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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Ispirato al romanzo di David Morell del 1972 "Primo Sangue" (First Blood, da cui il titolo del primo film), la serie di Rambo è stata a lungo il paradigma del cinema d'azione tanto da divenirne, di fatto, un sinonimo.

I motivi sono tutti da ricercare nel primo film, datato 1982, che nonostante il gap temporale, riuscì comunque a far leva su di un grande problema dell'America dell'era post-Vietnam: il reinserimento dei veterani.

Il Vietnam aveva distrutto lo spirito nazionale americano, ne aveva frammentato l'identità e la sconfitta ad opera di "Charlie" aveva non solo indebolito la fiducia della popolazione verso la nazione, ma aveva anche risvegliato il dubbio negli stessi arruolati, di sentitisi abbandonati dalla nazione al ritorno a casa.

E così Rambo è un veterano alla ricerca del suo posto del mondo. Un uomo che è stato addestrato a fare la guerra, con la prospettiva di non fare null'altro. Stallone, che all'epoca era forte del successo di Rocky, si innamorò subito del progetto ed anzi si impegnò a riscriverne molti passaggi.

Il Rambo di Stallone è differente dal rambo di Morell. È un personaggio umano, fragile, insicuro, di molto distante dalla fredda e spietata macchina che traspare dal romanzo. Questa differenza sostanziale fu la base del successo del franchise, tanto al box office quanto per la critica.

Purtroppo, proprio il successo del pubblico e la relativa necessità di creare nuove storie per il perosnaggio, portarono a un progressivo allontanamente della serie dalle sue premesse "sociali", traghettando Rambo sempre più apertamente verso il film d'azione più generale.

Rambo III, amato e odiato dai fan, e forse l'emblema principale di questo passaggio. John Rambo è ormai un uomo dedito alla violenza, con ben poche dietrologie e dalla scarsa verve politica. 

Un approccio in qualche modo sovvertito dal quarto capitolo che, anzi, per le sue tematiche fu persino bandito in Birmania diventando un manifesto liberale di alcuni movimenti giovanili.