I 10 migliori film sul pugilato

L'emozione di uno scontro di boxe è sempre molto intensa, ma ecco i migliori film sul pugilato da vedere assolutamente.

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a cura di Giovanni Arestia

Con l'arrivo su Disney Plus della miniserie Mike dedicata alla vita di Mike Tyson (recuperate la nostra recensione) rivisitiamo insieme i migliori film sul pugilato.

Il cinema e il pugilato, dal lontano 1894, rappresentano un filone di grande successo per quanto riguarda la cinematografia sportiva. Basti pensare che proprio la pellicola del grande inventore William K.L. Dickson, realizzata per essere riprodotta tramite il kinetoscopio di Edison, fu un grande trampolino di lancio per la prima tecnologia di proiezione cinematografica e servì da precursore per le varie riprese sportive non solo della boxe. Sebbene il pugilato non sia uno sport per tutti, ci sono campioni conosciuti anche dai non appassionati e film che hanno fatto la storia del cinema mondiale. Scopriamo, quindi, insieme i dieci film sul pugilato che devono essere visti almeno una volta nella vita sia dagli amanti di questo antico sport sia da chi magari vuole capirne qualcosa in più. La lista che vedrete poco sotto sarà puramente casuale e non si baserà su una classifica di gradimento.

I migliori film sul pugilato

Rocky

Impossibile non iniziare questa lista con il primo film di una delle saghe cinematografiche più amate, viste e longeve di sempre. Era il 1976 quando John G. Avildsen e Sylvester Stallone portarono per la prima volta al cinema la storia di Rocky Balboa e il successo fu talmente grande non solo da rendere Stallone, attore fino ad allora poco conosciuto, uno dei volti più amati di Hollywood, ma anche di far vincere alla pellicole tre premi Oscar tra cui quello per il miglior film e miglior regia. Come se non bastasse, proprio grazie a Rocky, Stallone divenne il terzo uomo nella storia del cinema dopo Charlie Chaplin e Orson Welles a ricevere la nomination all'Oscar sia come sceneggiatore che come attore per lo stesso film. Il protagonista del lungometraggio è proprio Rocky Balboa, ovvero un pugile di quasi trent’anni che non è mai riuscito a sfondare sul ring. Un giorno arriva a Philadelphia il campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed per festeggiare il bicentenario della fondazione degli Stati Uniti d’America con un incontro di pugilato. Lo sfidante ufficiale si infortuna e la scelta per il sostituto cade su Rocky Balboa, soprannominato Lo Stallone Italiano. La notizia si sparge così velocemente che Mickey (Burgess Meredith), il vecchio allenatore di Rocky, si offre di allenarlo in modo da poter affrontare il campione. Lo scontro sarà epico e inaspettatamente complesso anche per un campione come Creed.

La storia di Rocky è puramente inventata, ma in realtà Stallone prese spunto da una vicenda realmente accaduta e osservata in diretta dallo stesso attore. Era il 24 marzo del 1975 e Stallone era tra il pubblico all’incontro di boxe tra Muhammad Ali e un pugile semisconosciuto di nome Chuck Wepner. L'incontro fu vinto dal noto campione, ma non senza difficoltà: infatti non solo Wepner riusciva a incassare bene molti colpi, ma riuscì a mettere al tappeto Ali durante la nona ripresa. Wepner, alla fine, dovette cedere durante la quindicesima ed ultima ripresa, ma questa grande resistente colpì profondamente Stallone il quale decise di scrivere la storia dal punto di vista dello sconosciuto che mette in difficoltà il campione. Stallone, quindi, propose la storia alla United Artists e disse ai produttori che lui avrebbe dovuto fare il protagonista, ma ci furono dei pareri molto contrari. I produttori, infatti, volevano affidare la parte a un attore più noto come Robert Redford o Burt Reynolds, ma Stallone si rifiutò di cedere la sceneggiatura se non gli fosse stato concesso di interpretare il protagonista e i produttori dovettero accontentarlo.

