Lightyear, la recensione: Buzz non raggiunge l'infinito

Non c'è pace per Buzz Lightyear nella nostra recensione del nuovo film d'animazione Pixar, già disponibile su Disney Plus.

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a cura di Rosanna Donato

Lightyear - La vera storia di Buzz ha raggiunto le nostre case grazie a Disney Plus, regalandoci alcuni momenti di grande spessore ma presentandoci anche dei difetti. La pellicola nasce da un'idea di fondo: dare ai fan la vera storia del personaggio che ha ispirato il giocattolo di Andy, lo space ranger Buzz, nella serie di film d'animazione iniziata nel 1995 con Toy Story. Non si tratta quindi di un racconto delle origini dell'oggetto ormai entrato nei nostri cuori. L'obiettivo è di mostrare alle persone cresciute con Buzz e Woody chi è l'eroe spaziale che ha portato il personaggio nella vita del bambino all'inizio del primo film del franchise. D'altronde, come molti ricorderanno, è stata la madre di Andy a regalargli il pupazzo di Buzz, ma solo nell'incipit della nuova produzione scopriamo che il giocattolo è il protagonista del suo film preferito: il Lightyear di cui parleremo nella nostra recensione.

Lightyear, la recensione

La trama

Lightyear - La vera storia di Buzz è ambientato nel 3901, anno in cui lo space ranger Buzz e il suo ufficiale in comando e migliore amica Alisha Hawthorne esplorano il pianeta abitabile Tikana Prime con la nuova recluta Featheringhamstan. Quando scoprono che il luogo è abitato da creature ostili, l'intero equipaggio torna sull'astronave per lasciare il pianeta, ma un errore di valutazione commesso da Buzz li costringe a restare lì e costruire un ambiente sicuro in cui vivere: una colonia con tanto di infrastrutture necessarie per riparare i danni alla nave spaziale.

Buzz farà il possibile per rimediare a quanto accaduto e ritornare alle loro vecchie e sorprendenti vite da space ranger. Non sarà così facile portare a termine la nuova missione per il protagonista, e nemmeno accettare che, per lui, ogni volta che effettua un test e fallisce la prima parte dell'impresa passano pochi minuti, mentre per tutti gli altri, compresa Alisha, ben quattro anni di vita. Dunque, con l'inevitabile conseguenza di perdersi alcune delle cose più belle che l'esistenza ci offre, e tutto per inseguire ciò che per Buzz diventerà una vera e propria ossessione: ritornare alla vita di sempre.

Il tempo è importante

Abbiamo amato e visto il giocattolo da cui è tratto il film in tutte le salse: da quando voleva primeggiare su tutti, sentendosi un Dio sceso in terra, a quando si è evoluto ed è maturato nel corso del tempo; una parola, quest'ultima, che in Lightyear è fondamentale, tanto quanto il concetto di "fare squadra", che abbiamo scoperto essere rilevante in questo universo già dai film di Toy Story. Qui, però, non si tratta di un gioco, è la "vita reale": quella dell'eroe spaziale a cui dobbiamo la creazione del giocattolo di Buzz. Possiamo definirlo "un film dentro un film", in quanto la storia raccontata è proprio quella della pellicola che Andy definisce come "la sua preferita".

Evidente è infatti la volontà di Pixar di rendere Lightyear - La vera storia di Buzz il più realistico possibile, anche se non mancano piccole gaffe in tal senso. Se l'idea di base è quella di umanizzare Buzz e dare una forma convincente alla sua storia, allora tutto dovrebbe seguire la stessa linea d'onda. Non è così: per quanto ci piacerebbe dire che ogni elemento raccontato è del tutto plausibile, dobbiamo tenere conto del fatto che certe dinamiche e situazioni non potranno mai verificarsi nella realtà. Parliamo di piccolezze, questo è vero. D'altronde si tratta di un film d'animazione, uno sci-fi con cui Pixar ha osato spingersi più in là, oltre lo spazio e il tempo, e di ciò non possiamo che esserne felici.

La caratterizzazione dei personaggi

In fin dei conti è un film che emoziona, con qualche battuta divertente inserita al momento giusto e un'atmosfera prevalentemente cupa che si discosta sì dalle pellicole precedenti, ma dà il giusto spessore al turbamento psicologico del protagonista e degli altri abitanti del luogo. Un problema possiamo riscontrarlo invece per quanto riguarda il ritmo. Parliamo di un andamento altalenante che, nonostante dia modo di soffermarsi sulle scene più intime ed emozionarsi insieme ai personaggi, e gasarsi su quelle più audaci e grintose, non permette di andare verso l'infinito e oltre, fermandosi sempre a un passo dal raggiungere un vero e proprio picco.

Insomma, un maggiore equilibrio tra action e romance avrebbe giovato di gran lunga al film, e invece assistiamo spesso a battute d'arresto poco gradevoli. Bene quindi che vi sia la volontà di approfondire temi rilevanti e di caratterizzare al meglio Buzz (a discapito però dei suoi compagni di avventura), un po' meno bene che manchi l'equilibrio tra le due componenti sopra citate.

