Il priorato dell’albero delle arance, la recensione

Il priorato dell’albero delle arance di Samantha Shannon è un romanzo epic fantasy al femminile edito da Mondadori in cui spiccano tematiche LGBTQ+

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a cura di Davide Vincenzi

Il priorato dell’albero delle arance, edito da Mondadori per la collana Oscar Fantastica, è un corposo romanzo epic fantasy della giovane autrice britannica Samantha Shannon in cui emerge una forte componente femminile e di “inclusione”.

Due parole sull’autrice

Samantha Shannon, la giovane autrice de Il priorato dell’albero delle arance, è nata a Londra nel novembre 1991. Ha iniziato a scrivere all'età di quindici anni, con la stesura del suo primo romanzo, Aurora, che ad ora risulta ancora inedito. Si è laureata nel 2013 in letteratura e linguistica inglese al St Anne's College di Oxford.

Nel 2013 ha anche pubblicato La sognatrice errante, il primo dei sette volumi della serie La stagione della Falce, a cui sono seguiti The Mime Order nel 2015 e The Song Rising nel 2017. Questi romanzi sono stati tradotti in ventisei lingue e vengono considerati bestseller internazionali.

Il priorato dell’albero delle arance, ambientazione e sinossi

L'essenza della trama de Il priorato dell’albero delle arance ruota attorno all’ascesa di un antico male, il Senza Nome, sconfitto e imprigionato mille anni prima che minaccia di ritornare. Il Senza Nome è un immenso drago rosso sputafuoco generato da un accumulo di magia nel nucleo terrestre. Si sa molto poco di questa creatura, a esclusione del fatto che i suoi unici obiettivi sono il caos e la conquista dell'umanità e che sia servito da una schiera di draghi sputafuoco in grado di diffondere una terribile pestilenza chiamata Peste draconica.

Gran parte delle circostanze che circondano la sua antica sconfitta sono avvolte nel mito e ogni reame crede in una sua propria versione, dato che la maggior parte dei documenti storici sono andati perduti nel tempo. Nei paesi occidentali, che si definiscono Virtudom (una sorta di analogo della "cristianità" dell'Europa occidentale pre-Riforma), si ritiene che la linea di sangue delle regine della casata Berethnet detenga la chiave della continua prigionia del Senza Nome.

Fintanto che una regina Berethnet siederà sul trono, il Senza Nome rimarrà improgionato. L'ultima regina della linea Berethnet è Sabran, una donna giovane, isolata, orgogliosa e rigida. Nei paesi dell'Est, invece, si ritiene che siano stati i draghi d'acqua a sconfiggere il Senza Nome e pertanto vengono venerati come déi.

Le conseguenze di questo diverso modo di pensare hanno fatto sì che l'Oriente abbia chiuso le sue porte all’Occidente per paura della Peste draconica, e al contempo che l’Occidente consideri eretiche le popolazioni orientali a causa della loro venerazione nei confronti dei draghi, non importa che siano d’acqua, che li rende agli occhi degli occidentali dei potenziali alleati del Senza Nome.

In questa ambientazione si muovono le quattro voci narranti del romanzo. In Oriente, Tané, una ragazza in addestramento per diventare un cavaliere dei draghi, commette un crimine quando non denuncia immediatamente alle autorità un uomo occidentale clandestino e vagabondo, poiché l’ha incontrato quando le era proibito di essere all’aperto, cosa che se scoperta le avrebbe fatto perdere la possibilità di diventare cavaliere. Le conseguenze della sua scelta comportano la morte della sua più cara amica e implicita amante.

In Occidente, Ead Duryan, una figlia di un eretico del Sud, è il membro di un ordine segreto di incantatori che si dedica all'uccisione dei draghi e degli altri servitori del Senza Nome. È stata posta per anni sotto copertura nella corte della regina Sabran, per proteggerne segretamente la vita nel caso in cui la credenza che sia la chiave per preservare il mondo dal Senza Nome sia vera. Peccato però che in quel regno la magia sia proibita… I legami che negli anni ha formato nella sua nuova terra sono diventati così forti da competere con la sua lealtà verso il suo ordine, specialmente se le invia nuovi ordini.

