Intervista a Rebecca Sugar, creatrice di Steven Universe

In occasione del Lucca Comics & Games 2019 abbiamo potuto conoscere e intervistare Rebecca Sugar, creatrice di Steven Universe!

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Dolcissimo e toccante, Steven Universe è forse uno dei prodotti più interessante della produzione animata degli ultimi anni. Un'esperienza colorata e coinvolgente che non nasconde, ed anzi mette in bella vista, tematiche importanti come l'abbandono, l'amore, l'amicizia e la scoperta di sé stessi ad uso e consumo di un pubblico che non si limita ai bambini (per quanto essi siano sicuramente i privilegiati fruitori dello show di Cartoon Network) ma che cerca di parlare e comunicare anche agli adulti. Un'opera eccezionale che negli ultimi anni ha raggiunto una popolarità tale da trascendere il medium di appartenenza, quello televisivo, per finire in libreria (grazie agli splendidi fumetti pubblicati in Italia da Tunué), tra i giochi da tavolo e persino in un videogame.

A creare Steven (ispirandosi a suo fratello) è stata Rebecca Sugar, straordinario talento dell'animazione, già fatasi le ossa nel team che ha consegnato al mondo un altro recente cult animato, ovvero Adventure Time. Con un film in arrivo nelle sale, Steven Universe: Il film, e l'annuncio recentissimo di una nuova serie che farà da epilogo alle vicende di Steven, ovvero Stene Universe Future, Rebecca è arrivata in Italia in occasione di Lucca Comics 2019, palcoscenico perfetto per incontrare i fan e la stampa e per raccontarci il suo punto di vista sull'animazione e su Steven, tenero eroe di un mondo colorato e surreale alla cui base, tuttavia, ci sono tante esperienze di vita concreta.

Ti andrebbe innanzitutto di parlarci dell'epilogo della serie, Steven Universe Future, che è stato annunciato all'inizio di questo mese?

Oh certo! Sono molto emozionata riguardo questo progetto, perché si tratta di una storia che poteva essere raccontata solo adesso, dopo gli eventi della serie e del film. Si tratta di una nuova, bellissima, storia e sono molto emozionata al pensiero di mostrarvi quello che stiamo facendo.

Steven Universe si rifà molto alla tradizione del musical teatrale, quali sono state gli spunti da cui hai tratto ispirazione? Inoltre, hai mai pensato alla possibilità che lo show possa essere trasposto a Broadway come è successo, con grande successo, a SpongeBob?

Se dovesse succedere qualcosa di simile ne sarei davvero felicissima, e penso che possa succedere solo se alle persone potrebbe piacere qualcosa di simile. Per il resto, io amo i musical, e sono cresciuta guardando film in cui la musica era una componente fondamentale, ce ne sono tanti che amo e che mi hanno influenzata. Anche il film di Steven Universe è stato influenzato da questa mia passione. Quando sono andata al college, ero a New York, a due passi da Broadway ho avuto la fortuna di vedere dal vivo Patty LuPone, e mi è sembrata così incredibile e così brava che le volli scrivere una lettera per dirle quanto avevo apprezzato le sue incredibili performance che avevano cambiato il modo in cui immaginavo dramma e commedia, nel modo in cui lei riusciva a trasformare il dramma in qualcosa che potesse anche far ridere. Quando poi accettò il ruolo di Yellow Diamond potete immaginare come mi sono sentita. Siamo stati davvero fortunati ad averla nel cast.

Ti ricordi il primo pitch di Steven Universe? Come hai sviluppato la serie partendo da quell'idea?

Quando ho proposto lo show per la prima volta stavo cercando di inserirvi un misto di SciFi, fantasy, azione, commedia e pezzetti della mia vita. Insomma, ci stavo mettendo tutto quello che era alla base del mio rapporto con mio fratello minore, Steven, a cui poi ho dato le sembianze del protagonista della serie. Quindi sotto all'apparenza ho inserito delle cose che mi stavano a cuore, e che sono state al centro della storia da sempre. Non si è mai trattato solo di quello che è il racconto della serie, ma anche di cosa esso significhi e di cosa significhi per me.

Col tempo sei diventata un esempio in un mondo che, da sempre, è un settore fortemente maschile. Credo sia importante perché attraverso l'animazione i bambini riescono poi ad identificare i modelli che gli saranno di ispirazione nel tempo, come ti senti i tal senso?

