L'ultima notte di Amore, recensione: un avvincente spaghetti noir milanese

L'ultima notte di Amore, di Andrea Di Stefano e con Pierfrancesco Favino, propone al pubblico italiano un ottimo film di genere.

Avatar di Luca Carbonaro

a cura di Luca Carbonaro

Dopo aver diretto Escobar (2014) e The Informer (2019), Andrea Di Stefano torna alla regia con un progetto interamente italiano, ma che non ha nulla da invidiare alle produzioni internazionali. Presentato fuori concorso alla Berlinale 2023, L'ultima notte di Amore rappresenta l'ennesimo tentativo, questa volta ben riuscito, di proporre al grande pubblico italiano un film di genere. Protagonista assoluto l'ormai camaleontico Pierfrancesco Favino, calato nei panni di Franco Amore: poliziotto, marito devoto e servitore dello stato

Di Franco Amore si dice che è Amore di nome e di fatto. Di sé stesso lui racconta che per tutta la vita ha sempre cercato di essere una persona onesta, un poliziotto che in 35 anni di onorata carriera non ha mai sparato a un uomo. Queste sono infatti le parole che Franco ha scritto nel discorso che terrà all’indomani della sua ultima di notte in servizio. Ma quella notte sarà più lunga e difficile di quanto lui avrebbe mai potuto immaginare e metterà in pericolo tutto ciò che conta per lui: il lavoro da servitore dello Stato, il grande amore per la moglie Viviana, l’amicizia con il collega Dino, la sua stessa vita. In quella notte, tutto si annoda freneticamente fra le strade di una Milano in cui sembra non arrivare mai la luce.

L'ultima notte di Amore: il bene nel male

Il titolo del film ha un duplice significato: non rappresenta soltanto l'ultima notte di Franco Amore, bensì anche il grande sentimento che Franco prova per la moglie Viviana (Linda Caridi), una "calabrese purosangue" e donna dal pragmatismo focoso. Due persone che si comportano da normale coppia pronta a litigare su qualsiasi cosa pur amandosi alla follia. A fare da sfondo al loro rapporto, umano e a tratti disfunzionale, c'è una Milano al neon che sin dalla prima inquadratura (girata interamente in elicottero) cattura l'attenzione dello spettatore. Il capoluogo meneghino diventa un substrato sociale in cui l'universo criminale è ben radicato e la comunità cinese domina la scena, senza però mai avere la voglia di effettuare una demarcazione precisa tra buoni e cattivi. In questo scenario borderline operano Cosimo (Antonio Gerardi) e Tito (Carlo Gallo), cugini di Viviana che permettono a Franco di arrotondare il suo misero stipendio impiegandolo come driver e addetto alla security.

Ma questa volta Cosimo ha fiutato un affare irripetibile e che riguarda proprio la comunità cinese e un business di diamanti. Il compito, all'apparenza semplice e veloce, di trasportare il carico dall'aeroporto in città viene affidato proprio al buon Franco che decide di portare con sè il collega e amico fraterno Dino (Francesco Di Leva), inconscio però di averlo immischiato in una burrascosa situazione. Le vicende vengono narrate in un flashback che si va poi a intersecare con la timeline principale in maniera omogenea. Perchè anche il tempo, all'interno dell'ultima notte di Franco Amore, ha un ruolo decisivo.

Milano calibro Amore

Evidente sin dall'inizio del film la voglia di strizzare l'occhio ai polizieschi anni '70, calati in un contesto formale differente. Il primo richiamo esplicito è Milano Calibro 9, celebre pellicola del 1972 diretto da Fernando Di Leo. Ma nel film si riscontrano anche i meccanismi tensivi di Hitchock e gli inseguimenti alla Michael Mann, magistralmente scanditi dalla cerebrale colonna sonora di Santi Pulvirenti (già autore delle musiche di Bang Bang Baby). Inseguimenti e sparatorie che avvengono all'interno di un tunnel lungo la tangenziale, un luogo metaforico che sta a indicare l'affievolirsi della luce all'interno del codice etico di Franco Amore. Il tutto senza far ricorso a effetti speciali e green screen, altro pregio da non sottovalutare.

L'ultima notte di Amore è un film dove gli sguardi sono tutto e ogni personaggio si muove come una pedina nel gioco alla dama. A spiccare è ovviamente la fisicità attoriale di Favino, coadiuvata da tutti gli altri attori che, dal primo all'ultimo, realizzano un mosaico di umanità senza precedenti. Un ulteriore pregio artistico consiste nell'aver girato il film interamente in pellicola e non in digitale, facendo dei colori e delle luci un elemento funzionale al racconto emotivo dell'ultima notte di Franco. Ed è proprio per questo motivo che L'ultima notte di amore merita di essere visto rigorosamente in sala, apprezzandone a pieno l'intensità della scala cromatica.

Una brillante disamina sociale

Franco Amore non ha proprio niente del supereroe, non è un tipo aggressivo né un esaltato, è un uomo normale che si ritrova in una condizione eccezionale, un uomo onesto, che per tutta la sua esistenza è stato fedele a se stesso, al suo modo di vivere la professione e anche la vita. Il suo essere ligio alle regole e la sua correttezza di fondo lo hanno reso un bersaglio facile. "Ti abbiamo scelto perchè sapevamo non avresti reagito" dirà qualcuno in una scena clou del film. Una frase che racchiude l'essenza del personaggio, catapultando lo spettatore in una nuova dimensione narrativa fino all'ultima, ambigua inquadratura.

Quando scorrono i titoli di coda si ha la sensazione di aver assistito a un film intimo, viscerale, a tratti ipnotico. Quella di Franco Amore è una lenta discesa agli inferi di un uomo onesto che accetta il suo destino, una parabola vorticosa all'interno di una cultura sociale dove la burocrazia statale spesso premia i più furbi e gli agenti non si sentono ripagati per gli sforzi fatti. Chiamatelo "spaghetti noir", chiamatelo "polar" o come volete, L'ultima notte di Amore rappresenta una goccia raffinata nell'immenso mare magnum di produzioni nostrane. Il film, uscito il 9 marzo scorso, è ancora in sala grazie a Vision Distribution.