In Viaggio con Pippo, 25 anni di un'anomalia divenuta capolavoro

In Viaggio con Pippo compie 25 anni: nel '95 Disney pubblicò un lungometraggio unico, diverso dai lavori degli Studios principali e dal Rinascimento.

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a cura di Mario Petillo

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Vi siete mai chiesti come abbia fatto In viaggio con Pippo a riscuotere tutto il successo che ha avuto? Si arriva a parlare addirittura di anomalia all’interno della produzione Disney, ma non solo per quanto abbia saputo riscuotere il lungometraggio dedicato a Pippo, ma per una serie di componenti che lo hanno reso un’opera unica e irripetibile in quell'universo espanso che nasce a Los Angeles e prolifera in decenni di grandi attività.

Innanzitutto ci troviamo dinanzi a un lungometraggio interamente dedicato a Pippo, un evento raro, reso ancora più unico dal fatto che fosse una pellicola derivata, ossia figlia di una serie televisiva ma allo stesso tempo anche indipendente. In viaggio con Pippo, d'altronde, non aveva nessun riferimento narrativo alla serie Ecco Pippo!, nella quale il protagonista si ritrovava, insieme al figlio Max, a trasferirsi in una casa accanto quella di Pietro Gambadilegno, a quanto pare amico di lungo corso di Pippo. Per poter arrivare al lungometraggio che nel 2020 compie 25 anni bisogna andare a immaginare una inaspettata collaborazione tra gli studi televisivi di Walt Disney e gli Animated Studios, che da anni confezionavano lungometraggi ad alto impatto emotivo ricercando storie e avventure che fossero figlie della letteratura classica, soprattutto nel periodo del Rinascimento Disney.

D’altronde siamo nel pieno degli anni Novanta, Disney Television sta proponendo a tutto il mondo capolavori indimenticabili, ora riproposti tutti su Disney+, come DuckTales, Darkwing Duck, Cip & Ciop Agenti Speciali o anche TaleSpin, senza dimenticare gli universi inediti come i Gummies e i Wuzzles: in questa enorme proposta di contenuti, si pensò fosse arrivato il momento di declinare nuovamente Pippo, che negli anni aveva saputo districarsi adeguatamente in tutti i contesti socio-culturali, anche quando era stato chiamato a interpretare George Geef, l’uomo medio americano protagonista della parodia dei padri di famiglia dell’America degli anni Cinquanta. Nacque così Ecco, Pippo!, per provare a ricalcare quel grande successo che l’amico di Topolino aveva avuto negli anni, pronto a calarsi negli anni Novanta con il suo carattere genuino e naif.

Pippo cambia veste: il suo restyling

Il restyling grafico di Pippo fu necessario e provvidenziale, perché oggi immaginarci quel cane antropomorfo in un modo diverso fa quasi strano: è la versione animata degli anni Novanta che ci è entrata nel cuore, spingendo Pippo ad avere occhi più piccoli, una carnagione rossastra piuttosto che nera, e un vestiario molto più da freak elegante, con papillon e maglione. Incredibilmente sembrava che Pippo volesse assomigliare il più possibile a George Geef di quanto abbia cercato di fare George a suo tempo con lo stesso Pippo. In questo contesto, gli anni Novanta si dipanavano tra walkman, skateboard e Spoonerville, la cittadina nella quale ha vita la serie, con Pietro Gambadilegno, la moglie Per e i figli P.J. e Carabina a fare da vicini di Pippo e suo figlio, Max, un altro incredibile inucuum in un universo che proponeva solo nipoti e mai discendenti diretti. Pippo era calato in questo contesto che gli apparteneva poco, perché il suo essere sfaccendato e stordito non gli avrebbe mai permesso di ritrovarsi nel pieno degli anni Novanta e goderne a pieno le potenzialità e le funzionalità: eppure quella commistione di eventi e di situazioni andrò a creare una sitcom unica.

Disney in quegli anni aveva provato fortemente la strada del lungometraggio di derivazione dalle serie prodotte dalla divisione Television: il primo film prodotto dagli studi televisivi fu Zio Paperone alla Ricerca della Lampada Perduta, realizzato negli studi di Parigi e tratto ovviamente da DuckTales. Avremo modo di parlarne più avanti, ma per adesso restiamo concentrati su quello che poi fu il secondo film che da Los Angeles commissionarono, ossia In viaggio con Pippo. Lo scarso successo della pellicola con protagonista Paperone costrinse, però, i Walt Disney Feature Animation (quelli che oggi sono i Walt Disney Animated Studios) a impossessarsi del progetto e riproporlo a proprio piacere, scindendolo dalla serie televisiva della quale non avevano piena conoscenza.

