Infinite: l'immortalità è una condanna

Una guerra tra immortali è al centro di Infinite, il nuovo action movie di Amazon Prime Video.

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a cura di Manuel Enrico

Who wants to live Forever? cantavano i Queen, in una canzone cult che affrontava l’umana condizione, nata come colonna sonora per un film cult che dell’immortalità aveva fatta il suo fulcro, Highlander. La vita eterna è da sempre una delle grandi aspirazioni umane, che la hanno rivisti in miti come la Fontana dell’Eterna Giovinezza, recentemente ritrovata in Jungle Cruise, o nel Sacro Graal, oggetto del desiderio di Indiana Jones e l’ultima Crociata. Citare tutte le opere che hanno visto l’immortalità come centrale richiederebbe un elenco lungo, dai romanzi come I Figli di Matusalemme di Heinlein ai comics del calibro di The Old Guard, eppure questo argomento è arrivato ora nel catalogo di Amazon Prime Video con Infinite, nuovo action movie tratto dal romanzo The Reincarntion Protocol con protagonista Mark Wahlberg in cui la vita eterna è al centro del contendere.

Nuovamente, Amazon Prime Video offre una seconda chance a un film nato per arrivare nei cinema prima del Covid, ma che dopo complesse vicissitudini trova infine una collocazione nel mondo dell’intrattenimento streaming. A dare fiducia, in questo caso, è stato il nome di Antoine Fuqua, nome caro al cinema action, che in questi giorni ha saputo mostrare la propria visione del cinema anche su Netflix, con The Guilty. Ma a volte, il buon nome di un regista non è sinonimo di produzione all’altezza delle aspettative, come dimostra purtroppo Infinite, che nonostante qualche idea interessante non riesce a scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione di essere solo la copia di mille riassunti, per dirla alla Bersani.

Infinite, gli immortali in guerra

La lunga relazione tra immortalità e immaginario collettivo, come accennato prima, rende complesso gestire questo topos, che è stato affrontato sotto ogni aspetto. La ricerca di un nuovo punto di vista, un cambio di paradigma all’interno della sua caratterizzazione è difficile, motivo per cui si potrebbe esser clementi se ci venisse offerto un film che, pur privo di grandi novità, sapesse quanto meno offrire una dinamica avvincente che non fosse un continuo richiamo a qualcosa di già visto. Infinite, invece, lascia la sensazione opposta, come di un progetto incapace di assumere una propria identità, preferendo cannibalizzare elementi di altre opere nel tentativo di offrire un intrattenimento di alto livello, che dopo pochi minuti rivela la sua natura di film d’azione da vedere senza tante aspettative.

In Infinite, gli immortali sono una realtà, vivono da secoli in mezzo a noi e cercano con la loro saggezza e influenza di guidare il mondo. All’interno di questa comunità di eterni, si è creata una spaccatura quando Bathurst (Chiwetel Ejiofor) decide che la vita eterna è una condanna a cui lui vuole sottrarsi, a costo di terminare l’intera vita sulla Terra. Ovviamente, i ‘buoni’ della storia intendono fermarlo, ma per impedire a Bathurst di realizzare il suo intento hanno bisogno dell’aiuto di Ewan McCauley (Mark Wahlberg), uomo afflitto da schizofrenia che vive ai margini della società.

Ewan fatica a trovare un posto nel mondo, afflitto da deliranti visioni di passati remoti che lo accompagnano dalla pubertà. A questo, si unisce la sua profonda conoscenza di lingue straniere, capacità atipiche come la forgiatura di katane o la familiarità con luoghi lontani. Tutto questo trova finalmente una spiegazione quando viene arrestato dopo un piccolo crimine, occasione in cui incontra il misterioso Bathurst, che gli svela una fantasiosa storia secondo cui sarebbe un immortale. I deliri di Ewan sarebbero ricordi di vite passate, visto che Infinite l’immortalità non riguarda il corpo, ma l’anima, che si reincarna ricominciando un nuovo ciclo vitale, con la memoria degli eventi precedenti.

Per poter padroneggiare questi ricordi, è necessario un addestramento, che passa dal contatto con oggetti della propria esistenza precedente che scatenino dei meccanismi mentali. È quello che Bathurst sta tentando con Ewan quando questi viene improvvisamente da una giovane donna, che dopo una rocambolesca fuga, gli svela la vera natura della sua esistenza e il piano genocida di Bathurst. Una rivelazione che Ewan accetta sin troppo rapidamente come spiegazione plausibile per le sue deliranti visioni, accettando di aiutare gli Infiniti a fermare Bathurst.

Infinite, potenzialità poco sfruttate

In Infinite, l’idea di immortalità ha un piccolo slancio di innovazione, affidandosi al concetto di anima anziché di immortalità del corpo. Variazione interessante, rispetto alla tradizione cinematografica che vede in Highlander il suo fulcro, che consente, almeno sulla carta, di dare vita a un villain, Bathurst, che patisce questa reincarnazione continua, da cui vorrebbe sottrarsi. La sceneggiatura di Ian Shorr, invece, prende quella che potrebbe esser la vera forza di Infinite e la rende un personaggio privo di mordente, altalenante tra un aplomb da villain bondiano e ironico damerino, non riuscendo a sfruttare al meglio l’arte di un attore di livello come Chiwetel Eijofor, diviso tra queste due anime contrastanti di un personaggio potenzialmente spettacolare.

Di certo non è stato più incisivo Wahlberg, piatto e monocorde per tutto il film. La rapida accettazione della sua condizione di immortale viene gestita con una recitazione imbarazzante, condita con dialoghi forzati e banali, da cui non traspare nulla dell’emotività del personaggio, veicolata solamente da alcune spiegazioni obbligate utili, per lo più, a contestualizzare il meccanismo della reincarnazione. L’intera trama di Infinite, quindi, perde i due pilastri su cui poggia, che si rivelano esser un protagonista anonimo e un antagonista privo di un’identità definita, unita da una storia che presenta fragilità ingigantite da scelte narrative poco illuminate. Difficile vedere Infinite e non fare paragoni con altre opere in cui immortalità e ricordi sono centrali, dal citato Highlander a Matrix, da cui Infinite sembra prendere il concetto di prescelto, mancando però la caratterizzazione emotiva di questa figura.

Fuqua si trova a gestire un film privo di anima, che non riesce a raddrizzare nemmeno con le sequenza d’azione, anch’esse prive di identità e stereotipate. Incredibile, ripensando ad altri film del regista, come Equalizer e I Magnifici 7, dove il ritmo degli scontri era ricostruito con particolare intensità, laddove Fuqua mostrava una sua padronanza della visione e della gestione del dinamismo delle scene corali. In Infinite, il regista sembra invece puntare alla spettacolarità delle esplosioni dozzinali, con sparatorie e sequenza action che traggono la loro forza da un accompagnamento musicale che cerca, con buoni risultati, di dare un guizzo vitale a un film altrimenti incolore.

Infinite rientra tristemente in quella lista di titoli condannati dal Covid-19, allontanati dalle sale e, sfortunatamente, approdati al mondo streaming. Comprensibile la necessità dei colossi del settore di avere costante rifornimento di offerta per i propri sottoscrittori, ma film come Infinite un tempo sarebbero stati dei direct-to-video, pronti a esser rapidamente dimenticati.