Mooncop (Tom Gauld) - Recensione

Un fumetto dell’autore rivelazione Tom Gauld, che con il suo stile minimalista riesce ad arrivare, e con semplicità, a mostrarci pregi e difetti della nostra cara e vecchia umanità.

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a cura di Giovanni Toro

Se riusciste a vedere con gli occhi di un bambino che non ha cognizione del mondo cosa vedreste attorno a voi? Forse una serie di forme senza significato o l’essenza delle cose spogliate finalmente dei loro orpelli? Una bella domanda su cui riflettere con già una possibile risposta: il lavoro grafico e fumettistico di Tom Gauld.

Meglio precisare però una questione importante: il bambino vede ma non guarda. Il vedere è un atto istintivo, naturale e non presuppone nessun intento; con il guardare le cose cambiano e Tom Gauld lo sa benissimo perché guarda per bene le questioni umane e le descrive, disegnandole con semplicità e nel contempo con cognizione di causa.

Ed è proprio qui che si voleva arrivare per parlare del suo ultimo lavoro intitolato: “Mooncop – poliziotto lunare”.

Mooncop

Tom Gauld nasce in Scozia nel 1976 e il suo talento lo ha portato a lavorare per testate come il Guardian, Il New York Times e il New Scientist. Si è costruito un background artistico all’Edinburgh College of Art e al Royal College of Art e presto ha trovato nel web uno strumento potente.

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Il suo stile piace per l’immediatezza grafica, una semplicità che potrebbe quasi sembrare infantile, ma sarebbe un giudizio ingenuo. Qui sta la sua forza: nell’essere sintesi della forma ed espressione del contenuto, un po’ come dovrebbero vedere gli occhi di un bambino se fossero riportati nella testa e nell’esperienza di un uomo adulto.

Mooncoop racconta la storia, all’apparenza semplice, di un poliziotto inviato sulla Luna per fare il suo lavoro. L’umanità ha raggiunto ormai abili capacità in fatto di conquiste spaziali e così la ritroviamo a colonizzare il suolo lunare replicando i modelli di società terrestre.

E come accade per un bambino viziato che si stanca subito dei suoi giocattoli, anche l’umanità di Mooncop si stanca del suolo lunare e così in molti decidono di lasciare la Luna per tornarsene sulla Terra in cerca di altre avventure e altre strade da percorrere. Dapprima sembra che il fenomeno sia circoscritto solo ad alcuni abitanti poi la fuga diventa l’affare del momento al punto che il poliziotto rimane da solo. Non propriamente solo ma il resto lo scoprirete leggendo il fumetto...

Tom Gauld

Il tratto immediato di Tom si adatta perfettamente alla storia di questo particolare personaggio. I dialoghi sono ridotti davvero al minimo, una scelta davvero azzeccata. La desolazione lunare, anche se addolcita dalla presenza dell’uomo, viene magistralmente rappresentata dall’autore con linee semplici e costanti, che descrivono bene le cose e che al contempo lasciano sulla tavola spazi enormi, desolati, così come dovrebbe essere la superficie lunare.

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 Una duplicità visiva e di contenuto. Da un lato gli ampi spazi grafici sono propri dello stile di Tom, e dall’altro qui acquistano un significato diverso che aumenta di pari passo con la solitudine del personaggio: man mano infatti che la Luna si spopola, sembra che lo spazio sulle tavole aumenti e che Mooncop sia sempre più solo. In effetti i vuoti sono sempre gli stessi, si tratta solo di un esito percettivo che dovrebbe farci capire la caratura qualitativa di questa graphic novel.

Alla fine di ogni turno, Mooncop si ritrova su un piccolo promontorio: all’orizzonte si vede la Terra, e lì rimane a guardarla probabilmente chiedendosi del perché abbia scelto quell’incarico. Nella parte finale della storia, accade però qualcosa che, probabilmente, darà un senso a questa sua, e nostra, solitudine; e che potrebbe in fin dei conti essere la chiave di lettura dell’autore sulla nostra vita: quella di provare a sopportare la variabilità dell’umana fragilità e a porre un freno ai nostri continui “perché’” in compagnia di qualcuno.