La verità sul caso Ashlyn Bryant, la recensione di un grande thriller psicologico

La verità sul caso Ashlyn Bryant è un thriller psicologico che vi immergerà all'interno della mente umana tra contradizioni e verità offuscate.

Avatar di Giovanni Arestia

a cura di Giovanni Arestia

Hank Phillippi Ryan è una luminare della letteratura che con soli dieci libri è riuscita ad accumulare una serie impressionante di riconoscimenti: cinque Agata, due Anthonys, la Dafne e un Mary Higgins Clark Award. È anche una reporter investigativa che da anni va in onda sulla WHDH-TV di Boston con cui ha vinto 34 Emmy, 14 Edward R. Murrow Awards e dozzine di altri prestigiosi riconoscimenti per il suo giornalismo. Entrambe le carriere sono state seguite intensamente grazie alla sua passione e alla sua grande perseveranza, e il suo ultimo impegno segna l'ennesimo risultato degno di nota: il passaggio dalle serie (le saghe Charlotte McNally e Jane Ryland) alla scrittura indipendente con La verità sul caso Ashlyn Bryant.

Due tristi storie a confronto

Fin dalle prime pagine de La verità sul caso Ashlyn Bryant, i lettori vengono accolti in un ambiente cupo e triste che vede come protagonista la giornalista Mercer Hennessey, totalmente distrutta psicologicamente a causa di un incidente automobilistico che ha ucciso suo marito Dex e la giovane figlia Sophie. La giornalista di Boston ha quindi dovuto mettere in pausa la sua carriera ed è arrivata a prendere la decisione di rinchiudersi a casa. Un bel giorno, però, il suo ex editore Katherine Craft le offre l'opportunità di una nuova vita lavorativa: scrivere un libro di successo che possa raccontare il processo della signora Ashlyn Bryant accusata di aver ucciso la figlia di due anni, Tasha Nicole. A Mercer vengono offerti quindicimila dollari in anticipo e quindicimila dollari una volta pubblicato il libro, più eventuali royalties e la promessa che il libro sarebbe divenuto un bestseller immediato. La scrittrice accetta anche l'impegno di completare il libro entro due settimane dall'emissione di un verdetto di colpevolezza nei confronti della signora Bryant. La giuria, però, decide di non giudicare colpevole la donna e il libro diviene immediatamente una forma di redenzione. Katherine propone, addirittura, di far trasferire temporaneamente Mercer nella casa di Ashlyn in modo tale da poter scrivere insieme il libro.

Qui ha inizio il gioco mentale tra le due donne, entrambe accumunate dall'aver perso tragicamente le figlie. Mercer quindi spera di ricevere una confessione da parte di Ashlyn, e quest'ultima spera di rafforzare la convinzione che lei sia innocente. Ashlyn si riempie, però, di contraddizioni e spesso le sue risposte sono vaghe, fantasiose e accusatorie verso altri. I lettori, quindi, si ritrovano con una mentalità e dei dialoghi in stile Alice nel Paese delle Meraviglie che li costringe a mettere in discussione ciò che è reale da ciò che è puro frutto della fantasia. Mentre, infatti, la versione della verità di Ashlyn diventa più selvaggia e più incoerente, Mercer si ritrova ad accettare anche le teorie e le spiegazioni più implausibili come verità. A poco a poco, mentre la fine del libro si avvicina, la verità di Ashlyn su sua figlia si mescola con la verità di Mercer su sua figlia. In poco tempo tutto diventa vero, e poi all'improvviso tutto falso, finendo per cercare una verità che non c'è.

Un gioco mentale che ha legami con la realtà

Rivelare di più rischierebbe di rovinarvi la storia, che ha veramente innumerevoli colpi di scena e un incredibile finale ad effetto. Il libro è diviso in parti distinte e si sviluppa attraverso la prospettiva di Mercer: un punto di vista sorprendentemente intimo e che sottolinea i temi della verità, della percezione rispetto alla realtà e del potere della soggettività. Di conseguenza, sarebbe saggio considerare i potenziali pregiudizi e come questi potrebbero influire sul racconto. Dopotutto, la "verità" dipende in gran parte dal narratore. Manipolazioni e motivazioni abbondano lasciando i lettori sbilanciati come la stessa Mercer. L'introspezione viene infine compensata dall'azione, assicurando che i brividi non siano solo cerebrali. Si consiglia ai lettori di dedicare del tempo a questo libro in quanto la sua trama intricata e consapevole richiede una lettura ponderata. La vera verità viene alla fine di questo viaggio pieno di suspense, ma non vorranno perdersi i vari tasselli disseminati lungo la strada e brillantemente narrati.

Al di là delle ovvie differenze di trama, i lettori troveranno indubbiamente dei parallelismi con la storia reale di Casey Anthony (di cui l'autrice fa riferimento in tutto): la scomparsa misteriosa e protratta di un bambino, le prove riguardanti l'omicidio, il presunto coinvolgimento di un Guardiano, tese relazioni familiari, l'effetto velenoso di voci e allusioni e la conseguente frenesia mediatica. Ma Ryan porta sia l'autenticità che l'originalità in virtù della sua profonda conoscenza del giornalismo investigativo e del complicato ethos dei giornalisti il cui ultimo dovere è verso la verità (qualunque essa sia). Inoltre, la sua familiarità con il sistema di giustizia penale (è sposata con un avvocato difensore, il libro è dedicato: "Per Jonathan e la giustizia") eleva quegli aspetti della storia oltre un rendering superficiale.

Un finale sconvolgente

Prima di avviarci alla conclusione di questa recensione, crediamo sia necessario aprire un breve focus sul finale di cui, poco sopra, abbiamo accennato la sua incredibile realizzazione. Non è facile realizzare un finale ad effetto, soprattutto nel momento in cui la stessa narrazione presenta numerosi colpi di scena, ma quello de La verità sul caso Ashlyn Bryant c'è riuscito. Il lettore viene gettato nel vortice della verità dopo essere stato soggiogato per tutto il racconto e finisce per uscirne cambiato, incredulo, quasi inquieto. Un finale inatteso che arriva dritto alla mente del lettore e non lo abbandona più, invitandolo a rileggere nuovamente il romanzo sperando di raccogliere qualche tassello differente o dimenticato.

Il punto di vista editoriale

Per quanto riguarda la componente editoriale, La verità sul caso Ashlyn Bryant è un prodotto in linea con gli standard classici di Newton Compton Editori, discreto sebbene presenti la copertina flessibile. La rilegatura è robusta e resistente e la qualità della carta è di ottima manifattura con una buona grammatura. Una qualità realizzativa migliore non sarebbe dispiaciuta considerando il livello del romanzo, ma quantomeno vi è un'ottima traduzione.

Conclusioni

La verità sul caso Ashlyn Bryant è un pesante thriller psicologico che dà una svolta nuova e diabolica al ruolo del narratore. Hank Phillippi Ryan ha fatto un passo audace oltre i confini e le comodità della sua fiction in serie, ma mantiene - e senza dubbio supera - la loro soglia di eccellenza. Anche se questo libro è stato concepito come indipendente, rappresenta una degna aggiunta all'arsenale in continua evoluzione dell'autrice. E questa è la verità assoluta, inequivocabile.