Per chi non lo sapesse, il nome di Rocky deriva da Rocky Marciano, un pugile italoamericano il cui vero nome era Rocco Marchegiano, che fu campione dei pesi massimi dal 1952 al 1956, unico nella storia ad aver concluso la sua carriera senza sconfitte. Tra i vari soprannomi aveva anche quello di The Italian Stallion, nonché il nome d’arte che lo stesso Stallone aveva adottato durante la sua breve carriera nel softporno. Adriana, invece, venne interpretata da Talia Shire solo perché Susan Sarandon era considerata troppo carina per il ruolo. Forse non lo sapete, ma il vero nome di Talia Shire è Talia Coppola, sorella di Francis Ford Coppola, zia di Nicolas Cage e Sofia Coppola e madre di Jason Schwartzmann. Infine piccola curiosità: nella scena della cella frigorifera, Stallone trascorse così tanto tempo a prendere a pugni le carcasse di animali da danneggiare in maniera irreparabile le sue nocche.

Ali

Alì è un film del 2001 diretto da Michael Mann e interpretato da Will Smith che racconta dieci anni della vita di Muhammad Ali, ex campione del mondo dei pesi massimi, a partire dall'incredibile e inaspettata vittoria contro Sonny Liston, fino allo storico incontro The Rumble in the Jungle disputato in Zaire contro George Foreman, attraversando aspetti più umani come l'amicizia con Malcolm X, il rifiuto di entrare nell'esercito statunitense e la sua adesione all'Islam. La pellicola fu un tale successo da ricevere ben due nomination agli Oscar del 2002 e tre nomination ai Golden Globe dello stesso anno. Inoltre consacrò definitivamente Will Smith perché dimostrò a tutto il mondo di essere in grado di interpretare dei ruoli ben lontani dai suoi soliti personaggi.

Smith ha impiegato ben 14 mesi e 6 ore giornaliere di palestra per calarsi al meglio nei panni del leggendario campione. L’attore ha dovuto anche prendere ben 100 chili di peso, non senza l'aiuto di un esperto ovvero l'allenatore del vero Alì. Quest'ultimo, inoltre, faceva spesso visita sul set per seguire le riprese e fornire consigli a Smith e ai produttori. Questa pellicola rappresenta la prima collaborazione tra il regista Michael Mann e Jamie Foxx e il cast presenta alcuni volti molto particolari. In primis il pugile Joe Frazier è stato interpretato dall’ex-campione mondiale dei pesi massimi dell’organizzazione WBA James “Lights Out” Toney. Poi a interpretare George Foreman, ci fu un altro vero pugile, ovvero Charles Shufford, il quale fu autorizzato a colpire sul ring nel modo più realistico possibile, tanto che per poco non stava per mettere KO lo stesso Will Smith.

Per quanto riguarda, invece, i registi, Mann non fu la prima scelta. Inizialmente, infatti, erano stati scelti nomi come Oliver Stone, Spike Lee e Norman Jewison. Inizialmente pare che la produzione fosse destinata a Stone, il quale propose anche Denzel Washington come attore protagonista. L'attore però firmò per il film Hurricane – Il grido dell’innocenza e Stone decise di dedicarsi al film Ogni maledetta domenica, pertanto Alì passò proprio a Michael Mann.

Million Dollar Baby

La boxe non è uno sport solo per uomini e ce lo spiega con durezza Clint Eastwood con questo film del 2004 che vede l'interpretazione dello stesso Eastwood insieme a Hilary Swank e Morgan Freeman. Il soggetto è tratto da un racconto della raccolta Rope Burns di F.X. Toole mentre il protagonista è Frankie Dunn (Clint Eastwood), uno scorbutico e anziano manager di boxe, che ha come unico amico l’ex pugile afroamericano Eddie ‘Scrap-Iron’ Dupris (Morgan Freeman). I due lavorano insieme in una vecchia palestra di Los Angeles, ma un giorno la loro tranquillità viene turbata dall'annuncio del loro miglior pugile, Big Willy (Mike Colter), il quale pare abbia intenzione di abbandonarli per intraprendere una carriera più solida con un manager più ambizioso. La delusione per tale notizia viene subito soppiantata dall'incredulità quando Maggie Fitzgerald (Hilary Swank), modesta cameriera, decide di voler intraprendere la carriera pugilistica e chiede aiuto proprio a Dunn. La ragazza dimostra di avere un talento naturale e si propone per gareggiare nel circuito mondiale, ma prima dovrà fare i conti con la campionessa Welter, la quale farà di tutto per non tornare a casa a mani vuote.

