Intervista a Paolo Mottura: Disney, la Francia e la pittura su fumetto

Abbiamo intervistato Paolo Mottura, fumettista italiano che ha saputo andare oltre confine e ci ha raccontato le vicissitudini legate alla sua esperienza italiana ed esterofila.

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a cura di Francesca Sirtori

Lo troviamo indaffarato nella sua attività primaria, nella sua passione di una vita: disegnare. Una commissione un po' più elaborata di quelle che normalmente gli vengono affidate, sostiene Paolo Mottura, fumettista italiano di lunga pezza che ha saputo andare oltre confine e ci ha raccontato le vicissitudini legate all'esperienza italiana ed esterofila. Tutta creata dal mix di inchiostro, disegni e fumetti. Rigorosamente tra paperi e topi di prestigio. Scopriamo insieme cosa ci ha raccontato durante la fiera ALEComics di questo spaccato di mondo "dietro le quinte", o meglio dietro le pagine, di un fumetto.

Quando e come ha cominciato questa attività?

Ho cominciato fin da piccolo perché ero appassionato di fumetti; l'abilità manuale c'era, me la cavavo con il disegno e mi sono messo in testa che da grande avrei fatto il disegnatore. Così dopo tanti, tanti anni di pratica e di esercizio finalmente un giorno sono arrivato all'Accademia Disney a Milano, ho presentato le mie tavole e così è cominciata la mia avventura. All'epoca era gestita da Giovan Battista Carpi, un vero e proprio maestro disneyano, ma sono andato lì per presentare i miei lavori e ho subito ottenuto dal maestro una sceneggiatura per farne un lavoro, quindi non posso dire di essere davvero rimasto in accademia, fisicamente non ci sono stato nemmeno un giorno. Ci andavo solo di tanto e in tanto, anche perché all'epoca i disegnatori si ritrovavano senza una cadenza precisa e quindi rivedevo i miei colleghi solo quando andavo per consegnare e mostrare i miei lavori.

Qual è stata la prima storia a cui si è dedicato?

Era una storia di Giorgio Pezzin intitolata Zio Paperone e il mistero dell'Olimpo, nel 1989 circa, trent'anni fa, quando ho cominciato l'attività professionale in questo settore. Purtroppo in Disney non c'è stata un'evoluzione, ma solo fasi diverse. Ad esempio mi sono dedicato al mensile PK intorno a metà degli anni Novanta, a cui era volta l'attenzione e l'attività di noi giovani disegnatori all'epoca. Poi ci sono state tante altre testate, come Minnie e Company, oltre che aver vissuto un periodo francese in cui ho lavorato per diversi editori.

Ci racconti la sua esperienza nell'Héxagone.

Lì ho lavorato principalmente a una mia serie con diversi personaggi, intitolata Carême ed è stata una bella esperienza che mi ha permesso di vincere premi e riconoscimenti importanti. E' stato un periodo interessante e stimolante, ma non è continuato come avrebbe potuto. Nei primi due anni è stato molto positivo ed ero spesso invitato ai festival, ricevendo anche molte proposte di lavoro e conoscendo molti disegnatori, viaggiando in lungo e in largo per la Francia. Successivamente però le cose sono cambiate: era cominciata la crisi di settore e gli editori avevano paura a causa delle troppe serie in uscita e del clima di tensione che si era creato.

Com'è andata in Italia invece?

In Italia le cose sono andate decisamente in modo diverso, un'esperienza piuttosto positiva, quella vissuta con Topolino, seppure anch'essa a fasi alterne. Negli ultimi anni ho trovato il mio modo di esprimermi e diventare un autore su un fumetto che di fatto non è autoriale. Una situazione analoga sulle pagine di Dylan Dog, dove molti disegnatori hanno disegnato il personaggio a modo loro, così ho fatto io su Topolino anche andando fuori dai canoni classici e scoprendo questa dimensione soggettiva e personale.

Dal punto di vista del disegno, c'è qualche tratto particolare che ritiene sia la sua "firma"?

A me piace molto dipingere, usare tecniche pittoriche, quindi uso pastelli, acquerelli, colori a olio, e questo ha un suo spazio all'interno dei fumetti. A livello fumettistico mi piace molto ricreare atmosfere e chiaroscuri, questa è la mia cifra stilistica.