Gli altri due personaggi, attraverso il cui punto di vista viene narrata la vicenda sono il vecchio e autorevole alchimista Niclays Roos, vittima dal risentimento a causa di un lungo esilio e per il dolore per la dipartita di un amante morto da tempo, e il giovane Lord Arteloth Beck, valoroso e coraggioso in maniera del tutto stucchevole.

La narrazione darà quindi vita a un unico quadro che finisce per rivelare segreti secolari, la verità dietro antichi miti e un mezzo per sconfiggere il Senza Nome; ma l'Occidente e l'Oriente, divisi da tempo, dovranno riuscire a mettere da parte le loro differenze per lavorare insieme.

Il priorato dell’albero delle arance, considerazioni

Il priorato dell’albero delle arance è in un tutto e per tutto un romanzo epic/high fantasy in cui si possono rinvenire tutti gli stilemi e gli stereotipi del genere, suscitando in un lettore appassionato una continua sensazione di “già visto”.

Anche il fatto che sia impostato “tutto al femminile” e che presenti numerose relazioni omosessuali tra i personaggi, cosa che ha fatto gridare “alla novità” la critica, in realtà così nuovo non è, dato che già negli anni Ottanta questi temi erano stati trattati, con maggiore maturità e profondità, nei romanzi de Il Ciclo di Avalon di Marion Zimmer Bradley, scaturito nel 1983 da Le Nebbie di Avalon (che di fatto diventerà l’ultimo volume del ciclo, secondo la cronologia degli eventi narrati).

Dei quattro protagonisti, l’unico che viene davvero sviluppato in modo convincente e il cui arco narrativo è davvero ben riuscito e coinvolgente è il personaggio di Ead Duryan. Gli altri tre, sebbene tra questi spicchi Tané, risultano quasi “buttati lì”, perché devono esserci, ma non vengono per nulla approfonditi né resi particolarmente interessanti. L’unico risultato che si ottiene è quello di ritrovarsi tra le mani un volume di ottocento pagine di cui almeno un quarto risultano essere piuttosto inutili.

È proprio durante le vicende incentrate su Ead, infatti, che Il priorato dell’albero delle arance dà il meglio di sé e riesce a essere una lettura avvincente, le scene d'azione di Ead sono le più emozionanti, i suoi conflitti interni i più avvincenti. Se il libro fosse lungo poco più della metà di quanto è in realtà e fosse incentrato esclusivamente su Ead, probabilmente ci ritroveremmo tra le mani un’opera molto migliore.

Un altro aspetto che lascia piuttosto sconcertati è quello relativo alla parte finale del romanzo. Il raggiungimento del climax, infatti, avviene in modo piuttosto celere, rispetto al resto della narrazione, e la battaglia finale pecca di mancanza di epicità.

Inoltre, la netta divisione Occidente/Oriente dell’ambientazione de Il priorato dell’albero delle arance risulta piuttosto semplicistica e fin troppo basata su elementi molto semplificati della nostra storia mondiale. I principali paesi orientali presentati nel romanzo sono troppo connotabili in Giappone e Cina di stampo fantasy (con tanto di enclave commerciale di un paese dell’Occidente che ricorda da vicino quella portoghese in Giappone) ma in maniera superficiale e privi quindi del reale fascino che questi paesi offrono. Analogamente, i paesi occidentali richiamano fin troppo alla mente l’Europa cristiana medioevale, in particolar modo l’Inghilterra. Il risultato è una divisione netta e semplificata che finisce per tralasciare una ricca possibilità narrativa di trattare più complesse tematiche legate alla politica tra i vari stati.

Ne Il priorato dell’albero delle arance anche la nemesi risulta poco convincente e poco interessante. Il tutto si riduce a un: “sta arrivando un essere malvagio per distruggere tutto e vuole distruggere tutto perché è malvagio”. Mancano del tutto le sfumature e delle motivazioni che conferiscano un po’ di spessore a quello che in fondo è il tema che deve reggere e muovere le azioni degli eroi protagonisti.