All'inizio per il ruolo di Maggie Fitzgerald era stata scelta l'attrice Sandra Bullock che, come regista, aveva consigliato Shekhar Kapur. Tuttavia quando i produttori, tra i quali lo stesso Eastwood, si dimostrarono interessati alla produzione del film, l'attrice era già impegnata a girare Miss F.B.I. - Infiltrata speciale e rifiutò l'offerta. Nonostante ciò, la scelta di Hilary Swank si rivelò più azzeccata che mai: l'attrice seguì un durissimo programma di allenamento per preparare il film lavorando in palestra ogni giorno per dodici settimane. Durante il training mise su quasi 9 kg di muscoli e questo, insieme alla sua meravigliosa interpretazione, le permisero di vincere un Oscar. La pellicola in totale, si aggiudicò ben quattro premi Oscar tra cui miglior regia e per tale premio, all'età di 74 anni, Clint Eastwood è diventato il più anziano a vincere tale riconoscimento. Il film venne girato in appena 37 giorni tanto che la preparazione e le riprese vennero realizzate mantenendo la stessa troupe di Mystic River, film realizzato nel 2003.

Due piccole curiosità: la prima è che la Swank, durante le riprese, contrasse un'infezione batterica da una vescica che si formò su un piede durante l'allenamento. L'infezione divenne così grave da rischiare un ricovero ospedaliero, ma l'attrice riuscì a fermare l'infezione appena in tempo chiedendo a malapena una settimana di riposo. Clint Eastwood e gli altri produttori, inizialmente, non furono informati di questa situazione perché, a detta dell'attrice, non era nello stile del personaggio che sta interpretando. La seconda è che la scritta in gaelico "Mo cuishle", che diventa il nome di battaglia di Maggie, è in realtà scritta in maniera errata, perché la versione corretta è "Mo chuisle". Inoltre la traduzione italiana è alquanto libera: il significato letterale è "mio sangue", ma alla fine del film Frankie dice a Maggie che significa "mio tesoro".

Toro Scatenato

Si tratta di uno dei film più importanti nati dalla collaborazione tra Martin Scorsese e Robert De Niro. Datato 1980, ma ambientato negli anni '40, racconta la storia di Jake LaMotta, un tenace e forte pugile che quando sale sul ring e combatte contro gli avversari a suon di pugni, il suo comportamento è quello di un campione pronto a vincere ancora. Quando invece questi tratta la famiglia allo stesso modo, la sua ira è una bomba a orologeria che non può essere controllata. La storia è quella di un pugile che vuole l'amore dei propri cari, ma che si lascia conquistare dall'odio e prende ispirazione dall'autobiografia del pugile Jake LaMotta, Raging Bull: My Story, adattata da Paul Schrader e Mardik Martin.

Prima della produzione del film, fu proprio Robert De Niro a proporre a Scorsese di girare Toro Scatenato. L'attore statunitense fu una vera ancora di salvataggio per Scorsese: infatti, dopo il flop sia di pubblico che di critica di New York, New York, il regista cadde in depressione. La fase produttiva non fu semplice, infatti dopo aver dato una struttura alla sceneggiatura, lo showrunner Paul Schrader decise di lasciare il progetto. Scorsese e De Niro, quindi, dovettero vivere nella stessa casa per due settimane e mezzo e riscrivere tutte le scene e tutti i dialoghi. Le scene di combattimento furono le prime a essere girate e le riprese durarono ben dieci settimane. Lì si scoprì che la tenuta fisica di De Niro era davvero straordinaria, sconvolgendo tutti per la sua grande resistenza: basti pensare che in termini di impegno fisico, il girato delle scene sul ring equivale a quello di 10 film messi insieme. Inoltre nelle scene degli incontri c’era un sacco per allenamenti sul set e fuori campo si poteva sentire De Niro mentre lo prendeva a pugni e poi di colpo entrare nell’inquadratura, sudato e pronto a combattere.

