Intendiamoci, un po’ di informazioni su quanto stiamo giocando è più che benvenuto, ma alle volte si sfora nel “troppo”. Ci sono situazioni in cui il testo presente diluisce, e rende difficoltoso trovare a colpo d’occhio, le informazioni necessarie e primarie. E questo si traduce in una cosa: il Giudice sarà “costretto” a leggere con attenzione l’avventura prima di cominciare. Non che sia un problema insormontabile: il materiale non è così tanto da trasformare la lettura in un’odissea, ma facilitare la preparazione delle serate di gioco sarebbe stato un gradito elemento aggiunto. La cosa, anche per semplici motivi di spazio, non si vede in "Sperduti tra i rovi": fedele alla sua missione di essere giocata in una serata, qui il testo è molto più conciso e scorrevole.

Conclusione

I gioielli della carnefice è un’avventura onesta e piacevole, che fa quello che ci si aspetta da un prodotto pensato per Dungeon Crawl Classics: essere veloce, spietato, mortale e spingere ad usare anche (soprattutto?) la materia grigia. Sebbene la storia non brilli per originalità la cosa passa presto in secondo piano una volta scesi nel dungeon l’atmosfera e gli ambienti, così come le sfide da affrontare, è molto probabile che rendano I gioielli della carnefice una di quelle avventure che resterà nei ricordi dei giocatori per molto tempo.

Il tutto con il valore aggiunto, almeno secondo gli standard di Dungeon Crawl Classics, di fornire alcuni “simpatici” agganci per rendere impossibile la vita di coloro che ce la faranno ad uscire. Unica vera pecca è una parte testuale che alle volte si fa troppo prolissa, tuttavia anche se avrebbe tratto giovamento da un (netto) snellimento ma non è così ingombrante da diventare un effettivo ostacolo al godimento dell’avventura chiedendo, al massimo, una lettura pre-giocata, da parte del Giudice.

Il più che ottimo livello della prima avventura fa un po’ sfigurare “Persi nei rovi”, l’altra sfida qui inclusa. Sebbene non sia un cattivo prodotto è indubbio che non sia allo stesso livello della prima parte del volume. Tuttavia, considerando che è pensata per una one-shot che permetta di passare una serata facendo volare “sane mazzate”, non è da bocciare in toto: diverte, ma una volta giocata (salvo inaspettate “invenzioni” dei giocatori) verrà messa da parte senza rimpianti.