Musica Maestro, quando Walt Disney portò una balena a cantare all'Opera

Quando la Seconda Guerra Mondiale costrinse Walt Disney a rivedere i propri piani, si dedicò a Musica Maestro: una prolunga drammatica di Fantasia.

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a cura di Mario Petillo

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Se c’è un qualcosa in cui Walt Disney è stato davvero fenomenale è nell’utilizzo che ha fatto, in tutta la sua carriera, della musica. Partendo dalle Silly Simphonies, in Italia arrivate col nome di Sinfonie Allegre, fino a Fantasia, il culmine della produzione musicale realizzata da Walt Disney, che si avvalse anche della collaborazione di Leopold Stokowski, il direttore d’orchestra più sulla cresta del successo negli anni 30 e 40. Sei anni dopo l’arrivo al cinema di Fantasia, però, Walt Disney volle provare qualcosa di diverso, ma sempre antologico: nel 1946 insieme con Jack Kinney, Clyde Geronimi, Hamilton Luske, Robert Cormack e Joshua Meador, Walt Disney realizzò Make Mine Music, in Italia conosciuto come Musica Maestro.

La gestazione dei Classici antologici

Gli anni Quaranta rappresentano un problema di impiego non indifferente per Walt Disney: gran parte del personale degli studios era arruolato nell’esercito e gli unici rimasti in America venivano convocati dal governo per produrre film di propaganda o di formazione. Walt Disney aveva quindi ben poche forze per produrre nuovi Classici: dopo Dumbo e Bambi, infatti, lo studio decise di muoversi in direzione di film collettivi, così da poter coinvolgere più dipendenti in maniera verticale, senza creare una narrativa orizzontale che tenesse tutti impegnati per troppo tempo. Dopo Saludos Amigos e I tre caballeros, Musica Maestro fu il terzo film collettivo, precedente agli altri tre che arrivarono dal 1947 al 1949, ossia Bongo e i tre avventurieri, Lo scrigno delle sette perle e Le avventure di Ichabod e Mr. Toad.

Musica Maestro raccoglieva dieci diversi episodi, con dieci diverse storie, delle quali alcune sono passate alla storia dell’animazione. D’altronde il Classico nasceva anche dalle ceneri di Fantasia, così come era accaduto per alcune scene di Dumbo, per ottimizzare le animazioni già realizzate e il tempo a disposizione. Dopo, quindi, le critiche mosse a I Testoni e i Cuticagna, in italiano cantato dal Quartetto Cetra e contestato per la eccessiva violenza delle immagini, Palude Blu fu il più alto esempio di riciclo dal materiale di Fantasia: l’animazione doveva per l’appunto essere destinata per il Classico del 1940, salvo poi essere scartata, così come l’originale composizione musicale, che prevedeva l’utilizzo de Al chiaro di luna di Claude Debussy, poi sostituito da, per l’appunto, Palude Blu di Ken Darby, in italiano sostituito da Alberto Rabagliati.

Walt Disney incontra Sergei Prokofiev

I due più memorabili episodi, però, ci raccontano due storie strazianti, una più dell’altra. Si parte con Pierino e il lupo, la drammatizzazione animata della composizione musicale del 1936 firmata da Sergei Prokofiev e narrata in italiano da Stefano Sibaldi. Il doppiatore di Groucho Marx e di Frank Sinastra, oltre che di Fred Astaire, raccontava la storia di un ragazzo russo di nome Pierino, in originale Peter, pronto a partire per un’avventura nella foresta per cacciare il lupo insieme ai suoi amici animali. Ad accompagnarlo c’è un uccellino di nome Sasha, l’anatra Sonia e il gatto Ivan, tutti rappresentati da un accompagnamento musicale che fa da tappeto melodico ai movimenti di ognuno nonché delle reazioni alla visione del lupo e della natura circostante: Pierino dagli archi, Sasha dal flauto, Sonia dall’oboe, Ivan dal clarinetto, mentre il nonno di Pierino, severo e borioso, dal fagotto. La presenza del lupo è annunciata da tre corni e i cacciatori che subentrano in corso d’opera dai timpani.

Pierino e il lupo di Walt Disney fu il primo adattamento dell’opera di Prokofiev, nonché l’unica fino al 1995 quando fu Chuck Jones a riprovarci, prima di Lucio Dalla nel 2005. La vicenda diventava dramma nel momento in cui, affezionatisi non solo al giovanissimo e biondo Pierino ma anche ai suoi animali che lo accompagnano, l’anatra Sonia viene mangiata viva dal lupo, in preda al panico per la presenza del feroce animale. A Sasha viene dato il compito di attirare l’attenzione dei cacciatori trasformando quell’originale favola per bambini composta dall’artista sovietico in un tripudio orchestrale e in una commistione di musica e animazioni atte a raccontare una storia nata dall’incompatibilità di due personaggi che appartengono al mito dell’arte.