Il film venne girato in bianco e nero per tre ragioni principali: la prima era per evitare il rischio che la pellicola alterasse i colori, la seconda era per riportare su schermo i suoi ricordi della boxe degli anni Quaranta, come avveniva con i cinegiornali e le foto dell’epoca e la terza era per non mostrare colori tutto il sangue previsto nella sceneggiatura. Proprio per quest'ultimo aspetto, Scorsese decise di utilizzare delle spugne posizionate all'interno dei guantoni e dei tubicini tra i capelli dei pugili per simulare schizzi e rivoli di sudore e sangue. Infine piccola curiosità sulla colonna sonora: il compositore Frank Warner usò, tra gli altri, rumori di colpi di fucile e di angurie che si rompevano, ma non rivelò mai in che modo vennero realizzati gran parte degli effetti. Il segreto fu tale che arrivò a distruggere tutti i nastri degli effetti al termine della realizzazione del film, in modo che nessun altro potesse utilizzarli.

Cinderella Man – Una ragione per lottare

Ispirato alla storia vera del pugile James J. Braddock che, dopo essersi ritirato dalla boxe in seguito ad una serie di sconfitte, non riesce a trovare un lavoro e pian piano deve vendere tutto ciò che possiede per sfamare la propria famiglia. Costretto ad usufruire del sussidio di disoccupazione e disperato per la condizione in cui versa tutta l'America nel pieno della Grande Depressione, Jim decide di tentare il tutto per tutto tornando sul ring. Cinderella Man è un film del 2005 che vede alla regia Ron Howard e Russell Crowe nei panni di protagonista.

Durante le riprese a Toronto, molte zone della città vennero riallestite per apparire come la New York degli anni '30. Sono state ricreate false facciate di negozi e semafori e sono state utilizzate numerose auto d'epoca. Tutte le riprese si svolsero di notte per evitare che durante il giorno si dovesse interrompere la circolazione e creare disagi agli abitanti. Oltre al celebre Russell Crowe nel cast spiccarono altri personaggi illustri. Innanzitutto Rosemarie DeWitt (Sara Wilson) è la nipote del vero James J. Braddock, poi alcuni pugili professionisti interpretarono gli avversari di Crowe e la produzione disse loro di sferrare i colpi il più vicino possibile al corpo dell'attore, a volte arrivando a ferirlo quando non si rendevano conto di essere andati troppo vicini. Quest'ultime sequenze furono così brutali che Russell Crowe, in una dichiarazione, disse che girare Cinderella Man fu "da quattro a cinque volte più difficile de Il gladiatore". Non a caso l'attore soffrì di diverse commozioni cerebrali ed ebbe parecchi denti rotti.

Il direttore della fotografia Salvatore Totino, grazie a questo film, inventò la "tire-cam", ovvero una videocamera imbottita posizionata all'interno di una gomma protettiva e di un plexiglas. Ciò consentì ai pugili professionisti di colpire la gomma per creare reazioni realistiche da un punto di vista in prima persona. Purtroppo, però, nonostante il successo del film (soprattutto postumo perché inizialmente non riuscì a guadagnare moltissimo) la critica, i familiari di Max Baer e molti analisti di boxe, accusarono la produzione di aver dipinto in maniera del tutto falsa proprio la figura di Baer. Nel film viene mostrato come il vero cattivo che si comporta in maniera appropriata sia fuori che dentro il ring finendo, addirittura, per aver ucciso due avversari. Baer, in realtà, uccise solo Frankie Campbell e questo evento lo perseguitò per il resto della sua vita arrivando, persino, a pagare per l'istruzione universitaria dei figli del suo avversario.

