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a cura di Mattia Ferrari

Noi, tutti noi, abbiamo avuto una grande fortuna. Abbiamo vissuto – e stiamo ancora vivendo – la vera e propria età dell'oro delle serie tv. Se prima, per un attore di peso, la televisione era considerata il cosiddetto cimitero degli elefanti, dove i grandi interpreti andavano a terminare in tranquillità la propria carriera, oggi i prodotti seriali hanno raggiunto un tale status presso il pubblico che è un vero e proprio onore farne parte. Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a serie divenute veri e propri cult, ancora oggi ricordate con grande affetto.

Pensiamo a Lost, I Soprano o Breaking Bad, per citarne solo alcune. Milioni di persone incollate agli schermi (ormai anche a quelli di PC, tablet e Smartphone), i social letteralmente invasi dai commenti alle singole puntate: la partecipazione del pubblico nel criticare o elogiare la propria serie preferita è ormai parte integrante del fenomeno. Ma mai si era visto un coinvolgimento tanto enorme e profondamente radicato in così poco tempo nella cultura pop come per Game of ThronesO, se preferite il titolo in italiano, Il trono di Spade.

Una saga lunga otto anni

Otto stagioni, otto anni di messa in onda e un successo che è aumentato di stagione in stagione, senza mai fermarsi. Chi nelle ultime settimane, scorrendo la home di Facebook, non ha pensato: “Ma parlano tutti solo di questa serie?”. E' inutile negarlo: Game of Thrones ha monopolizzato l'attenzione di un pubblico vastissimo per sei settimane e non è ancora finita, perchè il finale di stagione farà discutere ancora parecchio, superando di gran lunga le brevi tempistiche che il web concede ad argomenti di qualunque tipo. Il web dimentica in fretta, i fan accaniti di una serie vento come questa no. Non tutto è oro quello che luccica, però. E' vero che gli ascolti dell'ottava e ultima stagione sono schizzati alle stelle, ma questo è necessariamente indice di successo? Forse no, se i social network sono stati letteralmente invasi da commenti inferociti, scritti da spettatori delusi. Certo, come è giusto che sia sono tanti coloro che hanno apprezzato lo sforzo finale dei due showrunner, Benioff e Weiss. Ma sembrano molti, ma molti di più coloro che, invece, sono rimasti delusi non solo dall'ultima puntata, ma dall'intera stagione conclusiva. Sorge spontanea la più classica delle domande: perché? Cosa ha spinto il pubblico a lamentarsi così tanto, al punto di arrivare a creare una petizione per rigirare l'ottava stagione con il supporto di una sceneggiatura decente, che ha raccolto quasi due milioni di adesioni? La risposta è altrettanto semplice: gli showrunner non hanno retto il peso della responsabilità. Un onere spaventoso, ovvero quello di dare al pubblico qualcosa che fosse all'altezza delle ormai quasi irraggiungibili aspettative.

 Gli errori di HBO

Il grave errore di HBO, l'emittente via cavo statunitense che ha prodotto e trasmesso la serie per quasi dieci anni, è stato quello di sottovalutare il successo di Game of Thrones. Quando la prima stagione dello show è andata in onda, alla saga letteraria de Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco, scritta da George Martin, mancavano ancora all'appello  ben tre libri per essere conclusa, dato che Il banchetto dei corvi (il quarto volume di sette), era stato pubblicato nel 2005. Forse nessuno si aspettava un'accoglienza tanto generosa da parte del pubblico, sta di fatto che ben presto la serie TV è finita con l'allinearsi, a livello narrativo, al quinto e ultimo romanzo pubblicato nel 2011, con la fine della quinta stagione. Ed è qui che sono iniziati i problemi. Benioff e Weiss hanno dimostrato ampiamente di saper gestire la storia creata da Martin, pur con alcune necessarie differenze, tipiche delle trasposizioni di opere letterarie su schermo, piccolo o grande che sia. Già nella sesta stagione, dove ancora rimanevano alcune sotto trame riferite ai libri, si poteva notare che la sceneggiatura iniziava a zoppicare, ma ancora rimanevano scene decisamente memorabili sfido chiunque a non provare un brivido nel pensare alla frase hold the door! O, per chi guarda la serie in italiano, Trova un modo!.

