Mr. Harrigan's Phone, recensione: un film senza anima

Mr. Harrigan's Phone, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense Stephen King, è un thriller ora disponibile su Netflix

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a cura di Nicholas Mercurio

Mr. Harrigan's Phone, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense Stephen King, è disponibile su Netflix diretto da John Lee Hancock, già regista di The Founder. Non si tratta di un horror come è stato descritto dal colosso americano bensì di un thriller con elementi paranormali che tratta il lutto con maturità ma in maniera agrodolce, trasmettendo allo spettatore la sensazione che quanto sta avvenendo sia solo frutto dell’immaginazione di un ragazzino che non riesce più ad avere un reale contatto con la realtà e che ci fa comprendere come la morte sia passeggera, fugace e improvvisa, mentre l’amicizia resiste anche dopo che qualcuno ha chiuso gli occhi per sempre.

L’amicizia non muore mai

A interpretare il giovane Graig in Mr. Harrigan's Phone è Jaeden Martell (It), uno studente brillante che passa la maggior parte dei suoi pomeriggi assieme al facoltoso signor Harrigan, impersonato da Donald Sutherland (Hunger Games, Orgoglio e Pregiudizio), che nel corso della sua vita ha avuto un grande fiuto per gli affari. Graig ha perso la madre da piccolo, e questa mancanza, che trasmette a sua volta al signor Harrigan, è una confidenza che si lascia sfuggire in uno dei loro incontri pomeridiani.

Mentre Graig legge i libri più disparati della letteratura mondiale, l’anziano chiacchiera con lui del liceo e del college, intrattenendolo con insegnamenti di vita che spera possano servirgli. Entrano sempre più in confidenza, diventando amici e compagni di lettura, arrivando addirittura a scambiarsi i numeri di cellulare per tenersi in contatto. Il ragazzino frequenta l’ultimo anno del liceo ed è, come tanti compagni della sua età, infastidito da un bullo che dimostra un grande disagio psicologico, interpretato da Cyrus Arnold. Come ogni ragazzino della sua età, Graig ha una cotta per una sua compagna di classe, che però non ha il coraggio di invitare al ballo della scuola.

Fuori dalle pareti del liceo, trova conforto in suo padre e nel signor Harrigan, una figura sempre più presente che gli consiglia di farsi avanti. È molto più a dirsi che a farsi, ovviamente, ma Graig si mette in testa che è forse arrivato il momento di fare un passo in più verso la ragazza dei suoi sogni. Quando lei accetta, Graig non vede l’ora di raccontarlo al signor Harrigan, che da diverso tempo è attaccato a un respiratore. Lo raggiunge, felice di dargli la lieta notizia, ma lo trova adagiato sul bracciere della sua seggiola, con gli occhi chiusi. Il signor Harrigan, a quasi ottantasei anni, muore di arresto cardiaco, non lasciando eredi ma un vero e proprio impero economico. Nel suo testamento lascia ogni suo avere al giovane Graig, l’unico vero amico che ha avuto, oltre al suo cellulare, che il vecchio teneva sempre con sé. Un telefono è uno strumento utile, d’altronde. Ci consente di sentire qualcuno che non vediamo da tempo, e può persino permetterci di inviare dei messaggi per non alzare appunto la cornetta. Non serve sottolineare quanto loro siano importanti nella cultura di massa, specie in un momento storico come il nostro, quando è tutto a portata di un click.

Graig decide di mettere nella bara il cellulare che era appartenuto al vecchio amico, prima del funerale. Passa qualche giorno, la mancanza è ormai insostenibile e l’unica cosa che può fare è andare avanti. All’improvviso, si ritrova un messaggio nella sua casella. Lo apre e lo legge, non capendo cosa vi sia scritto, ma rimane sbigottito quando riconosce chi glielo ha inviato: il signor Harrigan. Inizialmente, Graig pensa che sia uno scherzo o qualcuno che abbia clonato il suo cellulare, e per un momento è convinto di questo, eppure attorno a lui accadono eventi che non riesce a spiegarsi.

Mentre Graig cerca di capire cosa sta accadendo, al contempo quel cellulare continua a squillare e a lasciare messaggi poco chiari ma inquietanti. La narrazione si sofferma su questi elementi ma, in una maniera parecchio frettolosa, non coinvolge come ci saremmo aspettati, nonostante l’ottimo contesto. Complice una scrittura lenta, che non ingrana né stimola lo spettatore, in Mr. Harrigan's Phone si passa da un accadimento all’altro senza prima approfondire in modo adeguato quello in corso. Dopo la visione, infatti, non ci si sente realmente angosciati da quello che si vede, poiché il racconto risulta poco fluido e, sotto diversi aspetti, persino inconcludente. Il messaggio finale, che nel libro è trattato con profondità, nell’adattamento cinematografico risulta povero e striminzito, oltre che poco ispirato.

Gli attori inoltre non sono stati sfruttati a dovere da parte del regista. Il talento di Jaeden Martell, al netto delle criticità, è stato comunque capace di proporci un personaggio interpretato magistralmente con le sue paure e i suoi drammi, che cerca di andare oltre il lutto appena subìto. Donald Sutherland, che di certo non ha bisogno di presentazioni, è la star della prima parte del film ed è riuscito a garantire una prova del signor Harrigan convincente. La regia, almeno in questo, ha scelto un cast stellare per un film che avrebbe meritato molta più sostanza e, soprattutto, maggiore fortuna.

Mr. Harrigan’s Phone è un film che non si prende alcun rischio

Mr. Harrigan’s Phone, pur provando a proporre una storia intensa, non arriva all’obiettivo a causa della fretta. Al netto delle interpretazioni del cast, si dimostra un film che non ingrana, non appassiona e non lascia realmente nulla dopo la visione, neanche cosa poteva effettivamente offrire allo spettatore..

In un’ora e quarantasei minuti di durata, seppure sia proposta un’introduzione interessante, il ritmo è rimasto piatto e poco incisivo. Mentre il telefono vibrava in continuazione, sapevamo già cosa aspettarci, complice la mancanza di reali colpi di scena. È una grande occasione mancata.