Officina Infernale: viaggio nel fumetto underground

Dall'underground del fumetto italiano alla presenza su un albo di Dylan Dog, Luca Frigerio ci racconta l'avventura di Officina Infernale

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a cura di Luca Frigerio

Dopo l’articolo su Darwyn Cooke parliamo  di un artista italiano che potrebbe sembrare totalmente agli antipodi rispetto a lui… ed è esattamente così. Andrea Mozzato, alias Officina Infernale, è un nome famoso e rispettato nel circuito underground e tra gli addetti ai lavori del settore fumettistico (meglio noti come gli altri fumettisti), perché da sempre le sue creazioni colpiscono - o meglio stordiscono - chi le osserva.

Dalla scena underground sino alle pagine di Dylan Dog, Officina Infernale ci racconta il suo mondo a fumetti

Non sto parlando di virtuosismi tecnici o di vignette riempite di dettagli fino a scoppiare ma di lavori concepiti usando tutti gli strumenti possibili dalla grafica digitale passando per i collage o i fotomontaggi usando anche vecchie stampanti.

Il risultato è forse più vicino alla pop art che si sbronza con la psichedelia e la cultura underground; Hakim Bey (teorizzatore delle T.A.Z. o zone temporaneamente autonome) sarebbe fiero di Officina Infernale perché nel suo lavoro ravvedo una forte componente socio-politica e la base del lavoro di Bey ovvero la creazione di spazi che eludono e scappano dal controllo della formalità. Questo è possibile solo grazie a una grande conoscenza della grafica, dell’arte ma anche della musica. Qualcuno di voi potrebbe pensare “ma è possibile portare all’attenzione del lettore più mainstream lavori simili?”

Non solo è possibile ma è anche stato fatto più volte, basti pensare al periodo psichedelico di alcune serie Marvel nei primi anni settanta ad opera di autori come Jim Starlin, Steve Englehart  e il grande Steve Gerber (creatore di Howard the Duck, non so se mi spiego). Eccovene un esempio.

Per scoprire meglio l'intenso lavoro di Officina Infernale, c'era un solo modo: parlarne direttamente con lui!

Quali sono i tuoi primi ricordi legati al fumetto?

Come primi ricordi ho: svariati adesivi Marvel Corno fustellati attaccati in giro, Topolino, fumetti tipo Diabolik, Tex e Guerra D’Eroi sparsi tra barbieri, parenti etc. I fumetti di Bonvi su Playboy, il primo Uomo Ragno (quello in cui lo Scorpione attacca il Ragno nell’ospedale dove c’è una zia May collassata e morente), il primo F4 quello in cui Doctor Doom ruba i poteri a Silver Surfer. Come autori stiamo parlando rispettivamente di Ross Andru e Rich Buckler ai disegni, ma la botta forte è venuta sicuramente con Deathlock sempre di Buckler.

Domanda tipo “Vuoi più bene a mamma o papà” oppure “Panettone o Pandoro”: musica o fumetti?

Musica o Fumetti per me vanno in parallelo: dalla musica nasce la maggior parte dei fumetti che faccio. Robe che potrei consigliare a livello di musica, ma state attenti sono in periodo Grindcore: Internal Rot, Caustic Cause, Chepang, Headless Death e i Fumino Mouth che fanno death, questa è la roba che ascolto ultimante oltre a tanto Grind giapponese.

Consigli su letture e musica che meritano?

Tra le ultime produzioni a fumetti vi le butto lì un po’ a caso il ciclo di Spawn disegnato da Jason Shawn Alexander e sia chiaro  non sono assolutamente un fan del personaggio di Todd McFarlane. Poi tutti i fumetti disegnati da Tradd Moore, tra cui l’ultimo Silver Surfer Black, Gideon’s Falls di Jeff Lemire e Andrea Sorrentino, ovviamente tutto il materiale di Progetto Stigma. Ovviamente anche la sacra triade Diana/Columbia/Ware, anche Immortal Hulk praticamente un fumetto horror, con forti tinte disturbanti.

