Il posto del super umano

L'Uomo Bicentenario fu il primo film hollywoodiano ad adattare l'opera di Isaac Asimov. Mostrò che era possibile portare su schermo il lavoro di questo scrittore, e seppe toccare con successo alcuni temi fondamentali della narrativa sia scritta sia filmata.

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a cura di Tom's Hardware

Per il nostro Pinocchio resta però ancora un problema: la questione dell'immortalità. Come dice la più alta assemblea di governo al mondo che Andrew interpella per ratificare la sua umanità:

La società può tollerare un robot immortale ma non accetterà mai un umano immortale.

Se è vero che gli umani non dovrebbero investire sentimentalmente nel rapporto con una macchina perché questa potrebbe non ricambiare con lo stesso tipo di sentimenti, d'altro canto anche per Andrew non è un buon affare affezionarsi a esseri umani destinati a invecchiare e morire. Sarà proprio quella del fedele androide l'ultima mano stretta sia dal suo padrone sia da sua figlia Amanda in punto di morte. Ricorre spesso nel film il tema visivo delle mani dell'uomo e della macchina che si stringono, via via sempre più simili. Così, upgrade dopo upgrade (o downgrade a seconda dei punti di vista), Andrew finisce con l'acquisire tutte le caratteristiche di un corpo umano, anche la possibilità di invecchiare e morire.

Con l'aiuto dello scienziato Burns inventa un set di organi artificiali che sono una profonda transizione dalla meccanica alla biologia perché da una parte avvicinano il robot alla condizione umana; dall'altra allungano la vita dell'uomo, rimediando a malformazioni genetiche o a invecchiamento.

Rispetto al passato, oggi non sembra poi così fantasioso immaginare elettrodomestici antropomorfi che si evolvono fino al punto da mettere in discussione le demarcazioni tra homo sapiens e robot. È una visione del futuro in cui i nostri discendenti (a un certo punto nel film i Martin adottano legalmente Andrew) potrebbero essere qualcosa di molto diverso da ciò che noi oggi definiamo "umano".

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Potrebbero essere individui fabbricati, ovvero usciti da una catena di montaggio o comunque frutto di una qualche profonda manipolazione a livello biologico. Oppure potrebbero essere individui inquadrati nel bacino genetico dell'homo sapiens ma talmente pieni di protesi e potenziamenti biotecnologici da essere sostanzialmente organismi artificiali (e qui si parlerebbe di cyborg, ma è una differenza ben poco rilevante a questo punto, NdC).

L'alterità, lo sdoppiamento, la repressione del Frankenstein non è più una condizione imposta dalla natura o dal divino: è un affare del tutto interno all'umano, una questione culturale che viene dall'uomo stesso, dall'ispezione del suo rapporto profondo e radicato rapporto con la tecnica.