Fortunatamente, ne Il priorato dell’albero delle arance sono presenti anche personaggi malvagi di contorno che, quando il romanzo si sofferma su di loro affrontando temi quali l’ambizione personale e la politica, rendono il tutto immediatamente più avvincente, più teso e più interessante. Peccato però che godano davvero di troppo poco spazio rispetto alla nemesi principale.

Qualche perplessità la suscitano anche i vari personaggi, protagonisti compresi. La loro caratterizzazione risulta piuttosto ingenua, con individui che si comportano come dei ragazzini, persino quelli molto il là con gli anni, e che sembrano non possedere il senso della consapevolezza delle conseguenze.

Per fare un esempio, con un piccolo spoiler: Loth si è recato nella terra sotto il dominio di uomini realmente malvagi e l'unica interazione significativa con le persone di quel luogo avviene quando una principessa lo prende da parte e gli dice: "Sono dalla tua parte, fidati. Porta questa scatola con una cosa al suo interno nella vicina terra abitata dai buoni. Non so cosa ci sia dentro eh, e devi pure infettarti con una pestilenza mortale prima di poter andare nella terra dei buoni". E a Loth non passa nemmeno per l’anticamera del cervello che possa essere una trappola o un trucco per infettare un “buono” con una grave malattia. Decide immediatamente di credere a questa donna che non ha mai incontrato prima, senza motivo, e di fare ciò che gli dice. Ovviamente, sarà la cosa giusta da fare, ma è scioccante per ingenuità e banalità.

Infine, cosa che ha lasciato chi vi scrive piuttosto perplesso è stato il trovare parole di uso assolutamente comune, come ad esempio “chiostro”, “marzapane” e “gualdrappa”, all’interno del glossario presente alla fine del libro, dopo l’utilissimo elenco dei vari personaggi presenti nel romanzo.

Editorialmente parlando

Dal punto di vista prettamente editoriale, parlando de Il priorato dell’albero delle arance non possiamo che spendere copiose lodi.

Il corposo volume è rilegato con una solida ed esteticamente valida copertina rigida su cui fa bella mostra di sé un bellissimo drago orientale, e le ottocento pagine che lo compongono sono realizzate in una carta di più che buona grammatura, resistenti e piacevoli al tatto. La costa delle pagine colorata in arancione è un ulteriore valore aggiunto.

Il tutto è protetto da una pregevolissima e robusta sovracopertina, anch’essa particolarmente valida sotto l’aspetto grafico, considerando anche il fatto che è illustrata al suo interno, a mostrare l’araldica dei vari paesi occidentali e orientali oltre alla bellissima figura centrale. Il librò in sé, invece, è del tutto privo di illustrazioni, se si escludono le belle mappe che si trovano all’inizio del volume, utilissime per raccapezzarsi durante la lettura. Dal punto di vista dell’editing, non vi sono refusi o errori da segnalare.

Conclusioni

Tirando le somme, dopo quanto scritto finora, Il priorato dell’albero delle arance risulta essere un romanzo a cui è difficile dare un giudizio univoco. Da un lato, infatti, mostra delle buone idee e una grande potenzialità, dall’altro, invece, si perde in alcune ingenuità e rischia di scadere nella banalità. È un’opera che, a nostro avviso, avrebbe bisogno di una buona revisione, lavorando di cesoie e cesello per eliminare tutto il superfluo e far emergere il buon romanzo che vi si cela sotto.

Dal punto di vista editoriale ed estetico, invece, si possono esprimere solo commenti positivi, per un volume che darebbe bella mostra di sé in qualsiasi libreria, trasformandosi anche in un notevole complemento d’arredo.

Un libro indicato per…

Il priorato dell’albero delle arance è un romanzo che a nostro avviso si rivolge maggiormente a un pubblico young adult e prettamente femminile, probabilmente più in grado di apprezzare i vari risvolti romance presenti tra le sue pagine. Forse poco indicato agli amanti di lunga data del genere fantasy, potrebbe comunque piacere a un lettore occasionale o meno smaliziato, sebbene la mole possa scoraggiare i meno perseveranti.