Quattro chiacchiere con Leo Ortolani

Grazie a Bao Publishing, abbiamo avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con Leo Ortolani, scrittore e disegnatore italiano divenuto conosciuto soprattutto per Rat-Man, la sua opera magna, e che è in uscita in questi giorni col suo nuovo libro Bedelia, della quale, insieme a tanti altri temi, abbiamo avuto modo di parlare, insieme a tanti altri colleghi.

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a cura di Lorenzo Ferrero

Grazie a Bao Publishing, abbiamo avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con Leo Ortolani, scrittore e disegnatore italiano conosciuto soprattutto per Rat-Man, la sua opera magna, e che è in uscita in questi giorni col suo nuovo libro Bedelia, della quale, insieme a tanti altri temi, abbiamo avuto modo di parlare, insieme a tanti altri colleghi.

L'incontro (avvenuto interamente a distanza, tramite videoconferenza) inizia con l'introduzione di Caterina Marietti, una delle fondatrici di BAO Publishing, sulla natura dell'incontro. Dopodiché, sono iniziate le domande, molte delle quali riferite proprio all'ultima opera di Leo Ortolani: Bedelia (se non avete ancora letto il libro, vi consigliamo di leggere con cautela, poichè alcune parti di questa chiacchierata potrebbero contenere SPOILER).

Si è iniziato l'incontro con una curiosità su come vengano fuori le battute dell'autore, se siano scritte ogni volta che vengono in mente e ritirate fuori in un secondo momento, se arrivano mentre si scrive una storia, visto che sono così tante che dovrebbero esistere dei quaderni pieni di battute ancora non utilizzate. Incalzante, Ortolani ha risposto:

"Ce li ho! Esistono dei quaderni con le battute che mi vengono in mente, anche se non li uso mai. Nel dubbio, me le appunto che "non si sa mai". Ho questa abitudine, oramai da un po', di segnarmele ogni volta che mi vengono in mente, perchè una volta ero in autobus e me ne venne in mente una, che dimenticai poco dopo e della quale mi pentii profondamente."

Dopo aver rotto il ghiaccio, l'autore ha parlato un po' della genesi creativa di Bedelia, la sua nuova storia:

"All'epoca, si era pensato di creare qualcosa di inedito che accompagnasse la ristampa di Venerdì 12. E davanti a me avevo due strade: quella semplice, che comprendeva fare un'altra storia con Aldo e Giuda in versione "Fantasma dell'opera", che ho nel cassetto da tanti anni o una versione di Dylan Dog che ho in mente da tantissimi anni (scusami, Roberto Recchioni); quella difficile, invece, voleva dire fare qualcosa che fosse contemporaneamente legato e slegato da Venerdì 12 e l'unica cosa che mi venne in mente di completamente slegato all'opera originale, eccetto un ipotetico "Sabato 13" che narrasse le vicende postume, fu proprio di puntare tutto su Bedelia, perchè fondamentalmente in Venerdì 12 lei è solo un quadro e sarebbe quindi stato interessante approfondirla."

Dopo averci mostrato un trittico di quadri ad olio rappresentanti Aldo, Giuda e Bedelia, Ortolani ha proseguito con la storia delle origini dell'opera:

"Quando ho iniziato, di Bedelia non sapevo nulla e quindi dovevo capire chi fosse. E' successo tutto una notte, erano tipo le tre, quando le idee hanno iniziato a venir fuori da sole tanto che dovetti segnarmele sul cellulare per evitare di dimenticarle. Parecchie di queste sono state poi utilizzate nella versione finale, altre invece sono state scartate perchè non avevano molto senso nell'economia del racconto e per il carattere di Bedelia stessa. La cosa bella è che, a parte il 60% delle cose che mi segno viene scartato, quando il racconto inizia ad ingranare, le battute te le raccontano i personaggi stessi perchè i personaggi interagiscono tra di loro, anche se solo nella tua mente. I personaggi sono praticamente vivi davanti a me, in una sorta di trans nella quale riesci ad entrare solamente dopo diverse dosi di caramelle, patatine e bibite gassate. Infatti, quando scrivo ingrasso e quando disegno dimagrisco!"