Walt Disney non parlava una parola di russo, Sergej Prokofiev conosceva qualche parola di inglese. Il loro incontro avvenne nel marzo del 1938, durante una visita del compositore sovietico a Los Angeles. Prokofiev si presentò al padre di Topolino suonando, in un pianoforte che per Disney divenne di un’importanza quasi da museo, per l’appunto Pierino e il Lupo, accompagnato da un narratore. Disney fu talmente impressionato dall’abilità da pianista di Prokofiev e dalla bellezza della musica che pensò di inserire il segmento in Fantasia: i piani, però, vennero distrutti proprio dalla difficoltà di inserire nuovi elementi in un periodo in cui Leopold Stokowski era già molto avanti con le registrazioni e Dick Heumer con la sceneggiatura.

Prokofiev era stato così rapito da Biancaneve e i sette nani che incontrare l’autore di quella follia fu per lui un momento molto più importante di quanto fosse per Walt Disney incontrare uno dei più grandi compositori russi dell’epoca. Fu un incontro epocale, per una storia che era sfuggita alla stretta autoritaria della Russia di Joseph Stalin e che, ancora una volta, divenne grande sotto le mani di Walt Disney con Musica Maestro.

Gianni, la balena che voleva cantare all'Opera

È nel finale di Musica Maestro, però, che Walt Disney si supera in tutti i modi possibili. Avrebbe voluto sicuramente incontrare tutti i compositori che inserì nell'episodio conclusivo, ma viaggiare nel tempo ancora non gli era riuscito, per questo dovette solo accontentarsi di realizzare la storia di Gianni, La balena che voleva cantare all’Opera. Un finale che qualcuno vorrebbe definire agrodolce, ma che stringe il cuore nel peggiore dei modi immaginabili per un film d’animazione, spingendoci a empatizzare con un artista irraggiungibile, inarrivabile, imparagonabile quale fu Gianni. Un capodoglio che canta l’opera, il cui successo raggiunge tutti i vicoli della città, fino ad arrivare alle orecchie dell’impresario Tetti-Tatti, incapace di porgere la guancia al miracolo e certo del fatto che Gianni ha inghiottito un cantante che dallo stomaco della balena sta ancora cantando. Intenzionato a liberarlo e portarlo con sé a teatro, Tetti-Tatti parte con la sua barca arpionata, per dare la caccia a Gianni come se fosse Moby Dick.

Arrivato all’incontro, i marinai che accompagnano l’impresario si rendono conto del miracolo: Gianni non ha inghiottito nessun cantante, perché è egli stesso a saper cantare. “Largo al factotum” da Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, “Tristano e Isotta” di Richard Wagner, il “Mefistofele” di Arrigo Boito, i Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, Gianni sapeva cantare in tenore, baritono e basso: Gianni era un miracolo. Ma mentre intona proprio il Mefistofele di Boito, Tetti-Tatti, approfittando della distrazione da parte di tutti, riesce ad arpionare la balena e a porre fine al suo canto.

Alberto Sordi, narratore dell’intera vicenda, dà l’estrema unzione al miracolo realizzato da Walt Disney, raccontando al gabbiano inseparabile amico di Gianni, il perché dell’accaduto: il gabbiano non è altro che lo spettatore, al quale Sordi non può che dare l’unica giustificazione possibile. L’uomo distrugge sempre quello che non può comprendere: Gianni era un miracolo e Tetti-Tatti non poteva capirlo. Ma nonostante questo la balena, che all’Opera non ci è mai andata, continuerà a cantare in cielo, non più con tre voci, ma con mille: e vedendolo interpretare il Mag Der Himmel dalla Martha di Friedrich von Flotow, cantando tutte le voci del coro, Walt Disney chiuse uno dei capitoli più strazianti e drammatici della sua immensa e inarrivabile poetica.

Gianni non fu però solo l’esaltazione di una storia incredibile, ma anche quella di Nelson Eddy: il cantante di Providence, così come la balena alla quale prestò la voce nelle parti cantate, fu costretto a interpretare tutte e tre le voci del sestetto maschile della Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, un altissimo momento di musica nell’animazione, per raccontare ai bambini non solo l’importanza dei miracoli, nell’accezione laica del termine, ma della meraviglia della musica stessa. E quale modo migliore che farlo con una balena che desiderava solo cantare all’opera.

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