Come guarda al suo futuro?

A questo punto ho fatto un po' tutto il possibile, guardando al passato ho visto un'evoluzione in molte direzioni diverse, anche in Bonelli ad esempio ci sono state solo rapide incursioni. In Disney invece penso di aver fatto un po' tutto, ma ogni volta si scopre una nuova opportunità; ad esempio pochi mesi fa si è proposta un'occasione per il mercato finlandese, per creare delle copertine in stile pittorico ad acquerello, una novità assoluta. Di solito queste pagine vengono realizzate con tecniche digitali e quindi mi chiedono di lavorare a progetti che ho fatto finora per i collezionisti, delle opere realizzate in uno stile dapprima di nicchia e per i singoli. Può anche avvenire dunque tale inversione di tendenza quando qualcuno nota questi lavori "insoliti" e vengono richiesti per un mercato alternativo, perché non potrebbero essere pubblicate.

Sto lavorando anche per il mercato estero, anche se è molto difficile, perché è difficile tornare ai fasti del passato degli anni Ottanta e Novanta, quando la situazione era più florida anche in Italia. Allora c'erano molti fumetti d'autore e oggi invece, per via di altre forme di intrattenimento, i giovani non leggono più i fumetti come una volta. Cerchiamo di tenere buona la vecchia generazione, la vecchia guardia; dobbiamo imparare secondo me a metabolizzare la crisi, accettarla e a conviverci, mentre vedo spesso gli editori comportarsi in modo quasi schizofrenico, proponendo troppi titoli a tutti i costi e strizzano l'occhiolino a videogames e contenuti per mobile, sugli smartphone. In questo modo però si perde il legame con l'identità vera del fumetto; bisognerebbe capire che quel periodo è finito e che ci sono ancora i lettori che amano il fumetto del passato e che non c'è bisogno di inventarsi a tutti i costi strategie nuove, ma mantenendo gli stilemi originali.

Non posso esprimermi perché non conosco il genere, conosco i fumetti ma per uno strano processo di compensazione ho smesso di leggere fumetti quando ho cominciato a disegnarli, e mi sono rivolto ad altri generi quali fotografia, cinema, pittura. Anche il progetto che sto portando avanti dei Miti del cinema dimostra le mie passioni, era nato come un portfolio di illustrazioni che ritraggono locandine di film famosi interpretati da personaggi Disney. Ora sto anche lavorando a un progetto dedicato a Pinocchio, di cui ho esposto alcune bozze.

Edizione cartacea o digitale?

Per Pinocchio è cartacea perchè si rivolge al collezionista, che vuole una copia autentica e fisica del numero; in generale invece non saprei dire, io lavoro indifferentemente su entrambi i formati anche perché mischio le due tecniche. Spesso la colorazione o l'inchiostrazione le faccio in digitale e poi passo alla versione manuale, sono molto più comodo così, ma mi piace anche sporcarmi le mani con i colori. Per i fini della distribuzione è più comodo il digitale, se invece si vuole ottenere una resa più pittorica e tridimensionale, è meglio la versione manuale e cartacea, ma in questo caso si può anche importare e lavorare in digitale. Sono diverse.

Un consiglio che darebbe ai giovani interessati a entrare in questo settore come professionisti?

Non focalizzarsi su una cosa sola, ma aprirsi a campi diversi perché è importante trovare la propria cifra stilistica e capire gli indirizzi del mercato, capire anche quali editori sono interessati al nostro modo di lavorare per non incappare in situazioni difficili con il rischio di aver lavorato a vuoto.

Quali sono le prossime fiere a cui parteciperà?

Non saprei, devo andare fra due settimane in Belgio, mentre la prossima importante in Italia sarà Lucca Comics&Games e non so se sarò a Cartoomics, dipende se mi invitano, ma lì non vado spesso. Più facile che mi spinga a Napoli, al Comicon, Etna Comics a Catania e appunto a Lucca.
Se siete curiosi di vedere più da vicino i dipinti particolarissimi di Mottura, vi consigliamo I miti del cinema, Metropolis e la produzione francese Carême.