Le signore degli schermi - Mae: Feel Good

Mae Martin è protagonista di Feel Good, la serie britannica che sbarca su Netflix, per parlare con toni semplici, ma drammatici, alcuni temi sensibili come la dipendenza e l'orientamento sessuale.

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a cura di Francesca Sirtori

Cosa significa essere senza un soldo, omosessuale e con problemi di dipendenza nel ventunesimo secolo in Gran Bretagna? Ah, parliamo di una ragazza, per di più. Non che una condizione del genere risparmi l'universo maschile, intendiamoci, ma il cliché del "sesso debole" bussa ancora una volta alla nostra porta. Tempo di sfatarlo, dunque.

Classiche problematiche da fiction, direte voi, ma non pensiamo che Mae Martin e Joe Hampson siano della stessa opinione. Scrittrici della nuova serie Netflix Feel Good, ci portano sullo schermo il personaggio di Mae, interpretato dalla stessa Martin che mette letteralmente la faccia in quello che scrive e in cui deve averci creduto parecchio. Lo dimostrano la sua freschezza, spontaneità e tragicomicità che la rendono protagonista efficace di una dramedy breve, ma intensa.

In principio fu polvere

L'ironia è la base di tutto: dicono che si debba saper affrontare la vita con leggerezza e ridere di ogni problema, ma quanto è facile per Mae? Con cliché narrativi di immediata comprensione e con la facilità di una ventina di minuti per episodio, Netflix diventa il mezzo di comunicazione di una storia singolare, ma assolutamente verosimile. I problemi fondamentali sorgono nella relazione omosessuale tra Mae e George, meglio nota come Georgina, nome scelto forse non a caso per calcare un po' la mano sulla fluidità di genere e di identità.

La faccenda è ben più di questo: non si tratta solo di relazione interpersonale con il partner, ma anche di dipendenza da droghe e difficili relazioni con i propri genitori. Ogni buon psicologo da film (ma forse anche nella realtà) direbbe: "I problemi psicologici che si hanno dalla nascita, si trascinano per tutta la vita, se non li risolvi. E come va con tua madre?"

Difficile far confluire tutto nell'ironia e negli sketch che Mae cerca di portare sul palco del club dove si esibisce, se non con un..."piccolo aiutino". La lontananza, fisica e di relazione, con i genitori non è come si dice spesso: "la distanza fortifica i rapporti", anzi. Soprattutto con la madre, la "ex Friends" Lisa Kudrow piuttosto invecchiata e acida, che le rivela la sua nascita prematura; un colpo basso che la urta e le fa credere che sia il motivo per cui non sia mai riuscita a instaurare un legame forte con lei.

Le donne diventano protagoniste della serie, nel bene e nel male. Ma quale di loro riesce davvero a dare tregua alla vita di Mae? Quale riesce a farla sentire a casa, un luogo che fisicamente non riesce ad abitare, tanto meno a possedere? Non hai sentito? Sono molto complessa.

Tra fiction e realtà, al di là del tabù

Come talvolta accade, seppur si tratti di casi rari, la protagonista porta nella finzione una buona dose di realtà: Mae rimane se stessa anche di fronte alle telecamere, di origini canadesi e con un orientamento sessuale che nemmeno l'attrice saprebbe attribuirsi. Mae ha dichiarato di aver frequentato sia uomini, sia donne e, per rendere la cosa ancora più unica e poco definita (e definibile), parla di se stessa in lingua madre usando i pronomi "she" e "they" quando parla di sé, con un chiaro ed esplicito segnale che non ha alcuna intenzione di scegliere i confini di un determinato orientamento, troppo canonici e omologati per lei.

Di solito sono libera da qualsiasi etichetta. Le definizioni le stanno strette, ma che importa? L'importante è avere coscienza di ciò che si è e di come ci si sente, e lei sembra saperlo davvero bene. Mae porta sullo schermo la sua storia, in qualche modo, grazie alla sua inclinazione fin dall'adolescenza alla recitazione, consacrata con la vittoria di due premi come "Best Writing in a Variety or Sketch Comedy Series". Tutte doti e virtù che le hanno concesso di crescere e dare voce a un tema a lei caro: la vita tra stereotipi, pregiudizi e difficoltà dell'omosessualità  e i tentativi tanto dolorosi e difficili della disintossicazione.

And I'm feeling...good

Non a caso, Feel Good è un inno al tentativo con tutte le proprie forze di stare bene con se stessi, combattere per sentirsi a proprio agio nonostante l'isteria e la pazzia che queste situazioni spesso creano.

Inoltre, Mae Martin fa urlare a gran voce, e in maniera piuttosto esplicita, che bisognerebbe dare spazio all'educazione nelle scuole circa la storia della comunità LGBTQIA, spezzando una lancia a favore delle rotture dei tabù, del progresso e dell'emancipazione.

Vedi, quando il presente è intollerabile, Mae, ci contorciamo su noi stessi come bretzel per scappare. [...] Invece chiedi a te stessa: perché questo dolore? 

Quindi tutto questo è per confermare ancora una volta quanto sia difficile vivere in libertà la propria identità sessuale? Non proprio. Senza spoiler su come finisce la miniserie Feel Good, abbiamo la dimostrazione che non conta come siamo o come desideriamo vivere la nostra intimità, quanto il carattere, la correttezza e la sincerità, che ancora una volta hanno la meglio. Una favola a lieto fine? Non è una favola, ve lo assicuriamo, ma almeno sarà a lieto fine?