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a cura di Tom's Hardware

Il film è stato paragonato da molti a 2001: odissea nello spazio, film del 1968 del grande Stanley Kubrick. Esistono diversi punti in comune, in effetti, ma le due opere restano ben diverse tra loro.

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2001 è frutto dell'entusiasmo scatenato in quegli anni dalla corsa allo spazio, basti pensare che la missione dell'equipaggio della Discovery prevedeva l'approdo su Giove perché visto come una mèta realistica da raggiungere agli albori del terzo millennio. Il fulcro di Interstellar, invece, sta in una frase recitata da Cooper:

We used to look up at the sky and wonder at our place in the stars, now we just look down and worry about our place in the dirt.

Così proposto in italiano

Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango.

Una resa tutt'altro che letterale ma comunque efficace. In questa frase sta la differenza tra le due opere: Dave Bowman, il protagonista di 2001 (Keir Dullea), è spinto nel suo viaggio dalla voglia di esplorare. Cooper invece, dalla pragmatica necessità di dare un futuro ai suoi figli. I due film, dunque, partono da due premesse diametralmente opposte o quasi.

2001 cerca domande e risposte di cui Interstellar si disinteressa: non è la sete di conoscenza a motivare la ricerca dell'Uomo nel cosmo, ma il bisogno di sopravvivere, di continuare a esistere, a qualsiasi costo. Anche visivamente i punti di contatto sono pochi: uno di questi potrebbe essere l'aspetto delle astronavi e delle tute degli astronauti, dovuto però in entrambi i casi più alla ricerca di realismo che a scelte di design. Un ulteriore richiamo potrebbe essere la forma dei robot di Interstellar TARS e CASE, simile a quella del famoso monolito nero, tuttavia il loro aspetto è frutto di uno studio del designer Nathan Crowley, dovuto alla scelta del regista di non voler dare ai robot una forma antropomorfa.

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Per di più, il perno della parte centrale di 2001 è la lotta tra l'ingegno dell'uomo e la forza della macchina, che vede il primo trionfare; mentre Interstellar s'incentra sul rapporto tra la forza dirompente della natura e il genere umano, che non può far altro che fuggire.

Ci sono invece dei tratti in comune dal punto di vista sonoro: entrambe le pellicole hanno delle scene mute a causa dell'impossibilità dei suoni a trasmettersi nel vuoto cosmico, oppure altre accompagnate soltanto dal respiro degli astronauti. In ambedue, inoltre, possiamo ammirare una colonna sonora magnifica.

A proposito di colonna sonora, il lavoro di Hans Zimmer per Interstellar è stato molto diverso dal solito. Dopo i primi anni di carriera oltreoceano, durante i quali il compositore vinse il premio Oscar per Il Re Leone, Zimmer è oggi famoso soprattutto per le musiche di grandi Kolossal come Il Gladiatore, la saga di Pirati dei Caraibi o quella, già citata, del Cavaliere Oscuro. In tutti questi casi le melodie servivano ad accompagnare scene maestose piene di scontri epici, con l'eccezione, forse, proprio di alcune sequenze del Gladiatore. In Interstellar invece la musica divide il palcoscenico con le immagini. Non è una colonna sonora fastosa che risuona a tutto volume. È invece una melodia delicata e profonda, dai suoni quasi sempre morbidi.

In conclusione, Interstellar deve senza dubbio molto al capolavoro di Kubrick, ma non cerca un confronto né vuole rappresentare una sfida ad una delle pellicole più belle del secolo scorso.