Traumi e psicosi: relazioni genitori-figli in The Boys 3

Le relazioni genitori-figli in The Boys 3 sono il fil rouge che unisce le storie dei protagonisti: ecco come.

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a cura di Rossana Barbagallo

Quando si pensa al The Boys fumettistico di Garth Ennis e Darick Robertson, lo si associa mentalmente alla critica verso i supereroi e il sistema editoriale di punta che li sforna, verso il piattume di un immaginario americanocentrico sottostante a meccanismi spesso bigotti e capitalistici: critica che avviene attraverso una decostruzione (e una distruzione) della figura del “superuomo” spogliato del suo mantello e descritto nei suoi aspetti umanamente violenti, immorali, perversi. Quando invece si pensa al The Boys televisivo di Eric Kripke, balza subito alla mente non solo lo sbeffeggiamento del consumismo estremo, che conduce ad esempio il cinema (e in particolare i cinecomic) ad oggettificare i propri protagonisti fino a farli diventare veri e propri prodotti in ogni mercato immaginabile; ma anche la dura riflessione sulla radicalizzazione della destra americana negli Stati Uniti, con tutte le conseguenze del caso. Razzismo, odio, complottismo, misoginia, legittimazione all'uso delle armi e della violenza: tutto il peggio prodotto dalla frangia alt-right che si rispecchia ad esempio in gruppi come Qanon, neonazi e trumpisti facilmente individuabili qui nei fan dei super Stormfront e Patriota (le cui ideologie trovano il loro culmine in The Boys 3 e, nello specifico, nel finale di stagione).

La serie TV di The Boys spinge però anche verso altri temi, che nell'opera a fumetti erano stati raccontati in maniera più sfuggente e velata per approdare su altri lidi. Appare più evidente che mai come le relazioni genitori-figli in The Boys 3 possiedano un’importanza capitale tanto nel forgiare i singoli individui, quanto nel fornire loro la giusta direzione per crescere come componenti della società. Ciò che era stato solo accennato in alcuni episodi delle scorse stagioni, trova un’ampia conferma in The Boys 3: le dinamiche familiari dei protagonisti sono (in parte) la ragione per cui oggi sono ciò che sono. Spietati e violenti o remissivi e condiscendenti, segnati da traumi incancellabili che li hanno spinti verso la ricerca della giustizia o che, al contrario, li hanno resi psicotici. Le colpe dei genitori ricadono sui figli? Cosa ci dice The Boys 3, con il suo cinismo, lo humor nero, l’azione violenta, sull’autodeterminazione?

Traumi e psicosi: relazioni genitori-figli in The Boys 3

Io sono tuo padre

Le relazioni genitori-figli in The Boys 3 sembrano essere il fil rouge che collega ogni episodio, portandoci a fine stagione alla conclusione di un’analisi quasi psicanalitica dei protagonisti. Non che certe dinamiche non fossero già chiare in precedenza, prima fra tutte quella estremamente conflittuale di Patriota. Nato in provetta, prodotto 100% Vought di origine certificata, non ha mai avuto un padre e una madre, ma è cresciuto circondato da individui in camice. I suoi deliri di onnipotenza sono accompagnati da evidenti segni di squilibrio che già nella prima stagione diventano chiari con atti efferati e... una perversa attrazione per il latte materno (in questo gioco di parole Latte Materno non c’entra nulla, per fortuna). “Passione” che viene ripresa più volte nel corso delle stagioni (l'ultima, in The Boys 3, nella sequenza della stalla). Patriota non sembra essere conscio di quanto la mancanza di genitori, biologici o adottivi che siano, abbia determinato almeno una minima parte dei suoi squilibri, anzi, non è minimamente consapevole della sua psicosi in toto, ma nell'ultima stagione andata in onda gli viene offerta una prospettiva allettante: quella di avere finalmente un padre.

