La Casa di Carta 3: la recensione

Il 19 luglio è uscita la nuova stagione de La Casa di Carta, sicuramente la più famosa serie TV spagnola degli ultimi anni.

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a cura di Roberto Richero

Dopo tanta trepidazione ed attesa, a più di un anno dalla messa online della seconda parte, il 19 luglio è uscita la terza e nuova stagione de La Casa di Carta, sicuramente una delle serie TV Netflix più seguite ed acclamate degli ultimi anni.

Le aspettative dei moltissimi fan sparsi in tutto il mondo erano molto alte… e possiamo dire fin da subito che non sono state disattese.

La casa di carta

La Casa di Carta è uno dei titoli di punta di Netflix, tanto da detenere ben due primati invidiabili: è la serie di lingua non inglese più vista del catalogo Netflix ed è l’unica serie di lingua spagnola ad aver mai vinto il premio di Migliore serie TV drammatica agli lnternational Emmy Awards (nel 2018).

Trasmessa originariamente dalla TV spagnola Antenna 3, ne sono stati acquistati poco dopo i diritti di trasmissione da parte di Netflix, che l’ha lanciata a livello mondiale. La versione disponibile in streaming è leggermente diversa da quella originale, in quanto gli episodi (divisi in due parti) sono stati ri-montati per scendere ad una durata di quaranta/cinquanta minuti, contro i settanta originali; questo lavoro ha reso impossibile utilizzare i titoli originali degli episodi, che sono stati quindi presentati su Netflix senza alcun titolo.

Dato il successo internazionale, Netflix ha rinnovato la serie per una nuova stagione (terza parte), resa disponibile appunto il 19 luglio scorso; proprio il giorno prima la messa online, è stata inoltre annunciata un’ulteriore stagione per il 2020.

Dove eravamo rimasti

Un uomo che si fa chiamare semplicemente “Il Professore” raduna un gruppo di persone dalla fedina penale sporca, dotati di diverse caratteristiche ed abilità, per proporre il colpo del secolo: rapinare la zecca di Spagna. Il piano è il frutto di un lungo progetto del Professore e dopo cinque mesi di preparazione, il gruppo di sconosciuti (che fra di loro usano nomi di città per mantenere l’anonimato) entra in azione, prendendo possesso della Fábrica Nacional de Moneda y Timbre.

Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki e Oslo cominciano quindi la loro avventura: devono mantenere il controllo sull’edificio e sugli ostaggi per dieci giorni, per poter stampare due miliardi e quattrocento milioni di euro, perfettamente legali e irrintracciabili. Lo scontro con la polizia è un continuo botta e risposta, mentre i fuorilegge si presentano all’opinione pubblica vestiti con una tuta rossa e indossando una maschera di Dalì, creando una figura di anti-eori che si ribellano al sistema. Il Professore controlla la rapina dall’esterno, assicurandosi che tutto proceda secondo i piani ma nonostante tutto sembri pianificato alla perfezione, gli imprevisti sono dietro l’angolo.

Dopo molte peripezie e qualche perdita, il gruppo riesce finalmente a sfuggire alla polizia con il denaro stampato durante i soli cinque giorni della rapina: è il momento di darsi alla bella vita.

La terza parte

La terza parte de La Casa di Carta si muove lungo due principali direttrici: da una parte cercare di mantenere intatte le caratteristiche fondamentali del successo della serie, dall’altra introdurre le novità necessarie a mantenere alto l’interesse degli spettatori.

I principali aspetti di continuità della serie li troviamo nella modalità narrativa; l’uso dei flashback rispecchia esattamente quanto già visto in precedenza: è un espediente integrato alla narrazione per svelare la trama ed i retroscena, partendo da un “punto zero” che poi sono gli eventi in corso. La trama è in questo caso più complessa da raccontare in quanto alla linea narrativa presente si sovrappongono ben due linee temporali passate, entrambe necessarie per la perfetta comprensione della storia. Questa scelta ha permesso inoltre di risolvere quello che era uno dei crucci principali dei fan, relativi alla teorica impossibilità di vedere sullo schermo uno dei loro personaggi preferiti, scomparso nella seconda parte della serie.

Come nella prima e nella seconda parte de La Casa di Carta, il personaggio di Tokyo è voce narrante delle vicende e, ancora una volta, questo strumento viene utilizzato non solo per riflessioni o connessioni fra eventi, ma anche per annunciare svolte della storia e creare tensione nello spettatore, cui viene detto che qualcosa di stravolgente sta per accadere… ma non quando accadrà.