La morte di Frankie Campbell, però, fu anche colpa dell'arbitro che non fermò la lotta nemmeno quando Campbell rimase appeso e privo di sensi alle corde. Dopo il combattimento Baer si sedette negli spogliatoi con Campbell e la sua famiglia, tenendo la mano di Campbell, mentre aspettavano l'ambulanza. Quando il giorno dopo scoprì che il suo avversario era morto, Baer scoppiò in lacrime. Nel film Baer viene accusato anche della morte di Ernie Schaaf, ma in realtà la lotta con Baer fu solo una causa indiretta della sua morte e questo venne sostenuto anche dalla stampa del tempo.

The Boxer

The Boxer è un film del 1997 diretto da Jim Sheridan che venne presentato al 48º Festival di Berlino come pellicola di apertura. Racconta la storia di Danny Flynn (Daniel Day-Lewis), un ex atleta di box membro dell’IRA che, dopo essere stato in carcere per quattordici anni, viene rilasciato e fa ritorno nella sua dimora a Belfast dove spera di poter cominciare una vita nuova. Dopo aver incontrato il suo ex allenatore Ike (Ken Stott), decide allora di ristrutturare la vecchia palestra così da offrire la sua competenza pugilistica soprattutto ai ragazzi di strada. Mentre risistema la struttura, sotto il ring emergono alcune armi di proprietà dell’Ira che decide di buttare nel fiume. Questo gesto provoca la reazione rabbiosa del tenente Harry Gerard McSorley (Gerard McSorley) e un omicidio che segna l'inizio della fine.

Per prepararsi al film, Daniel Day-Lewis fece boxe e si allenò per tre anni. Il suo allenatore, Barry McGuigan, famoso commentatore regolare di combattimenti, durante un'intervista dichiarò che l'attore era così bravo e così serio riguardo al suo allenamento che avrebbe potuto facilmente disputare veri incontri di boxe contro i migliori combattenti della sua classe di peso di quegli anni. Sebbene sia ambientato a Belfast, inoltre, il film venne girato quasi esclusivamente nelle fatiscenti dockland e nell'area di Sheriff Street. Il complesso di appartamenti utilizzato nel film, già destinato alla demolizione, fu mantenuto integro fino al completamento delle riprese. Da allora l'intera area è stata riqualificata e ora contiene diverse sedi di società multinazionali, un college, hotel, ristoranti esclusivi, una stazione ferroviaria e appartamenti da un milione di dollari. L'IRA, nella realtà, aveva una roccaforte in quest'area tra gli anni '80 e l'inizio degli anni '90. Ora è popolato da numerose nazionalità che non hanno idea della storia repubblicana della regione.

Girlfight

Girlfight è un film del 2000 diretto da Karyn Kusama e interpretato da Michelle Rodriguez. La pellicola, grazie ai vari apprezzamenti da parte della critica internazionale, ha vinto numerosi premi in vari festival, come ad esempio i National Board of Review, Deauville Film Festival, Independent Spirit Awards, Gotham Awards, Las Vegas Film Critics Sierra Awards ed altri ancora. Il film racconta la storia di Diana Guzman (Michelle Rodriguez), una giovane ragazza che vive in un quartiere popolare di Brooklyn insieme al padre Sandro (Paul Calderon), un tipo violento, e a Tiny (Ray Santiago), il fratello introverso. A causa della situazione tutt'altro che felice della famiglia, la ragazza si trova spesso a scontrarsi con i suoi coetanei in particolare a scuola. Un giorno scopre la boxe andando nella palestra dove si allena il fratello, ma nonostante fosse affascinata da quel mondo essere una donna non l'aiuta a emergere. Almeno fino a quando anche l'allenatore non comprende il suo talento e l'aiuta a realizzare il suo sogno.