E invece, fumetti che detesti?

In realtà non detesto più nulla, con il tempo ho imparato ad ignorare e fregarmene; nel senso se qualcosa non mi piace manco la calcolo, non ci penso proprio. Quindi mi concentro di solito sul materiale che mi piace. Però diciamolo, trovo Batman insopportabile.

Hai una possibilità: lavorare su un fumetto che adori. Quale sceglieresti?

Un reboot di Deathlock sicuramente. Il connubio Cyborg/Cadaveri/New York post apocalittica è irresistibile, in più la Squadra di Demolizione, il Wrecking Crew di cui ho sempre avuto il trip. Un altro desiderio sarebbe quello di trasportare in fumetto American Tabloid e Sei Pezzi da Mille di James Ellroy.

La scena fumettistica italiana è cambiata enormemente da quando hai iniziato. Tu come la vedi?

La vedo bene perché oggi c’è un ampia scelta di tutto: dagli editori, dai materiali e dalla visibilità che puoi avere. Poi c’è sempre la legge del più forte, se hai abbastanza energie, convinzione, culo e soldi per resistere forse ce la puoi fare. L’unico rischio in questo marasma di uscite è il passare inosservati, all’epoca dovevi farti le ossa tentando di essere pubblicato da qualche parte (anche adesso in teoria), invece ora ti puoi creare una una piattaforma e pubblicare. Con fortuna o talento o entrambi qualcosa arriva.

Parliamo di Progetto Stigma.

Stigma nasce come progetto editoriale da un idea di Akab. Era da anni che ne parlava, poi le cose si sono messe nel verso giusto e Stigma è nata il tutto in collaborazione con Eris Edizioni. “I matti gestiscono il manicomio” - Stigma funziona così: c’è un mese di preorder in cui ordinando il libro si ha un albo in omaggio (legato come tematica al libro ovviamente) che non verrà mai più ristampato: in questo mese di preorder all’autore verrà corrisposto il 30% sul venduto. Per mia scelta dei libri da fare invece c’è una sorta di brainstorming collettivo, mentre per l’editing l’autore si sceglie chi vuole che segua il libro tra persone di cui si fida, poi come viene tutto mediato se qualcosa non dovesse piacere, ovviamente. Il bello del Progetto Stigma è anche la miscellanea di persone, personalità e autori con esperienze diverse, tutti danno chi più chi meno un apporto, la trovo una cosa fighissima.

Da poco è stata annunciata la tua presenza su Dylan Dog Color Fest.

Allora la mia collaborazione per il Colorfest parte da lontano. Qualche anno fa mi ero messo a giocare con i personaggi italiani, li riproponevo in versione Officina Infernale: ovvero, grossi, brutti e cattivi. Un giorno metto le mani su Dylan Dog, inizio con roba semplice una tavola, una storia. Io sono per la contemporaneità della narrazione, ovvero molte storie brevi e anche frammentate. Mi piace come ho gestito il personaggio  decido di pubblicare in rete a cadenza regolare una Dylan Dog apocrifo e faccio il primo capitolo, ma una combinazione di scazzo, lavori e chissà cos’altro blocca tutto e il materiale finisce nella cartella dei lavori che non vedranno mai la luce. Gennaio 2020 più o meno, rimetto online quelle tavole, me le rileggo e mi divertono; facendo il planning dei lavori per il 2020 mi risale la voglia e capisco che voglio anche farlo seriamente. Contatto il Rrobe (ovvero Roberto Recchioni, il curatore di Dylan Dog) e l’idea gli piace per cui gli propongo quello che avevo in mente, mediamo da entrambe le parti e parto con il lavoro. Dylan Dog Made in UK Forkhill.

Ultima domanda: perché il nome Officina Infernale?

Il nome nasce in un periodo di abbandono del fumetto cui facevo solo grafica, soprattutto per bands HC e firmavo gli artworks così, poi ho ripreso con i fumetti e tutto il resto e il nome l’ho tenuto. Nel bene e nel male.