Mike Allred: da Madman a X-Statix

Dalla creazione di un eroe sui genersi come Madman sino ai lavori sulla più particolare formazione mutante Marvel: ecco a voi Mike Allred!

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a cura di Luca Frigerio

Per la terza puntata della mia rubrica, arrivata in perfetto orario con solo un ritardo abominevole, avevo l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda la scelta dell’autore. All’improvviso, come nelle migliori storie che si raccontano nelle lunghe sere nei pub, mi è apparso chiaramente il nome dell’artista. Ovvero Mike Allred.

Chiariamo subito due punti: il primo è che Mike Allred è un grandissimo autore, il secondo è che non parlerò di “Bowe – Stardust, rayguns & moonage daydreams”, non perché non sia ben fatta ma solo perché il sottoscritto non apprezza il Duca Bianco (e con questa ultima affermazione mi sono appena fatto una moltitudine di nemici).

Parleremo, invece, di due delle sue opere: il pluripremiato Madman e di X-Statix. Il primo perché è uno dei miei fumetti preferiti, con livelli di poetica e di umanità per me devastanti. X-Statix perché vede come sceneggiatore Pete Milligan, uno dei miei punti di riferimento nel campo della scrittura; ma partiamo dall’inizio, o quasi.

Madman

Fine anni novanta.

Dopo un’esperienza con la Slave Labor Graphics, il buon Mike fa esordire il personaggio di Madman su “Grafik Muzik” una rivista antologica della Caliber Press per poi traslocare alla Tundra Publishing nel 1992: forse alcuni di voi conosceranno molto poco queste case editrici ma negli anni novanta in America, così come in Italia per certi versi, ci fu un’esplosione di case indie che pubblicavano di tutto.

La sopracitata Tundra fu creata da Kevin Eastman, uno dei due padri delle Tartarughe Ninja e, ancora prima dell’Image, fu una delle prime case dove gli autori mantenevano i diritti delle loro opere e il controllo creativo delle stesse; aveva anche un catalogo di tutto rispetto come “Il Corvo” di James O’Barr, “From Hell” di Alan Moore e Eddie Campbell o “Cages” di Dave McKean. L’esperienza della Tundra durò tre anni ma fu seminale e modificò il mondo del fumetto statunitense sia per i temi trattati che per la qualità cartotecnica dando nuovi impulsi a un settore che ciclicamente si rinnova, inglobando aspetti e tematiche più sperimentali.

Ma il viaggio di Madman non è ancora finito: dopo la chiusura della Tundra si trasferirà alla Dark Horse per poi approdare all’Image Comics; la cosa singolare è che anche la vita editoriale italiana dell’eroe di Allred è stata un continuo trasloco: dalla Smoothouse Publishing alla Magic Press passando per la Play Press fino ad arrivare alla Panini Comics.

Quindi, 1992, Madman fa la usa apparizione definitiva. Ma chi è esattamente? È Zane Townsend, un agente della Tri-Eye Agency morto in un incidente d’auto e resuscitato (e ricucito) da scienziati geniali, il Dottor Egon Boiffard e il Dottor Gillespie Flem. Non ricordando nulla della sua precedente vita - neanche il suo nome - venne chiamato Frank Einstein prendendo il nome e il cognome dai due miti del Dottor Boiffard ovvero Frank Sinatra e Albert Einstein.

Frank ha ora la pelle blu, riflessi da vero supereroe e deboli poteri mentali. Penserete che sia il perfetto incipit di un fumetto triste e pesante. Niente di più sbagliato: Madman è un inno alla gioia di vivere dove la tragedia e la leggerezza convivono (quasi) serenamente come nella vita di molti di noi: ha una ragazza che ama infinitamente e amici con cui vive folli avventure per il mondo, non disdegnando di incontrare personaggi del calibro di Superman e Hellboy.

È un fumetto profondamente influenzato dagli anni sessanta, anche grazie al fondamentale apporto della moglie di Mike, Laura Allred, che si occupa della colorazione visibilmente figlia degli sixities o alla presenza di nemici come i Beatnik mutanti, ovvero normali Beatnik trasformati da… eviterò spoiler per non rovinarvi il piacere della lettura. Ma come è forte la presenza degli anni sessanta è altrettanto profondo l’amore verso i supereroi del decennio successivo come Captain Marvel e Adam Warlock, alfieri di una fantascienza psichedelica e matura.