Questo film è importante non solo per le tematiche trattate, ma anche perché segna il debutto registico di Karyn Kusama e il debutto cinematografico di Michelle Rodriguez che venne scelta, alla sua prima audizione, tra altre 300 attrici che sognavano il ruolo di protagonista. Quest'ultima si allenò per ben due mesi prima dell'inizio delle riprese (quest'ultime sono durate appena 30 giorni). La produzione del film fu tutt'altro che semplice, infatti dopo che vari finanziamenti fallirono poco prima dell'inizio delle riprese, il regista John Sayles, per il quale la regista Karyn Kusama aveva lavorato come assistente, si è fatto avanti decidendo di fornire i fondi necessari per l'intero film.

Stasera ho vinto anch'io

Non è un film nuovissimo, anzi è proprio uno dei più vecchi di questo elenco, ma è anche uno dei più belli e dei più riusciti riguardanti proprio la boxe. Stasera ho vinto anch'io, il cui titolo originale è The Set-Up, è un film del 1949 diretto da Robert Wise che venne presentato in concorso al terzo Festival di Cannes. Il soggetto da cui prese spunto era il poema di Joseph Moncure March, la cui sceneggiatura di Art Cohn tolse la componente raziale (nel 1948 March si offrì volontario per lavorare a questo film, ma fu rifiutato. In seguito rimase irritato dal fatto che il suo pugile nero Pansy Jones fosse stato cambiato con il bianco Stoker Thompson). La storia racconta le vicissitudini di Stocker Thompson, un pugile la cui carriera è in caduta, ma che spera ancora di poter conseguire dei brillanti successi. Seguito da un manager senza scrupoli, Stocker riesce a vincere un importante incontro in maniera onesta causando ingenti perdite agli scommettitori, ma questa sarà la sua ultima volta che salirà sul ring.

La scelta di Robert Ryan come protagonista non fu casuale, infatti ai tempi del college, al Dartmouth College, era un campione di pesi massimi di boxe. Inoltre questo è uno dei pochi film sul pugilato ad avere entrambi i protagonisti del match principale esperti di boxe: oltre a Ryan, infatti, anche Baylor era stato un professionista con un record di 52-2. Tra i fan più illustri di Stasera ho vinto anch'io vi è Martin Scorsese, il quale rimase così colpito dalle sequenze di boxe che dovette evitare deliberatamente di copiare i trucchi della macchina da presa di Robert Wise quando iniziò la produzione di Toro scatenato (Martin Scorsese mostrò il film anche a Leonardo DiCaprio prima di girare The Aviator).

Sempre dal punto di vista tecnico, la pellicola venne elogiata per essere uno dei primi esempi di lungometraggi a usare la tecnica del tempo reale, cioè il film dura esattamente come gli eventi che tratta. Robert Wise, inoltre, utilizzò tre telecamere per catturare le scene di boxe: una in grado di vedere l'intero ring, una focalizzata sui combattenti e una portatile per scatti veloci e primi piani. Riguardo alla scelta dell'attore protagonista, il regista in seguito rivelò che era disposto a scegliere un attore nero come personaggio principale, tuttavia poiché all'epoca non c'erano attori di spicco afroamericani a Hollywood, fu obbligato a cambiare il personaggio con un uomo bianco.

The Fighter

The Fighter è un film del 2010 diretto da David O. Russell che prende ispirazione dalla vita e dalla storia sportiva del pugile americano di origine irlandese Micky Ward, campione nella categoria pesi leggeri, celebre per aver incontrato per tre volte il pugile di origine italiana Arturo Gatti, e del suo fratellastro, pugile per un breve periodo e allenatore di Ward, Dicky Eklund. Quest'ultimo, nella sua breve carriera pugilistica, è conosciuto per aver incontrato il campione del mondo degli anni settanta Sugar Ray Leonard. La pellicola racconta la storia di Dickie, ex pugile e orgoglio di una intera cittadina, caduto in disgrazia. Nel frattempo il fratello Micky si allena per intraprendere la stessa strada. La sua carriera è appena agli esordi e viene gestita dalla madre Alice. Nonostante l'impressionante talento, il giovane fatica a raggiungere gli stessi livelli dell'ex campione di famiglia. Nel cast figurano anche volti noti del calibro di Mark Wahlberg eChristian Bale.