Venne tolto completamente il contesto di Spoonerville e si spostò tutto in uno scenario nel quale Topolino e Paperino, in caso estremo, sarebbero potuti intervenire: i due, alla fine, si vedono per un rapido cameo impegnati a fare l’autostop in tangenziale, mentre Topolino appare anche tra la folla del concerto di Powerline alla fine del film. Personaggi come Peg, Carabina e gli animali domestici di Pippo vennero eliminati, per snellire il cast di comprimari inutili, lasciando solo Pietro, P.J. e Max accanto a Pippo, che ebbe anche una leggere rivisitazione del proprio look, con un t-shirt e un gilet semplici, senza papillon o altro. Dire di essere impegnati nella realizzazione dei film di Ecco, Pippo! Non avrebbe avuto senso e per questo Kevin Lima, che negli anni successivi avrebbe firmato la regia di Tarzan e di Come d’Incanto, arrivò a parlare di A Goofy Movie, in Italia noto come In viaggio con Pippo.

Un'autonomia unica e non derivata

La qualità della pellicola passa proprio dal trasferimento che il progetto visse, arrivando nelle mani dei Walt Disney Animated Studios, che diedero maggior profondità a personaggi che, arrivati in televisione, erano stati alleggeriti. Pippo si ritrovò calato in una realtà difficile, in un conflitto col proprio figlio, oltre che a rivestire l’ostico ruolo di padre, un compito che né a Topolino, né a Paperino, né a nessun altro, era mai toccato nell’universo dei personaggi di Walt Disney. L’abilità fu nell’essere riusciti a declinare Pippo perfettamente in questo contesto, senza snaturarne lo stile, senza che la sua evoluzione nel corso della pellicola lo portasse a diventare un altro: Pippo resta Pippo fino alla fine, magari uscendone con qualche smussatura qui e lì, ma con zero compromessi. Non da meno, poi, il lavoro fatto su Max, che abbandona il suo essere un giovane yes boy della serie e diventa un adolescente con tutti i drammi che si vivono alla sua età: la negazione della possibilità di diventare come suo padre, l’essere un ragazzo desideroso di emancipazione e di fuga da una figura paterna ingombrante, oltre all’amore adolescenziale per Roxanne, motore dell’intera macchina che spinge padre e figlio a un viaggio on the road indimenticabile.

In Viaggio con Pippo ebbe dalla sua anche una forza artistica innegabile. Disney negli anni successivi andò a produrre una serie di cheapquel, termine colloquiale per definire tutti quei sequel dei Classici realizzati a budget ridotto e qualità inferiore soltanto per il mercato homevideo, orientati all’imitazione dei film originali. In Viaggio con Pippo non aveva alcun riferimento da rispettare, anzi decise di prendere le distanze dalla serie televisiva e da tutte le produzioni per il piccolo schermo. Inoltre si andarono a creare dei personaggi che sostituirono i deboli Carabina e Peg, permettendoci di scoprire il fascino di Bobby, un geek informatico fin troppo goloso di gorgonzola, e anche Roxanne, che nel suo ruolo di semplice motore della storia riesce ad apparire tenera e di gradevole presenza. Nessuno di loro si ritrova a essere abbozzato, anzi. Lo stesso Max riuscì ad avere un futuro florido, nonostante il sequel Estremamente Pippo non ebbe lo stesso successo del primo tentativo, perdendo l’arguzia del film originale, sia nella trama che nella resa narrativa.

Il successo degli studi di Parigi

In viaggio con Pippo permise agli studi di Parigi, che lo avevano animato, di fare un salto in avanti importante: smisero di essere legati alla Disney Television e passarono direttamente sotto l’egida degli Animated Studios, andando poi a produrre il Gobbo di Notre Dame, Atlantis, Tarzan e Fantasia 2000, chiudendo poi nel 2002 a causa dell’accentramento voluto da Michael Eisner. Inoltre da non sottovalutare c’è anche la questione musicale, punto fermo e saldo delle produzioni Disney e qui rilanciato al meglio: a lavorare alla colonna sonora fu Tom Snow, che per Disney aveva già lavorato su Oliver & Company pochi anni prima, ma che su questa pellicola ebbe l’occasione di scatenarsi, grazie anche alla rockstar Powerline, un Michael Jackson animato. Le canzoni di In viaggio con Pippo sono diventate un must, tutte indimenticabili, a partire da After Today, che unisce lo stile delle “I want Song” a quelle delle “happy Village song”, le collettive che aiutano lo spettatore a scoprire il luogo nel quale prenderà vita la vicenda.

Si continua con On the Open Road, la canzone di Pippo in stile country che recupera la natura vintage del personaggio e che permette agli sceneggiatori di mostrare tutta l’America on the road, tra chi va a Nashville, chi a Beverly Hills, chi va in galera e il morto che si rianima per ballare: un musical su strada che se ci dicessero sia servito come ispirazione a La La Land non faticheremmo a crederci. Chiudiamo con la canzone che fa da risoluzione al conflitto padre-figlio: Nobody Else But You. Quando i protagonisti d’altronde finiscono le parole, è il momento della musica: dopo l’ultimo furioso litigio, è il momento della pace. Una canzone lenta, calda, avvolgente, con Pippo e Max seduti sul tetto dell’auto mentre le correnti del canyon li portano verso una cascata che richiederà il gesto solenne: il grande lancio, realizzato da Max per salvare Pippo.