Il terzo elemento caratteristico di Madman è il rapporto che Frank Einstein ha con sé stesso, ovvero una ricerca profonda e filosofica del proprio IO spesso rappresentata con monologhi del personaggio che ci mostrano il suo lato più nascosto e vero, i suoi dubbi ma anche il suo carattere ingenuo (anche se comunque ottimista) che gli permette di non rimanere schiavo di un passato che sa di avere ma che non ricorda.

Non ho ancora parlato, però, del talento di Allred nel portare su carta questo tripudio pop: uno stile che potrebbe esser scambiato per semplicistico è in realtà il bilanciamento perfetto tra eleganza e sense of wonder. I personaggi sono pieni di vita e dinamicità e, anche se “estremi”, hanno sempre quell’eleganza che non li rende mai sgradevoli; inoltre le figure femminili risultano sensuali e realistiche come Joe Lombard, la compagna di Madman, personaggio tridimensionale e non solo mera fidanzatina da salvare.

Fondamentalmente Madman è uno dei due più bei fumetti indie nati in quel periodo - l’altro è Hellboy - alfiere di una terza via nel decostruire e ricostruire i supereroi che troverà nello “Starman” di James Robinson e Tony Harris la perfezione.

X-Statix

Ora, se Madman è tutto questo e molto di più, X-Statix è una ricetta con ingredienti che non accostereste mai, ovvero:  X-Force,  Pete Milligan,  Mike Allred. Andiamo per ordine. X-Force è un gruppo mutante creato da quel genio moderno che è Rob Liefeld (su di lui torneremo nelle prossime settimane). Prese il posto di una serie Marvel chiamata New Mutants che trattava di giovani mutanti e se New Mutants aveva una certa dose di malinconia e tristezza, X-Force era Liefeld al 100% ovvero sparatorie, mazzate, trame al minimo (ma non stupide) e anatomie “particolari”.

Di Pete Milligan ho più difficoltà a scrivere in maniera obiettiva perché è il creatore, con Duncan Fegredo e Sherilyn Van Valkenburgh, di “Enigma” forse uno dei miei tre fumetti preferiti in assoluto - se non l’avete (ancora) letto abbandonate la lettura di questo articolo, andate a comprare questa splendida miniserie targata Vertigo e poi tornate qua.

Ora che siete tornati vi posso dire che Milligan è uno dei migliori sceneggiatori della cosiddetta “British Invasion” che trasformò radicalmente il fumetto statunitense prima e quello mondiale poi. Di Mike Allred abbiamo già parlato, aggiungo solamente che il suo tratto era quanto di più lontano dallo stile Marvel dell’epoca, anche se figlio degli anni d’oro della Casa delle Idee.

E quindi come finirono questi due a lavorare su una testata mutante, vera gallina dalle uova d’oro per la Marvel? Grazie a Joe Quesada, disegnatore di grandissimo talento diventato in quegli anni editor in chief della casa editrice che stava affrontando una crisi economica e creativa senza precedenti.

Quesada voleva svecchiare e rinnovare il parco testate affidandolo a team artistici molto differenti tra loro: nello specifico X-Statix portava un gruppo di supereroi al tempo dei reality show così in voga in quegli anni. Le ragioni e le motivazioni, spesso drammatiche, che spingevano gli eroi venivano sostituite dalla fama, dalla ricerca della ricchezza a scapito degli ideali e chiaramente questo sollevò parecchie critiche verso il fumetto e i suoi autori rei anche di far morire spesso i personaggi della testata; il climax troverà il suo apice nell’ultimo albo della serie, il ventiseiesimo, dove tutta la squadra verrà uccisa, cosa totalmente impensabile nel fumetto mainstream dove le resurrezioni o le finte morti sono all’ordine del giorno.

X-Statix chiuderà perché sconfitto dal nemico più inesorabile: le scarse vendite. Questo non vuol dire che fosse un fumetto brutto, solo che era un’opera che derideva ferocemente i meccanismi alla base della nostra società e degli altri fumetti, trovando poco terreno fertile nei lettori più tradizionalisti. Per il sottoscritto merita una lettura attenta poiché non è certo il migliore dei lavori di entrambi gli artisti ma rimane sicuramente un fumetto coraggioso e coerente nel suo essere crudele con sé stesso in primis.

Sul finale, una chicca nozionistica. Si è parlato moltissimo dell’influenza della Pop Art nel lavoro di Mike Allred, dell’importanza della colorazione in Madman adottata da sua moglie, la bravissima Laura Allred ma c’è un piccolo particolare: Mike è daltonico. Roba da Madman! (Ecco, forse in inglese la battuta funzionava meglio!)

Se siete incuriositi dall'arte di Mike Allred, vi consigliamo la lettura del primo volume di Madman