La pellicola doveva inizialmente essere diretta dal regista Darren Aronofsky, lo stesso che nel 2008 diresse la pellicola di successo The Wrestler, e il ruolo di Eklund doveva essere affidato a Brad Pitt. Quest'ultimo, però, rinunciò perché impegnato in altri progetti e al suo posto fu proposto Matt Damon. Dopo l'abbandono del regista newyorkese la regia del film venne affidata a David O. Russell e il ruolo del fratellastro di Mark Wahlberg venne ufficialmente affidato a Christian Bale che per interpretarlo si sottopose nuovamente ad una trasformazione drastica del suo fisico. I due protagonisti, inoltre, si sottoposero a un estenuante allenamento sotto la guida del pugile filippino Manny Pacquiao.

Christian Bale trascorse molte ore con il vero Dicky Eklund per imparare a emularlo correttamente. Dovette anche perdere quasi 15 chili perché Eklund era un drogato di crack negli anni in cui è ambientato il film. Il regista David O. Russell, in seguito, rivelò che questa scelta da parte dell'attore era molto più di un semplice mimetismo: "Dicky ha un ritmo tutto suo, una sorta di musica. Christian doveva capire come funziona la sua mente". Nonostante questo avvicinamento, dopo l'uscita del film, durante un'intervista con George Lopez, il vero Micky Ward affermò che a Dickey Eklund non piacque particolarmente la scena in cui Christian Bale si butta in un cassonetto. Secondo Eklund, in realtà, saltò da un piano più alto e non c'era nessun cassonetto a prenderlo. Infine piccola curiosità che riguarda, nuovamente, Scorsese: Mark Wahlberg invitò la sceneggiatura a Martin, sperando che avrebbe accettato di dirigere la pellicola, ma il regista si rifiutò per seguire altri progetti.

Creed

Concludiamo questa lista con Creed, film del 2015 diretto da Ryan Coogler (lo stesso di Black Panther), con protagonisti Michael B. Jordan e nuovamente Sylvester Stallone (anche se quest'ultimo, per la prima volta nella storia del franchise Rocky, non comparve tra gli sceneggiatori). Si tratta, infatti, di uno spin-off molto ben riuscito della saga di Rocky Balboa, la cui storia si svolge nove anni dopo gli eventi del settimo film della celebre serie cinematografica. Il film è dedicato alla memoria di Robert Chartoff, storico produttore della serie Rocky, deceduto prima dell'uscita del film. La storia, brevemente, racconta l'avventura del leggendario lottatore Rocky Balboa il quale torna sul ring per allenare un giovane campione: il figlio del suo vecchio avversario, Apollo Creed, che ha deciso di dedicarsi al pugilato nonostante il padre sia morto durante un incontro. Il nome del figlio? Adonis, riferimento al semidio Adone.

Grazie alla sua incredibile interpretazione, Sylvester Stallone ottenne la sua seconda nomination agli Oscar come attore non protagonista (in Rocky, ovviamente, era il protagonista). Non riuscì a vincere l'ambito premio degli Academy Awards, ma si portò comunque a casa un ugualmente prestigioso Golden Globe. Il film ricevette anche l’approvazione pubblica di Carl Weathers, l'attore che nei primi quattro film di Rocky interpretò Apollo Creed: apprezzò, soprattutto, l’interpretazione di “suo figlio” Michael B. Jordan. Una curiosità riguarda la scena in cui Creed finisce al tappeto: Sylvester Stallone, prima delle riprese del film, rivelò in un talk show che in tutti i Rocky c'era stato almeno un caso in cui era stato messo al tappeto e in un certo senso era diventata una sorta di "tradizione" per il franchise. Dopo aver appreso questo aspetto, Michael B. Jordan accettò di girare deliberatamente una scena del genere per mantenere viva la suddetta "tradizione".