Un altro principale elemento di continuità è certamente il contesto: uno dei principali punti di forza de La Casa di Carta era questa storia di assedio fra guardie e ladri, dove la narrazione si dipanava fra la storia dentro le mura e la storia fuori, con la “guerriglia” con la polizia che faceva da “ponte” fra le due trame. Gli autori hanno trovato uno stratagemma (per altro abbastanza ben riuscito) per ricreare una situazione simile, rimettendo i nostri anti-eroi in un edificio governativo, circondati dalla polizia e sotto la guida del Professore.

L’altro grande punto di forza de La Casa di Carta è rappresentato certamente dai personaggi: rozzi, sporchi, maleducati e criminali, ma tutti umani e, in fondo, non proprio cattivi (almeno non cattivi come ci si potrebbe aspettare da rapinatori professionisti). Al contrario di molti autori, che cercano di far evolvere per forza i personaggi nell’arco di cicli narrativi brevi come quelli delle serie TV, qui Álex Pina e i suoi collaboratori hanno deciso di lasciare i protagonisti invariati: Tokyo è sempre volubile e folle, Helsinki un gigante gentile ma spietato, Nairobi una donna forte ed indipendente.

Le novità della terza stagione

Ma quali sono quindi gli elementi di novità di questa stagione? Il principale riguarda sicuramente l’evoluzione del tono della storia. Se i personaggi sono ancora gli stessi, il mondo, dopo la loro impresa, è cambiato: sono famosi in tutto il globo e le loro tute rosse, con le maschere di Dalì sono un simbolo di ribellione, resistenza, giustizia popolare (il simbolismo è entrato effettivamente anche nell’immaginario collettivo reale). Il sistema contro cui si devono scontrare non è più quello della polizia spagnola, ma quello dell’Europa, dei servizi segreti, dei media internazionali. Ed è così che gli autori, fin dalla prima puntata, ci sbattono in faccio con estrema crudezza, come sia cambiato il palcoscenico e quindi i “nemici”. Se nelle prime due parti della storia i nostri anti-eroi combattevano con una polizia che agiva secondo le regole, che comunque rappresentava la giustizia, prima ancora di un sistema, ora gli avversari sono molto più agguerriti, sono cattivi, non hanno paura di superare la linea della legalità, della moralità… e la posta in gioco diventa molto ma molto più alta. E così gli anti-eroi farabutti diventano idoli delle folle, chiedono giustizia, combattono il Sistema (indiscutibilmente cattivo), cercando di smascherarlo.

Ulteriori novità riguardano il cast che, confermati tutti i protagonisti delle prime due parti, si è arricchito di ben quattro elementi di spicco, due per ogni fazione: Bogotà e Palermo sono i nuovi membri della banda (interpretati rispettivamente da Hovik Keuchkerian e Rodrigo de la Serna), mentre la “giustizia” acquista in squadra il colonnello Tamayo (Fernando Cayo, pluripremiato attore spagnolo) e l’ispettrice Alicia Sierra (interpretata più che magistralmente da Najwa Nimri), l’unico personaggio che ha dimostrato di saper tenere testa all'inarrivabile Professore. Ad eccezione dell’ispettrice Sierra, i nuovi personaggi non hanno la profondità e lo spessore dei protagonisti originali e questa mancanza di caratterizzazione si fa un po’ sentire (in effetti la banda acquista anche un altro membro, Marsiglia, interpretato da Luka Peros, ma il personaggio è talmente secondario e poco integrato, che spesso viene dimenticato); sembriamo ritrovare questa superficialità anche nella presentazione degli ostaggi che, solamente abbozzati, non sembrano prendere completamente forma e rimangono sullo sfondo delle vicende. E’ viceversa evidente come l’attenzione si sia concentrata sulle possibilità offerte da un budget ben diverso da quello precedente: l’azione è decisamente più curata e spettacolare e le scene con grande impatto visivo sono decisamente aumentate.

Conclusioni

La Casa di Carta è una serie TV eccellente che, in pieno stile Netflix, si lascia vedere tutta d’un fiato. Questa nuova stagione non tradisce i fan, riuscendo nel delicato equilibrismo di rinnovare senza però stravolgere o tradire lo spirito originale. L’obiettivo è stato centrato anche grazie alla scelta di girare solo otto episodi, evitando i momenti di stanca che in paio di casi avevano colpito le parti precedenti.

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