Il Diario dell’estinzione (Maico Morellini) - Recensione

Il diario dell’estinzione di Maico Morellini è un romanzo fantastico dalle tinte cupe, ambientato a Londra negli anni ‘80 del XIX secolo

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a cura di Laura Scaramozzino

Il diario dell’estinzione
è l’ultimo romanzo di Maico Morellini – già vincitore del premio Urania nell’edizione 2010 con il romanzo
Il re Nero. Questa nuova opera è un’avventura fantastica dalle tinte cupe, ambientata nella Londra vittoriana tra il 1882 e il 1885 con alcune sortite nei trent’anni precedenti, mediante il sapiente utilizzo del flash back e la comparsa di una lettera misteriosa.

Malcolm Lefebvre, investigatore esperto di intrighi ai danni della corona, ed Ernest Buckingham, scienziato ex massone e conoscitore delle scienze occulte, collaborano con Scotland Yard per la risoluzione di un caso oscuro e complesso: un suicidio sospetto avvenuto vent’anni prima. Per far luce sulla vicenda, l’ammiraglio della Royal Navy Bartholomew James Sullivan incontra i due investigatori nella cittadina inglese di Bournemouth, nel Dorset e chiede il loro aiuto anche grazie all’appoggio dell’ispettore Abecombrie. Vent’anni prima il vice ammiraglio della Royal Navy, Robert FritzRoy, si era ucciso tagliandosi la gola.  La scoperta di una corrispondenza enigmatica fa però emergere parecchie lacune intorno all’ipotesi del suicidio. Da qui parte un’indagine serrata, adombrata dalla presenza di un personaggio inquietante e in possesso di un potere misterioso.

Buckinhgam e Lefevbre, grazie alle sorprendenti capacità di ipnotista del primo, si mettono sulle tracce di Isaac Walton, una presenza macabra e sfuggente in grado di generare mostri e seminare numerose vittime sul suo cammino.

Sullo sfondo della vicenda appare la figura spettrale di Charles Darwin: uno spettatore attento degli eventi.

I personaggi

Malcolm Lefebvre ed Ernest Buckingham sono convincenti e ben delineati nelle loro rispettive caratteristiche e abilità. Nel modo di indagare e interagire ricordano l’Holmes e il Watson di Sir Arthur Conan Doyle. Risultano tuttavia un po’ appiattiti allo schema classico del romanzo d’avventura, in cui spesso si dedica poca attenzione allo spessore psicologico dei protagonisti.  L’esigua attenzione alla back story e in particolare al ritratto psicologico dei personaggi, mi lascia un po’ perplessa. Nel corso della lettura, scopriamo un evento traumatico legato all’infanzia di Lefevbre, ma c’è poco altro. Nel romanzo manca qualunque accenno al rapporto con la sfera sentimentale.

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L’ambientazione

L’autore è bravo a mescolare i generi e le atmosfere, senza mai dare l’idea di forzate giustapposizioni a effetto. La ricostruzione storica è perfetta, con ammirevoli cura e un’attenzione ai dettagli topografici e meteorologici. Le descrizioni sono essenziali, ma al tempo stesso coinvolgenti grazie a un rapporto di perfetto equilibrio tra la visione d’insieme e il particolare. Il quadro storico non è mai l’applicazione di una scenografia stinta e stereotipata. Morellini ci riporta gli odori e i rumori della Londra di allora, i vicoli immersi nell’ombra, gli scricchiolii del legno e le luci indefinite dei cieli inglesi.

Trama e Stile

La trama funziona bene nella mescolanza di detective story, fantastico e horror. L’intreccio tra vicende realmente accadute e fiction è reso senza sbavature. Immergendomi in alcuni scorci, ho ritrovato le suggestioni tetre e fatali delle serie televisive, di ambientazione vittoriana, più interessanti degli ultimi anni: Penny Dreadful su tutte.

L’alternanza del punto di vista, i colpi di scena e le scene d’azione tengono desta l’attenzione del lettore attraverso la costruzione di un ritmo incalzante. Lo stile è asciutto ed evocativo, funzionale a un romanzo d’avventura che vira al fantastico.

Lettura molto consigliata.