L'Elefante del Mago, recensione: quando la magia è dentro e attorno a noi

Tratto dalla favola di successo di Kate DiCamillo, l'Elefante del Mago è il nuovo film d'animazione targato Netflix in arrivo il 17 marzo

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a cura di Nicholas Mercurio

La magia esiste. È dentro, fuori e là dove non immagineremmo neppure, in quegli angoli remoti del nostro cuore. Parla ai nostri sentimenti e a cosa crediamo forte e duraturo, ed è la reale prova di quanto l’amore giunga persino negli angoli tenebrosi. L’Elefante del Mago, un nuovo film d’animazione disponibile su Netflix, è tratto dall’omonimo romanzo di Kate DiCamillo, autrice talentuosa di tante altre favole moderne che trattano di tematiche delicate come l’isolamento, il lutto e la perdita di sé stessi, argomenti che oggi, specie nell’era dei social, necessitano di essere approfonditi con maggiore frequenza. Diretto da Wendy Rogers, l’Elefante del Magoè una profonda storia di un giovane alla ricerca del suo destino.

Credere nella speranza

Tutto chiede salvezza, direbbe qualcuno. Nel caso de L’Elefante del Mago, a pretenderla è Peter, un ragazzino di dodici anni che vive con Vilna, un vecchio soldato burbero che occupa il suo tempo a osservare con un cannocchiale gattini che si azzuffano mentre giudica passanti e conoscenti con cui non ha più alcun legame, ricordando i bei tempi andati e le azioni di guerra che lo hanno visto protagonista. E in una di esse il salvataggio del piccolo Peter è quella di cui va più fiero. Rimasto orfano di madre e padre, il ragazzino ha un sogno nel cassetto: ritrovare la sua amata sorella.

Un intento che Vilna, suo tutore, non sopporta nel modo più assoluto. In tal senso, è certo che la piccolina sia morta durante un’esplosione causata da una bomba che causò il crollo dell’orfanotrofio in cui i due fratellini erano stati accolti poco dopo la morte dei loro genitori. Non credendo alle parole del vecchio militare, Peter sospira e annuisce, per poi chiedere a un’indovina consiglio, spedendo la moneta d’oro concessagli da Vilna per acquistare del pesce, l’unico cibo che l’uomo gradisce.

Tornato a casa, il ragazzino si assume la responsabilità del suo gesto, tornando sull’argomento, riferendo al genitore acquisito le proprie preoccupazioni e il suo sogno. Nella sfera di cristallo dell’indovina, vede una bambina curiosa e vivace, e poi un elefante in grado di esaudire qualsiasi desiderio. Vilna, incredulo e sgomento, si arrabbia a tal punto da mettere in discussione le parole del giovane, che sceglie di riposare per non stare ad ascoltare il tutore per non infuriarsi ulteriormente. Nel frattempo, un Mago maldestro intrattiene un pubblico aristocratico, facendo comparire improvvisamente un elefante al posto di un mazzo di fiori, che cattura l’attenzione del Re e della Contessa. Venendo a sapere di questa storia, Peter si infiltra a palazzo, scoprendo l'esistenza della bestia, la sua unica speranza per trovare la sorella. Mentre tenta di liberarlo, il ragazzo attira le attenzioni del Re, che gli propone di liberare l’animale solo se supererà tre prove impossibili.

L’Elefante del Mago è un sogno a occhi aperti

La storia, intensa e particolareggiata dall’inizio alla fine, parla al cuore in modo umano e brillante, dando importanza al sogno fanciullesco di un bambino che insegue la speranza nonostante una vita sospesa fra l’illusione di essere appagato e felice, ma in realtà divisa e frammentata. È un giovane alla ricerca delle sue reali origini e del proprio passato, che rincorre i suoi fantasmi mentre questi, invece, sono ben più vicini di quanto pensi. Wendy Rogers, concentrandosi per esaltare questo aspetto, ha diretto il film in modo preciso e appassionato, scegliendo di tagliare comunque dei passaggi artificiosi presenti nel libro, che avrebbero rallentato la narrazione. In tal senso, quest’ultima non presenta cali di ritmo né si interrompe bruscamente, seguendo in modo coinvolgente l’obiettivo di tenere lo spettatore incollato allo schermo.

Il racconto, inoltre, non annoia e intrattiene grazie alla cura riposta da parte della regia nei confronti dei personaggi principali. Le loro caratterizzazioni definiscono le loro personalità, e ognuna viene approfondita a dovere attraverso dei dialoghi scritti in maniera ottima. Non è mai semplice, presentare una cura del genere nel presentare i personaggi principali, soprattutto in adattamenti che potrebbero risultare poco profondi e dedicati unicamente a un pubblico giovane.

Ognuno ha sentimenti, pensieri e un passato che colpisce lo spettatore improvvisamente, portandolo addirittura dentro i meccanismi della scrittura, che segue un equilibrio adeguato fra parti discorsive e d’azione. In tal senso, le scene dedicate alle fughe, alle tre prove che il piccolo Peter affronta e quelle ilari, sono state incastrate affinché lo spettatore notasse diverse chiavi di lettura proposte all’interno del racconto. Alcune di esse commuovono, altre divertono e fanno sorridere, con l’obiettivo comune di farlo sognare, come se rivedesse sé stesso in quegli spaccati di vita comune vissuti da Peter, e negli avvenimenti straordinari che lo riguardano. Una tematica presente nel libro ma trattata nel film riguarda la vita in ogni sua sfaccettatura, fra difficoltà all’apparenza insormontabili e amori ritrovati e mai sopiti. Peter è un ragazzino che soffre, e chiunque abbia mai provato un momento di smarrimento, intende trovare sé stesso per dare un’importanza alla propria esistenza. Wendy Rogers ha catturato sapientemente questo aspetto del libro, riuscendo ad amalgamare la scrittura e la morale finale della produzione con intelligenza e cura.

Sul lato tecnico, inoltre, non abbiamo nulla da eccepire, tant’è che il lavoro svolto dalla computer grafica si è dimostrata pregevole soprattutto sulle animazioni non hanno nulla da invidiare a quelle certamente più blasonate dei film d’animazione della Disney Pixar o della Dreamworks. A riguardo, l’Elefante del Mago si avvicina alla qualità raggiunta con Il Piccolo Principe.

Conclusioni

L’Elefante del Mago è un film d’animazione approcciabile per qualunque età per le sue tematiche, la sua storia e la sua brillante e intelligente scrittura. È una piccola, grande sorpresa che arriva nel momento giusto, e che potrebbe ritagliarsi uno spazio speciale in questo mese di marzo non certamente occupato da altre produzioni blasonate.

Emozionante, commovente, in grado di parlare al cuore delle persone, si dimostra ben più di una produzione dedicata ai piccoli spettatore, che dal magistrale lavoro di Wendy Rogers possono apprendere quanto avere speranza, alla fine, sia meglio che avere nulla. E chissà, magari qualcuno di loro potrebbe persino scegliere di leggere la favola. La magia è anche questa.