Lost, l'insostenibile pesantezza delle aspettative

Parliamo oggi del fenomeno Lost, che più di dieci anni fa ha stregato gli appassionati e rilanciato la serialità televisiva. Fenomeno che purtroppo non è finito come sperato, ancora oggi una ferita aperta per molti fan. Scopriamo insieme perché.

Avatar di Andrea Balena

a cura di Andrea Balena

Sì lo so, Lost è iniziato dodici anni fa. Sì lo so, è finito sei anni fa. E no, nessun emittente o servizio di streaming lo sta per ritrasmettere. Però eccoci qui, a confrontarci con la sua pesante eredità. La produzione più famosa di J.J. Abrams sul piccolo schermo è un prodotto che ancora oggi fa discutere, a causa di un finale che ha deluso praticamente tutti i fan e di una gestione della sceneggiatura altalenante nelle ultime due stagioni -  che insisteva nel mettere carne al fuoco piuttosto che chiudere le questioni irrisolte.

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Lost ha però segnato l'inizio di una nuova era dell'intrattenimento televisivo, era che stiamo vivendo ancora oggi: la formula del mistero sfruttato a livello di marketing non è nuova nel settore (il vero apripista in tal senso fu Twin Peaks) e Abrams, come in altre sue opere, ha sfruttato il concetto nel migliore dei modi, ottenendo un riscontro di critica e pubblico impressionante. Ogni settimana Internet si trasformava in un covo di studiosi che analizzavano frame per frame la nuova puntata, formulando nuove teorie ai misteri che circondavano l'Isola.

Lost, cofanetto sei stagioni Lost, cofanetto sei stagioni
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Come confermato dagli stessi autori tempo dopo, la gestione della sceneggiatura si rinnovava annualmente, seguendo le reazioni e gli umori del pubblico. Alla fine, l'esperienza di Lost si è rivelata essere una palafitta a cui si cambiava la struttura portante di anno in anno, piuttosto che un palazzo dalle solide fondamenta. Era quindi inevitabile che alla fine sarebbe crollata sotto il suo stesso peso.

Torniamo al 22 settembre 2004, il giorno in cui fu trasmesso l'episodio pilota nella realtà e in cui si schiantò il volo Oceanic 815 nella finzione (uno dei magistrali tocchi di classe dell'iperrealtà creata da Abrams); è il momento in cui cominciamo a seguire la storia dei sopravvissuti, bloccati su una innominata isola nell'oceano Pacifico. Sin dalla prima notte cominciano a verificarsi eventi strani, come misteriosi rumori provenienti dalla foresta e uno strano messaggio radiofonico registrato in francese. Mentre i superstiti creano un campo base di fortuna, noi spettatori seguiamo le storie di alcuni protagonisti che, attratti dai misteri sempre più intricati, scoprono oscure verità legate ai loro turbolenti passati.

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I personaggi sono legati a doppio filo con la struttura degli episodi: ogni episodio si concentra su uno di loro e intervalla le sue azioni nel presente dell'Isola con flashback sulla sua vita, sull'ambiente da cui proviene e sugli eventi che lo hanno portato a trovarsi su quell'aereo quel fatidico giorno. Questa tecnica diventata rapidamente una costante nella serie, ha mostrato il suo enorme potenziale quando gli autori hanno iniziato a giocare con queste brevi visioni sui protagonisti, dapprima creando connessioni fra di esse, e in seguito ribaltando tutta la percezione che abbiamo di essi a partire dal finale della terza stagione, ancora oggi il preferito da gran parte dei fan.

La trama diventa abbastanza presto uno scontro ideologico fra il dottore Jack e il cacciatore Locke, che incarnano due filosofie agli antipodi: il primo è un uomo di scienza, crede solo in ciò che vede e riesce a quantificare; il secondo, da quando mette piede sull'Isola, comincia a provare un forte senso di fede religiosa nei confronti di essa e delle strane entità che la abitano. Buona parte dello show poggia su questa dualità, ampliata ed esplorata anche da altri personaggi nei propri cammini di redenzione. È da qui che nascono i primi problemi nella storia, soprattutto quando i punti di vista e le convinzioni dei protagonisti cambiano a volte in maniera immotivata, suscitando molte perplessità negli spettatori più attenti.

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Fra i tanti problemi imputati alla criticatissima sesta e ultima stagione, il più grave rimane decisamente il suo scioglimento forzato degli eventi: le storie dei personaggi sono interrotte di colpo senza un reale compimento, e neanche uno dei tanti misteri accumulati negli anni trova una risposta soddisfacente. Al contrario, gli sceneggiatori continuano ad introdurne sempre di nuovi, fino a perdere quel tanto di credibilità che serve anche nelle trame più fantastiche. Il finale di serie, poi, presenta il più grande Deus Ex Machina mai visto, che ha il sapore di una resa incondizionata degli sceneggiatori -  oramai incapaci di dipanare la matassa che loro stessi hanno creato. Ancora oggi, secondo una stima, ci sono 108 domande irrisolte, su cui i fan hanno fatto solo supposizioni.

Ha senso per un appassionato vedere Lost oggi? In parte sì. Fino alla quarta stagione, la serie può essere ancora considerata un prodotto notevolissimo, capace di emozionare, creare empatia con i personaggi e appassionare per una storia dal grande sapore fantascientifico. Ma le ultime due stagioni fanno colare a picco il prodotto, e la delusione potrebbe rimanervi per molto tempo. Ponderate bene la scelta.