Le avvisaglie del declino si sono manifestate con l'arrivo della settima stagione, in cui la grande mole di informazioni era stata condensata in soli sette episodi, invece dei canonici dieci  delle stagioni precedenti. Va da sé che, improvvisamente, tutto è iniziato ad accadere molto in fretta. Troppo in fretta. Ormai non c'era nemmeno più il tempo di inserire inquadrature di raccordo tra una scena e l'altra, in modo da permettere allo spettatore di capire quanto tempo fosse trascorso.

Da qui la famosa battuta sul teletrasporto che avrebbero iniziato ad utilizzare certi personaggi, che passavano da una luogo all'altro della mappa di Westeros - magari distante centinaia di chilometri - nel giro di due scene. Ma il problema, purtroppo, non era solo quello. Il punto di forza di Game of Thrones sono sempre stati i personaggi e la loro incredibile caratterizzazione. Con l'avvento della settima stagione, ecco che la coerenza narrativa è iniziata a venire meno e attori di grande bravura come Peter Dinklage, interprete di Tyrion Lannister, si sono ritrovati a dover fronteggiare un improvviso cambio di registro. Tyrion in particolare ha repentinamente perso la sua capacità strategica e alcune delle azioni da lui commesse nelle ultime due stagioni vanno oltre al semplice realismo che sarebbe necessario per descrivere gli errori di un essere umano: semplicemente ha iniziato a comportarsi in un modo che per stagioni intere gli è stato totalmente estraneo. Questo è accaduto anche a Jon Snow, che a mio parere è stato completamente distrutto a livello di storytelling nelle sei puntate andate in onda di recente, o Ditocorto, per citarne anche solo un altro. Da mente diabolica e subdola, in grado di orchestrare piani a lungo termine semplicemente geniali, a macchietta che si limitava ad appoggiarsi a qualunque parete verticale che gli capitasse sotto tiro, guardando chiunque con gli occhi socchiusi, sussurrando blandi tentativi di coercizione. Nulla di più lontano dai fasti del personaggio a cui abbiamo assistito nelle prime stagioni.

  

Grandi adattamenti.. mediocri creazioni

In sostanza: Benioff e Weiss sono riusciti ad adattare in maniera grandiosa la materia creata da Martin, ma non si sono dimostrati all'altezza quando hanno dovuto prendere sulle proprie spalle la sua eredità, inventando il proseguimento della storia, Nonostante Martin stesso abbia dichiarato di aver condiviso con gli showrunner alcuni punti chiave della trama dei due libri mancanti, appare chiaro che perfino lui è rimasto deluso dal finale e dalla stagione intera. Ed è proprio l'ottava stagione a segnare un netto distacco con tutte quelle precedenti. Se nella settima stagione ci sono stati momenti in cui tutti ci siamo chiesti perché gli autori avessero preso determinate decisioni discutibili, con l'ottava abbiamo fatto fatica ad accettarle. O meglio, molti di noi, dal momento che ci sono molti altri che invece hanno apprezzato la piega presa dallo show. Un altro tratto distintivo di Game of Thrones è sempre stata la presenza di due elementi fondativi: la violenza e il sesso, entrambi proposti in maniera cruda e realistica. Se nella stagione precedente la serie era apparsa molto edulcorata, in quest'ultima le scene più esplicite sono sparite quasi del tutto, anche se alcuni momenti violenti si possono ravvisare nella penultima puntata, ma solo fugacemente e quasi relegati in secondo piano. Perché tutto questo è successo? Probabilmente è un fenomeno che si è presentato con il raggiungimento, da parte della serie, di una fetta di pubblico molto più vasta e decisamente più varia. Arrivati alla sesta stagione era ormai chiaro che Game of Thrones non fosse più una serie seguita da un gran numero di persone, ma facenti parte di quella parte di fan più specializzata, più abituata a guardare parecchie serie tv e, in generale, ad una narrazione più introspettiva e complessa. Ormai, giunti a quel punto, la serie era stata accolta da milioni di persone ed era arrivata a insediarsi permanentemente nei cuori di tutti, compreso il pubblico generalista.