Una sceneggiatura attenta

Detto questo, a colpire in maniera positiva è perlopiù la sceneggiatura, oltre gli effetti speciali e le tematiche di cui vi parleremo più avanti nella recensione di Lightyear. La pellicola parte bene, anzi benissimo, donandoci momenti di puro godimento e di nostalgia, con Buzz che è già pronto ad aggiornare il suo diario di bordo proprio come lo abbiamo visto fare in Toy Story, e Alisha che lo prende in giro come solo gli amici veri possono permettersi di fare. Seppure pecchi di poca incisività sia a livello visivo che narrativo inizialmente, il film diretto e co-scritto da Angus MacLane ha un suo perché ed è adatto a ogni età, anche se i più piccoli faranno fatica a comprendere il linguaggio scientifico e tutto ciò che concerne la missione in sé.

C'è un momento, dopo il primo atto della storia, in cui la sceneggiatura cambia traiettoria e passa da un livello più semplicistico a uno più aulico, colpendo dritto al cuore l'utente, che probabilmente non si aspettava una tale attenzione nei dialoghi, soprattutto nelle dinamiche relazionali; momenti intimi, questi ultimi, che rimarcano quanto nella vita vi sia bisogno di accettarsi per ciò che si è e concedersi l'opportunità di sbagliare e, se possibile, rimediare. Passeremmo direttamente ai temi che hanno sempre contraddistinto le produzioni Pixar, ancora prima di quelle Disney/Pixar, ma ora prendiamoci qualche minuto per parlare dei suoi personaggi.

Buzz Lightyear (la voce è di Alberto Boubakar Malanchino) è il protagonista della storia, come ben sappiamo. Diversamente dal giocattolo di Toy Story, qui vediamo una versione del tutto inedita del personaggio: più umana, piena di dubbi e incertezze, ma  che affronta la vita, e in questo caso pure la prima missione, da solo. Dai film d'animazione precedenti notiamo un altro punto in comune: l'evoluzione di Buzz. Anche in Lightyear quest'ultimo capirà l'importanza del gioco di squadra: non è lui a dover salvare tutti, ma può aiutare - e farsi aiutare - a raggiungere tale scopo. Da un assolo, dunque, diventa una missione di gruppo, dove ogni componente avrà un suo ruolo. Tra gli altri personaggi spiccano il gatto robot Sox (Ludovico Tersigni), figura creata da Alisha per supportare psicologicamente Buzz nelle sue disavventure. Al dolce Sox dobbiamo in parte le battute più entusiasmanti, e questo crea un problema: la sua forte presenza spesse volte pone in secondo piano il protagonista della vicenda.

Infine, parlando dei personaggi, possiamo dire che tutti fanno la propria parte nel film d'animazione, ma pochi sono caratterizzati a dovere. Anche uno dei temi portanti, di cui vi parleremo a breve, diventa sempre più ridondante con il passare del tempo, poiché nella pellicola ogni personaggio affronta i propri limiti, ma lo fa con lo stesso stato d'animo e le stesse conclusioni.

Lightyear, la recensione: le tematiche

Come abbiamo già accennato nella nostra recensione di Lightyear - La vera storia di Buzz, la concezione del tempo è molto diversa in tale contesto, e porta con sé una riflessione ancora più "dilatata" e connessa all'importanza di vivere l'attimo, accettando i compromessi, per non perdersi ciò che di buono la vita ci offre, che sia un amico caro, una famiglia, un amore. Da qui prendono piede altre mille tematiche in cui gli spettatori potranno certamente identificarsi, scopo che Pixar tiene a raggiungere in ogni suo progetto. Tra queste, la necessità di comprendere che la determinazione è sì un buon punto di partenza per portare a casa la vittoria, ma è anche importante capire quando è il caso di fermarsi, riflettere, e cominciare una nuova vita, accettando il fallimento personale.

La pellicola ha introdotto anche la relazione tra due donne nella storia, inclusa la nascita di un bambino, il che non fa altro che valorizzare la lotta per l'inclusione che Disney sta portando avanti da anni. Ma il rapporto d'amore a cui si dovranno gran parte delle emozioni è un altro, quello tra Buzz e Alisha; una relazione amicale che vola sempre più in alto con il passare dei minuti e grazie alla quale la frase "verso l'infinito e oltre" acquisterà un senso ancora più profondo.

Un'altra riflessione pungente è data dal personaggio di Zurg, introdotto nella serie di film di Toy Story (su Amazon trovate l'originale in Blu-ray) e ripreso in Lightyear. L'idea di riportare sullo schermo la nemesi di Buzz con un'identità del tutto originale è ottima, così come il design che richiama il Dart Fener di Star Wars (anche la sua astronave prende ispirazione dalla saga). Non possiamo certo lamentarci della grafica e degli effetti speciali - da sempre il fiore all'occhiello di Pixar - che, pur omaggiando gli anni '80, se ne allontanano per dare spazio alla modernità e alla tecnologia avanzata, a partire dal gatto Sox. Tornando alle tematiche, la trama relativa a Zurg porta a chiedersi se sia più importante vivere quel che resta della vita senza perdere altro tempo, o continuare a pensare alla possibilità di tornare indietro, rischiando di sacrificare l'esistenza degli altri e ancora una volta il bene più prezioso: l'amore. Perché è di questo che si parla in Lightyear - La vera storia di Buzz, di amore.

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