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a cura di Valentina Testa

Divertente, commovente, intimo. Ecco tre aggettivi che definiscono in breve il manga Mamma, questa è l'Italia! ideato, scritto e disegnato da Keiko Ichiguchi.

Una giapponese in Italia

In questo manga l'autrice racconta sé stessa e la sua esperienza di straniera in Italia in un volume impostato in 26 capitoli, diviso in brevi episodi di quattro vignette che sono spesso collegate fra loro per argomento, ma per la maggior parte possono vivere in maniera indipendente.

Lo stile di disegno chibi aiuta a creare un'atmosfera intima, familiare e spiritosa. E in effetti, i deformed dell'autrice sono piuttosto famosi tra i suoi fan che amano le caricature che Keiko Ichiguchi fa di se stessa. Tutto in questo volume è pensato per creare un coinvolgimento con il lettore: dallo stile di disegno all'impostazione grafica e soprattutto al ventaglio di argomenti trattati.

Le storie sono intime, avvincenti, le espressioni create dai deformed sono divertenti e avvicinano ancor più il lettore alle emozioni dei protagonisti: Keiko e il marito Andrea.

Per chi non lo sapesse, l'autrice è sposata con Andrea Venturi, disegnatore di Tex per Bonelli, quindi anche le dinamiche familiari sono piuttosto insolite trattandosi della vita di due fumettisti.

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Leggendo Mamma, questa è l'Italia! si scopre perché Keiko scelga proprio l'Italia, si sbircia nel suo primo appuntamento con Andrea, si empatizza con l'apprensione di un marito italiano per la moglie che viaggia da sola in paesi lontani e si sorride davanti all'apprendimento di un linguaggio emotivo fatto di vezzeggiativi tutti italiani.

Ma, se ancora non bastasse, è giusto dire che l'opera è molto più di questo: vivendo la storia dell'autrice si guarda l'Italia con gli occhi imparziali di uno straniero. I ritmi di lavoro italiani, il rapporto con le nostre istituzioni, le relazioni familiari, le festività, la burocrazia e... il cibo, ovviamente!

Mamma, questa è l'Italia! è un manga che sa essere tenero ed energico contemporaneamente, essendo anche analitico e profondo senza mai risultare pesante o didascalico. Si legge facilmente, le vignette non sono mai troppo piene e non perdono mai il loro ritmo dinamico.

Andrea to issho!

Il volume è stato originariamente pubblicato in Giappone con il titolo Kita Italia mattari manga-ka fūfu nikki ~ Andrea to issho! (che tradotto suona all'incirca "Diario di una coppia di fumettisti sposati del Nord Italia ~ Insieme ad Andrea!") per la casa editrice Takeshobo.

Per Kappalab il volume è stato tradotto con questo titolo evocativo probabilmente per sottolineare l'intimità della narrazione, quella di una figlia che racconta la sua vita in Italia a una madre giapponese che sta in pena per lei dall'altra parte del mondo. Il nostro paese può essere difficile da comprendere per uno straniero, l'impostazione italiana è talmente differente da quella giapponese che può risultare davvero misteriosa e inafferrabile.

Non chiamatemi Sensei

Keiko Ichiguchi è una nota mangaka giapponese di Osaka che ha scelto l'Italia per vivere e lavorare, precisamente nella città di Bologna. Dopo aver pubblicato alcuni manga e alcuni libri di saggistica rivelando agli italiani i misteri del Giappone in volumi come Tutto quello che avreste voluto sapere sui giapponesi (ma non avete mai osato chiedere)Non ci sono più i giapponesi di una volta, sempre editi da Kappalab, in questo fumetto l'autrice si è data l'obiettivo di spiegare ai giapponesi le bellezze e le contraddizioni dell'Italia.

Quindi, dopo aver aiutato gli italiani a comprendere le sfumature e le contraddizioni del suo paese natale, l'autrice cerca di focalizzarsi sulle abitudini italiane, guardate con gli occhi imparziali di una straniera e soprattutto, cerca di rassicurare la sua mamma che sta in pensiero al pensiero di una figlia così lontana da casa.

Incontrando l'autrice per una sessione di firma copie o per la presentazione di un libro, ci si trova di fronte una persona sorridente, gentile e incredibilmente umile. Disponibile, come solo i migliori artisti sanno essere. Se ci si rivolge a lei con l'appellativo di "Sensei" sorride, si imbarazza e chiede di non essere chiamata così. Per umiltà.