Si è poi iniziato a parlare del finale di Venerdì 12 e del motivo per cui è nato il suo "seguito" Bedelia, cercando di capire se è stato per una poca soddisfazione di quel finale e ci fosse stata la volontà di cambiarlo, oppure se il "lasciare la porta aperta" è stato un pretesto per raccontare la storia della modella. La risposta di Ortolani non si è lasciata attendere:

"Tra un volume e l'altro, sono passati ben 16 anni. E in 16 anni cambiano tante cose, io stesso sono cambiato e così fanno le coppie. Così ho cercato di mettere Aldo in un momento particolare della sua vita dove, come può capitare a tutti, gli capita di ripensare alle vecchie glorie e cose simili, pensando magari che sarebbe potuta andare meglio con quella persona. Però non mi interessava molto, in realtà, della direzione che ha preso la sua vita...un po' come Bedelia! Mi interessava solo che l'incontro con lui facesse scattare qualcosa nella protagonista, che il suo "tocco" risvegliasse in lei qualcosa. Era un'idea carina che mi venne in mente per porre omaggio a film come quelli di Frank Capra, nei quali c'è un angelo che accompagna il protagonista a salutare tutte le cose care della sua vita, convincendolo a non suicidarsi. In questo caso c'è sempre un angelo che accompagna Bedelia a mettere una parola fine a certe fantasie di Aldo, che sarà l'unico aggancio con Venerdì 12. C'erano anche altri elementi che rimandavano al precedente libro, però...chi se ne frega. Non è la storia di Aldo, ne quella di Giuda o Dulcistella, ma è la storia di Bedelia."

Parlando di Alberto Sordi, Carlo Verdone raccontò che aveva una paura matta di non riuscire più a far ridere le persone, perchè la comicità stava cambiando, la gente non si scandalizzava più e aveva il terrore di non riuscire a stare dietro a tuttò ciò; partendo da questo episodio, è stato chiesto a Leo Ortolani se anche lui sente questo "cambio di comicità", se è diventato più difficile far ridere:

"C'è da fare un distinguo: Alberto Sordi era attore straordinario e incredibile, che però recitava su copioni e canovacci scritti da altri, non era lui che scriveva le sue battute; mentre chi fa dell'umorismo e scrive battute umoristiche, ha sicuramente una marcia in più da quel punto di vista. Per citarvi Woody Allen:"Io ci sono nato con le risate. Quindi non ho problemi nel far ridere." Il fatto che io sia nel mondo del fumetto italiano da molto tempo, la dice lunga, nel senso che le cose cambiano, ma nel tempo sono cambiato anche io e riesco quindi a stare sul pezzo. Magari faccio dell'umorismo diverso da altri autori del genere, utilizzo un linguaggio diverso, ad esempio non mi piace usare le parolacce, perchè nel momento in cui le utilizzi per far ridere hai già perso. Però, ripeto, nel momento in cui generi umorismo da sempre e stai sempre sul pezzo, non hai da temere di non riuscire più a far ridere."

Le opere di Leo Ortolani sono conosciute soprattutto per le risate che si riescono a fare grazie alle battute taglienti e geniali, viene però fatto notare come, specialmente negli ultimi anni, queste sguaiate risate si siano tramutate in delle sottospecie di "risate a denti stretti", ovvero che inizialmente divertono tantissimo, ma poco dopo ci si pensa e ci si sente in colpa per aver riso; la domanda che è stata posta all'autore è stata dunque: cosa è cambiato in questi anni?

"Sono un uomo di classe, oramai! (ride) Scherzi a parte, è che semplicemente si cresce, si cambia e si matura anche nel raccontare le storie. Anche perchè vai sempre in cerca di nuovo, di un nuovo stile di battute. Ad esempio, con Rat-Man, mi piaceva tantissimo creare dei siparietti comici tra i personaggi, che creavano delle gag tra di loro, scavando nelle loro debolezze e mi piace moltissimo creare umorismo nei dialoghi! Del resto è come se fosse una sfida, perchè la battuta la segni, la metti da parte e la puoi usare a tuo piacimento, ma non sono legate alla narrazione, mentre se riesci a legarle insieme diventa tutto più bello e riesci ad agganciare il lettore, perchè sente che tutto scorre perfettamente fino in fondo alla storia. Poi magari arriverò ad un ulteriore cambiamento e farò delle battute ancora più terribili, chi lo sa, sono solo a metà vita del resto!"

Alcuni si sono chiesti: perchè è stata scelta proprio Bedelia e non, ad esempio, Giuda per raccontare una nuova storia e perchè è stato deciso di darle QUEL finale. La risposta, nuovamente, non si è fatta attendere:

"Beh, Giuda è sostanzialmente una spalla ed è praticamente Rat-Man, quindi l'abbiamo già visto in moltissime versioni diverse, ad esclusione della sua parlata particolare. Rimane il mio "Robert De Niro" principale a cui metto, magari, delle orecchie da topo, un cappello, ma è sempre lui e non avevo grandi storie da raccontare su di lui: era veramente solo l'omino venuto giù dal carrillon di Venerdì 12. Idem per Aldo, abbiamo già raccontato la sua storia, mentre di Bedelia non sapevamo praticamente nulla, se non tramite i racconti, magari anche distorti, del protagonista. E quando mi è apparso in mente il titolo, che è molto semplice perchè è una parola sola "Bedelia", io ho iniziato ad avere una curiosità morbosa di sapere di più sulla vita di questa donna perchè secondo me era interessante, capire come una persona così terribile avesse potuto condurre la sua vita.