 

Stiamo parlando del grande pubblico, quello che fruisce di film e serie TV come puro intrattenimento e che non è abituato a porsi troppe domande se qualcosa, a livello di costruzione narrativa, non torna. Ed è anche il pubblico che più fa sentire la propria voce. Benioff e Weiss hanno quindi preso la scelta più nociva che si possa riservare ad una storia di qualunque tipo: hanno iniziato ad ascoltare quasi indefessamente quel pubblico. Gli hanno regalato le soluzioni narrative che più venivano richieste sui social network, hanno addirittura sacrificato la coerenza della narrazione per stupire lo spettatore, anche se, spesso, con colpi di scena inaspettati solo perché lontani dalla logica dello show. In poche parole: hanno sacrificato tutto ciò che ha reso la serie quello che l'aveva portata al successo in nome di consensi più facili da ottenere. E' quindi colpa del pubblico? no. Il pubblico è sempre (o quasi) innocente. Lo spettatore può adirarsi, gridare ai quattro venti il proprio dissenso, ma non dovrebbe mai avere il potere di influenzare forzatamente le sorti della narrazione. E Benioff e Weiss hanno dato al pubblico quel potere.

La velocità è nemica dell'ottimo

L'ottava stagione è stata, a mio modesto parere, un disastro sotto molti aspetti. In particolar modo è stata gestita in maniera decisamente discutibile la minaccia degli Estranei, la cui risoluzione è stata pensata appena tre anni prima, a dimostrazione di quanto chi ha lavorato alle sceneggiature non avesse le idee molto chiare. Il problema non è che le cose siano andate in maniera diversa da come il pubblico si sarebbe aspettato, ma che, a livello di coerenza con quanto raccontato per otto anni, non tornassero. Se il problema fosse solo quello, però, potremmo semplicemente farcene una ragione e pensare al resto, ma se si analizzano gli ultimi tre episodi la situazione non migliora. Prendiamo ad esempio il personaggio di Daenerys: la sua evoluzione finale, in sé, sarebbe accettabile e addirittura poetica. Ma manca un elemento fondamentale: la gradualità. Ciò che accade alla Madre dei Draghi è fin troppo repentino. Ci sono state in passato delle avvisaglie, certo, ma la concretizzazione del suo destino avviene nel giro di poche puntate, fino a realizzarsi in maniera quasi assurda, raffazzonata. La conclusione del personaggio nell'ultima puntata, inoltre, è affrettata e dimenticata ben presto.

Tutto ciò che avviene dopo potrebbe anche risultare sensato, ma non viene dato il tempo di metabolizzarlo: Jon Snow viene completamente depauperato del senso che gli è stato conferito in otto stagioni nel giro di pochi minuti. L'alone di mistero sulla propria identità, i cambiamenti che ha affrontato, vengono quasi del tutto azzerati. La fretta, si dice, è cattiva consigliera. Un detto che in HBO dovranno tenere a mente d'ora in poi, per non incorrere negli stessi errori. Non è quindi il cosa, il vero problema dell'ultima stagione e dell'episodio conclusivo, ma il come. Quando venne annunciato che la stagione definitiva avrebbe contato sei episodi, molti erano rimasti perplessi. C'era molta carne al fuoco e il braciere era troppo piccolo. Certo, gli episodi sarebbero durati più del solito, ma non è stato abbastanza: la rapidità a cui sono state affidate molte situazioni determinanti è stata decisiva nel renderle poco coinvolgenti. Ad alcuni è bastata la spettacolarità visiva di alcune puntate, ma qui si parla di forma in certi casi eccelsa, ma non supportata dalla giusta dose di sostanza. Basti pensare anche solo al fatto che gli stessi attori hanno rilasciato dichiarazioni contrariate in merito all'ottava stagione e che gli stessi Benioff e Weiss sono spesso dovuti intervenire per spiegare passaggi della trama incomprensibili o poco chiari.

Una pietra miliare nella storia della TV

Va però detto che, per quanto sia stata divisiva, l'ultima stagione di Game of Thrones ha fatto parlare di sé più di qualunque altro show televisivo, al punto che si poteva rischiare di rovinare la visione a chi ancora non l'aveva guardata anche solo parlandone nei luoghi pubblici con un amico, tanto è stata diffusa. Nel bene o nel male, abbiamo assistito ad un pietra miliare nella storia delle serie tv, uno show che ha emozionato, che ci ha coinvolto, fatto arrabbiare, regalato soddisfazioni e delusioni. Insomma, che le aspettative siano state disattese o meno, presto rimpiangeremo un fenomeno mediatico che è riuscito a unirci e dividerci, come se si trattasse di una delle questioni più importanti di sempre. A conti fatti,un segno ce lo ha lasciato.

Ora che la controparte televisiva è finita, penso avrete tutto il tempo per mettervi a leggere i libri di Martin, magari nell'edizione lussuosa?