Per me la questione è un po' complessa, perché effettivamente non mi identifico come una donna, ma capisco il punto e quanto sia complicato emergere in un ambiente fortemente maschile, dove le donne sono state sistematicamente estromesse dai processi creativi e artistici. In realtà le donne sono state sempre parte del mondo dell'animazione, dal disegno ai colori, non stiamo parlando di niente di nuovo, ma sono serviti diversi anni affinché gli studio ammettessero che le donne erano “esistessero”. A causa di questo c'è la sensazione che questa sia una voce nuova, ma non è così anche se è importante che che le donne ora abbiano la stessa considerazione degli uomini. Spero che questo incoraggi incoraggi tanti artisti ad emergere. Specialmente perché, se si parla di animazione, non è importante sapere chi c'è dietro al prodotto finito, neanche quando si parla del cast che dà le voci ai personaggi. Per decenni l'animazione ci è stata proposta attraverso un'unica prospettiva: quella degli uomini bianchi, e non deve più essere per forza così.

Negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare di serie animate, sia per adulti che per bambini, perché pensi ci sia stato questo exploit? Inoltre, credi che le due tipologie si influenzino in qualche modo?

È una domanda molto interessante. Quel che ho notato, anche parlandone con le persone con cui lavoro, è che molti siano tornati al modo di creare cartoni tradizionale. Partendo da questo, se pensiamo ai cartoni animati di una volta, come ad esempio i Looney Toones, è evidente che questi non fossero pensati specificatamente per i bambini. Le cose oggi sono cambiate, partendo proprio dal modo in cui i cartoni animati vengono creati. Noi ad esempio non abbiamo qualcuno che sia addetto allo script, e lo show viene scritto e disegnato contemporaneamente. Questo è un modo molto tradizionale di intendere la produzione animata e lo facciamo perché quel che vogliamo ottenere è un lavoro che ci soddisfi innanzitutto come artisti e credo che Steven Universe funzioni perché è comprensibile per chiunque possa godersi l'arte, in quanto prodotto di un artista. Posso capire che sussista un pensiero per cui i cartoni animati sia esclusivamente pensati per i bambini o esclusivamente creati per vendere giocattoli, ma quello che stiamo facendo noi è qualcosa di molto più simile a quanto non si facesse negli anni '30 e '40, quando i cartoni animati erano creati per fruitori di tutte le età.

All’inizio dello show abbiamo conosciuto Rose, personaggio eroico che col tempo si è poi mostrata con un volto completamente diverso rispetto alle premesse. Avevate già pianificato uno sviluppo del genere per il personaggio?

Sin dall'inizio. Se riguardate da capo l'intera serie, troverete che ci sono diversi indizi che suggeriscono la cosa. Rose ha avuto momenti difficili sia nell'apprezzare Greg come essere umano che nel comprendere come poter sviluppare empatia, e quando parla dell’umanità lo fa aspirando a diventare un essere umano. Non è facile per lei e questo era stato già progettato per lo show.

Come avete scelto cosa raccontare nelle varie stagioni? Avete in qualche modo tenuto che la serie potesse essere chiusa e, dunque, che la storia non possa arrivare alla sua conclusione?

Certo, abbiamo avuto il timore di non riuscire a raccontare tutto. Ad esempio, quando stavamo scrivendo la saga delle Ocean Gem non avevamo idea se lo show sarebbe andato avanti o meno, ed abbiamo preparato un episodio che avrebbe potuto servire come finale. Onestamente questa possibilità, ossia che lo show potesse essere chiuso, ha cambiato la nostra prospettiva rispetto al racconto e ci ha portati a ragionare per archi narrativi così da avere sempre una prospettiva precisa sulla storia da raccontare. Considerate che molti dei punti salienti della storia li abbiamo già ideati tra il 2011 e il 2012 proprio per questo.

Normalmente, all'intero dei cartoni animati, i personaggi tendono a restare sempre identici ed a non crescere nel corso delle stagioni. Per Steven però è diverso, tanto che nel film è ulteriormente cresciuto. A cosa è dovuta la decisione di farlo crescere ne corso della serie?

Ho sempre desiderato sviluppare un personaggio che potesse crescere sia dal punto di vista caratteriale che fisico. Si tratta di un qualcosa che, se ricordate, avevo già sperimentato con Adventure Time. Tuttavia è qualcosa di molto difficile da sviluppare dal punto di vista commerciale, perché un cambiamento del design può influire sul merchanding e sui giocattoli. Ecco perché far crescere i personaggi è qualcosa che viene sempre scoraggiato nel campo dell'animazione. Eppure ci avevamo già provato con Adventure Time, il cui personaggio di Finn subisce una crescita, sia fisica che psicologica. L'idea ci ha piaciuta e con Steven volevamo fare qualcosa in più, ma sono dovuti passare diversi anni prima che quest'idea diventasse un'opzione realizzabile. Personalmente credo che questo tipo di sviluppo sia molto interessante, non solo per me, ma anche per Steven che, specie con il film che è tutto incentrato sulla sua crescita.
Se sei un fan di Steven Universe perché non dai un'occhiata ai bellissimi fumetti pubblicati da Tunuè?