Il fatto che alla fine lei muoia è una cosa abbastanza importante, perchè volevo che entrasse nella leggenda, come Marylin Monroe, James Dean, Kurt Kobain e così via. Lei non poteva invecchiare, il tempo non poteva toccarla e l'unico modo per farlo era in questa maniera qua. Era un'idea carina, una sorta di "regalo" della giovinezza eterna. Devi morire eh, però te la regalo!"

Lo slogan in quarta di copertina recita:"Amerete una str*nza", perchè si è partiti da Venerdì 12, dove Bedelia era il male assoluto e si arriva, poi, ad un percorso di redenzione e, infine, ad una morte. Con questa premessa, è stato chiesto a Leo Ortolani quando questa cosa della "redenzione del cattivo" sia stata influenzata dall'essere un fan di Star Wars e produzioni dove si tende a far redimere il cattivo di turno, trasformandolo in un personaggio positivo:

"Al di là dei vari rimandi, che in effetti ci sono, è anche un fatto di esperienze e di crescita. Ad esempio, ripensando a tanti anni fa e alla mia esperienza con la vera Bedelia, non era interamente colpa sua se ci si era lasciati, anche io ero insopportabile ecco e lei non ha fatto altro che "sopravvivere" lasciando andare i pesi inutili. "Il tempo leviga gli spigoli" ed è vero, perchè impari ad empatizzare con le persone, diventi più compassionevole e le capisci di più, capisci che ognuno ha le proprie battaglie da combattere.

Quando sei giovane, sei talmente concentrato su te stesso ed egoista che queste cose non le vedi e se qualcuno ti fa male è solo una str*nza. Col passare del tempo impari a capire, per esempio, non potrei mai fare un'altra storia come Venerdì 12 perchè non sono più quella persona, non ho più quell'atteggiamento tagliente di determinate situazioni, ma sono più morbido. Avere delle figlie mi ha cambiato tanto e la trasformazione che ho avuto in questi anni mi ha portato ad avere un occhio diverso per le persone. Volevo solo dare un po' di giustizia ad una str*nza, che in realtà stronza non è, ma si comporta così per una serie di problematiche avvenute nella sua vita."

Ci sono tante influenze cinematografiche all'interno di Bedelia e, secondo alcuni, "Il Diavolo veste Prada" è molto presente al suo interno ed essendo, comunque, un libro che parla di una modella, viene chiesto all'autore che tipo di ricerche ha effettuato per la stesura della storia:

"Ero fresco della visione de "Il Diavolo veste Prada", quindi un po' sono stato influenzato nella stesura della storia per alcuni elementi. Invece, per i vestiti, sono un po' una pippa, diciamo la verità. Posso, magari, vedere qual'è l'ultima collezione di quell'anno, ma poi mi stufo. Alla fine sono un geologo, mica uno stilista! L'importante è, come diceva Jack Kirby, "Suggerire qualcosa": pensate alle pistole o alle auto che disegnava, non erano realistiche, ma nell'economia della storia funzionavano! Ti suggerivano che erano quelle cose e stop, tanto bastava. Ho giusto voluto dare un'idea di quello che erano, anche perchè io e la moda siamo due mondi separati. Un giorno scriverò un libro:"Leo Ortolani incontra la moda...e non la riconosce", nel quale racconterò come mi sono vestito nel corso della mia vita perchè non avete idea di cosa ho indossato nel corso degli anni."

Si è voluti andare più nello specifico, chiedendo a Leo Ortolani come è stato concepito il personaggio di Bedelia:

"In tutta sincerità, non te lo so dire. Nel senso che il personaggio, molto spesso, prende forma nella mente dell'autore e, magari, fa parte di alcune mie esperienze pregresse, racchiude una parte di me e che non mostro. Se sei un autore, utilizzi queste esperienze per costruirci sopra delle storie. Il mio scopo era quello di lavorare su questo personaggio che per molti era il male più oscuro, ma fargli capire che in realtà non è così, ma anche chi può sembrare terribile possiede delle fragilità e ha avuto delle difficoltà che possono dire di più."

