Mozart in the Jungle, una serie leggera per tutti

La competitiva scena musicale è al centro di una serie TV spensierata, dove la passione artistica e gli interessi economici si scontrano di continuo.

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a cura di Andrea Balena

L'interesse del pubblico cinematografico verso il mondo musicale si è recentemente rafforzato grazie a due film, Whiplash e La La Land, entrambi del giovane regista Damien Chazelle.

Curiosamente, proprio mentre Whiplash era ancora nelle sale, sul piccolo schermo iniziò una serie televisiva dedicata allo spietato mondo professionistico dell'orchestra sinfonica. Mozart in the Jungle, uno dei primi prodotti della piattaforma di streaming Amazon Prime Video, ha raccolto consensi unanimi dalla critica, vincendo nel 2016 il Golden Globe come Miglior Commedia e Musical e quello per il Miglior attore comico, assegnato al protagonista Gael García Bernal, già noto per il ruolo del giovane Che Guevara ne I diari della motocicletta.

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Bernal interpreta l'eccentrico direttore d'orchestra Rodrigo De Souza, un enfant prodige considerato un moderno Mozart. Trattato quasi come una rockstar, viene ingaggiato dalla New York Symphony Orchestra per risollevarne le sorti finanziarie. Ben presto l'amministrazione si renderà conto che il Maestro è difficilmente manovrabile, perché ha a cuore il suo estro artistico più di qualsiasi altra cosa. Lo spettatore assume il punto di vista di Hailey (Lola Kirke), una giovane oboista appena entrata nell'orchestra, subito osteggiata dai colleghi più anziani e in seguito relegata al ruolo di assistente personale di Rodrigo, grazie al quale comunque potrà entrare nel mondo dei suoi sogni.

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La serie viaggia costantemente fra comicità e dramma, senza mai enfatizzare troppo uno dei mood. Il risultato è una serie dai toni leggeri, facile da seguire per tutti e capace di trasmettere il proprio messaggio con sentimento e vivacità. I personaggi, tutti membri dell'orchestra, sono spesso classicisti egocentrici e pomposi, poco aperti alla particolare ricerca creativa. Col passare delle puntate, però, si ritroveranno ad essere sempre più coinvolti dall'approccio poco accademico e più spirituale di Rodrigo, e potranno così riscoprire le ragioni per cui sono diventati musicisti. Proprio questo è il percorso che seguirà l'ex-direttore Thomas (interpretato dall'immortale Malcom McDowell), che con la sua iniziale fissazione per la propria immagine e popolarità rappresenta il passato e la chiusura mentale dell'istituzione.

Sebbene tratteggiata con poche fugaci pennellate, la sceneggiatura si dimostra efficace nel donare ad ogni nome in scena una caratterizzazione unica e precisa, con pochi ma emblematici gesti. Nel suo modo di dirigere Rodrigo appare sempre voler rispondere ad un interrogativo che aleggia nella sua testa. Hailey invece combatte i suoi timori - manifestati da evidenti tic nervosi - per mezzo della sua incrollabile forza di spirito, come dimostra di fronte alla scorbutica maestra di oboe.

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Con alcuni scorci fugaci, vividi e brulicanti di vita, New York fa da magnifico sfondo ad una vicenda di uomini alla ricerca di sé stessi. Interessante è la scelta di inserire nelle scene esterne il continuo frastuono urbano, a simboleggiare il caos della giungla moderna. Lo show insegna a saper ascoltare e interpretare la nostra "musica interiore" e a saper rispettare quella altrui, magari spronandola a venir fuori, a mettere da parte il nostro ego e lavorare in simbiosi come una vera orchestra.

Il risultato finale funziona benissimo ed è molto gradevole da seguire per qualunque tipo di spettatore, grazie a una scrittura frizzante e assolutamente dinamica che fa trascorrere velocemente i 30 minuti di ogni puntata. Potete trovare le prime due stagioni nella sezione Amazon Originals, insieme ad altre piccole perle del mondo seriale che presto tratteremo.