A differenza di quanto visto in Venerdì 12, in Bedelia non abbiamo un vero e proprio "Happy Ending" e ci si è chiesti se questa conclusione era prevista fin da subito o se è arrivata in corso d'opera:

"Nella prima stesura mentale della storia di Bedelia c'era un altro evento che la portava avanti: l'arrivo di un figlio. Solo che questa cosa, per me, era molto difficile da portare avanti perchè, come penso tutti sappiano, io e mia moglie abbiamo adottato due bimbe e quindi non abbiamo vissuto delle gravidanze, non so come si gestisca la cosa e non mi bastava avere racconti di amici, parenti e altri. Avevo anche il finale: nelle famose note segnate alle 3 di notte, c'era il fatto che Bedelia non avesse un cuore e durante la storia, si vedeva un elettrocardiogramma piatto e nel momento in cui ha un battito, si scopriva che non era il suo, ma del bambino. Quindi, fondamentalmente, dipende in quel momento cosa ti sembra più interessante e qual è il discorso che vuoi portare avanti. E siccome c'era già stato un happy ending con Venerdì 12, in questo caso mi sembrava più interessante giocare sull'immagine di Bedelia."

Cambiando un attimo il focus, è stato chiesto all'autore se gli piacerebbe (o gli sarebbe piaciuto) scrivere una storia e farla disegnare da qualcun altro:

"Da quel punto di vista lì, avevo già fatto tanti anni fa una mini-serie con Ade Capone. Avevo scritto nei minimi particolari tutte le indicazioni per i disegnatori, tutte le istruzioni eccetera. Quando, però, uscì l'opera, da disegnatore, iniziai a pensare:"Eh, ma questa l'avrei fatta meglio, questa diversamente, così non mi piace" eccetera eccetera. Vi dirò di più: lessi il finale di Ringo un po' di tempo fa, per poter fare la copertina variant per uno dei numeri che uscì a Lucca. Da lettore, però, io dovevo sapere come andasse a finire e non potevo illustrare un numero senza che sapessi il finale. Così Roberto Recchioni mi mandò la sceneggiatura con i primi disegni e io, leggendo la sceneggiatura, me l'ero immaginata in maniera totalmente diversa da come poi il disegnatore l'ha illustrata. Se io fossi stato lo sceneggiatore gliela avrei fatta rifare, perchè io sono uno di quelli che si mette la notte a ridisegnare le cose perchè non sono mai sicuro del risultato, anche prima di mandare in stampa un prodotto, mi prendo quelle due o tre giornate in cui metto a posto tutti gli errori e le imperfezioni. Perchè una volta che è pubblicato, lì rimane e non puoi più farci nulla. Ho proposto anche una storia seria di Dylan Dog alla Bonelli più di 10 anni fa (scusami Roberto Recchioni), ma la vorrei disegnare io ecco. Quindi difficilmente scriverò una storia per farla disegnare da qualcun altro."

Per quanto Bedelia sia un po' più "oscuro" di precedenti pubblicazioni, siamo abituati a vedere Leo Ortolani fare sempre storie comiche, ma quando lo vedremo non fare più commedia? Questa la risposta dell'autore:

"Ho molte idee nel cassetto, però forse non riuscirò mai a farlo, perchè sono talmente caratterizzato che se la gente legge il mio nome pensa che debba far ridere per forza. Stavo per fare una mini-serie con Panini (ed erano d'accordo su questo "cambio di atmosfera"), ma alla fine ho pensato che volessi divertirmi anche io e ho lasciato perdere, rimanendo sui miei binari. Ci sarà un giorno, chi lo sa!"

C'è stata una domanda molto interessante, riguardo al male che viene fatto ai propri personaggi ed è stato chiesto a Leo Ortolani se, alle volte, percepisce quando li ha fatti soffrire:

"In Bedelia c'è "la scena del Taxi", che all'inizio doveva essere ancora peggiore. Ho poi cambiato delle frasi e delle parole che la facevano uscire decisamente più scottata dalla situazione. Alla fien ho pensato che era troppo per lei e con la stesura definitiva ho voluto che emergesse più uno spirito combattivo, che fragile. Le avevo fatto troppo male, quindi si, ogni tanto mi accorgo di fargli troppo del male, di essere troppo cattivo."

In conclusione, è stato chiesto all'autore quali sono le influenze che lo hanno portato a concepire storie come Venerdì 12 e Bedelia:

"Scrivo storie da quando ho 4 anni, quindi potete immaginare il magma di cose che influenzano le mie storie. Nel caso specifico, i film di Venerdì 13, il Fantasma dell'opera e così via, ma in chiave surreale e grottesca, unito al fatto che, all'epoca, ero appena stato lasciato. Non avevo molto da ridere, sono però riuscito ad esorcizzarlo!"

Un'ora di incontro è passata molto rapidamente e si è concluso con i saluti finali e la foto di gruppo, nonchè con una battuta di spirito in perfetto stile Leo Ortolani:

"Mi avete costretto a raccontarvi tutti i segreti del libro! Non posso lasciarvi in vita!"
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