Da qui in poi entreremo nel terreno degli spoiler, perciò se non avete ancora avuto modo di ultimare la visione di The Boys 3 sconsigliamo di proseguire nella lettura. In caso contrario, si fa qui riferimento ovviamente all'episodio 7, in cui Soldatino rivela come i suoi “materiali organici” abbiano dato vita a Patriota nei laboratori Vought: scoperta che provoca tanto nel primo quanto nel secondo dei moti di esitazione alla prospettiva di doversi scontrare fino alla morte. È interessante qui non tanto l'esito delle loro considerazioni (che era già piuttosto prevedibile, poi confermato dalla strada della lotta intrapresa da Soldatino), quanto chiedersi come un’eventuale relazione padre-figlio tra i due avrebbe potuto cambiare le cose: avrebbe mitigato le rispettive, violente, personalità? Patriota avrebbe patito meno la solitudine? Sarebbe cresciuto con una figura di riferimento che gli avrebbe insegnato come guadagnarsi il proprio posto nel mondo con dignità? E soldatino avrebbe coronato il suo desiderio di avere dei figli diventando un padre e una persona migliore? Probabilmente la risposta a tutte queste domande è che un'eventuale “alleanza” tra due personaggi tanto instabili avrebbe portato solo più morte e caos, ma nel farci immaginare tutti gli scenari possibili Eric Kripke sembra suggerire diverse implicazioni, prima fra tutte che Patriota, malvagio, privo di senno e di morale, cieco di fronte al dolore che non sia il suo, forse non è esattamente il cattivo della storia: in realtà, il male che i Boys dovranno combattere fino alla fine, è quella stessa Vought che ha plagiato o strappato bambini alle loro famiglie per farli crescere come super o, come nel caso di Patriota, non gliene ha mai fornita una, determinando ciò che è diventato, senza riferimenti e quindi senza freni.

Diventa interessante inoltre come le dinamiche inconsce di Patriota abbiano definito un'altra relazione genitore-figlio, ovvero quella tra lui e Ryan e, di riflesso, quella tra Ryan e Billy Butcher. Patriota, un ragazzino arrogante e capriccioso nel corpo di un uomo che tenta di plasmare un altro individuo a sua immagine. Ryan, un bambino a malapena consapevole del fatto di possedere dei poteri sovrumani e molto pericolosi che, persa la guida del duro Butcher, trova nel super una figura paterna che possa inserirlo nel mondo. Butcher, ormai l’ombra di un uomo la cui anima è stata soppiantata così in profondità dal cieco desiderio di vendetta, da allontanarlo da qualsiasi rapporto umano, incluso quello con il ragazzino che sarebbe potuto essere suo figlio. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. E in questo trio Ryan è sicuramente la vittima, suggestionato dalle parole di Patriota: il finale di stagione di The Boys 3 sembra promettere che anche il ragazzino sarà coinvolto in atti di violenza, ma in che modo? Seguirà le orme del suo padre biologico e utilizzerà i suoi poteri in maniera incontrollata senza considerare gli individui lungo il suo cammino? Rifiuterà di fare del male diventando il “supereroe di cui abbiamo bisogno”? Sarà lui quell'arma tanto decantata capace di distruggere Patriota? Una cosa è certa: ancora una volta, The Boys 3 racconta con asprezza quanto le scelte dei padri possano avere un peso considerevole sui figli.

La famiglia è quella che scegliamo

La scia su cui plana questa terza stagione della serie TV Prime Video coinvolge proprio tutti, anche i nostri Boys. Il tema improntato dagli autori è chiaro: i personaggi che ci troviamo di fronte, con le loro scelte e le loro azioni, sono il frutto di esperienze familiari difficili o traumatiche. È il caso ad esempio di Frenchie, il cui rapporto abusivo con il padre viene raccontato dalla perfida Little Nina nell'elencare le cicatrici che ricoprono il corpo dell’uomo. È la rivelazione fatta di fronte a Kimiko e Cherie che mette Serge dinanzi a una scelta: continuare a chinare il capo e ubbidire agli ordini di Butcher senza opporsi, come accadeva durante la sua infanzia con il padre, o rifiutare l’autorità di questo capo dispotico e minaccioso. Un dilemma che affligge Frenchie durante l’intero corso di The Boys 3 e interessa anche Kimiko, dando modo di azzardare delle ipotesi sul futuro dei due personaggi. Prendere coscienza dei suoi traumi familiari darà modo a Serge di staccarsi, con la sua compagna di disavventure, dal giogo di Butcher e vivere con quella che adesso è la sua “famiglia”?

Intanto, anche su quest’ultimo apprendiamo una storia fondamentale, esposta in un flashback che lo interessa tra le pagine del fumetto e adattata nella serie TV in maniera pressoché fedele. Billy Butcher aveva infatti un fratello minore di nome Lenny, vittima come lui delle violenze del padre, Sam Butcher. Fungendo da bersaglio principale nel proteggere Lenny dagli abusi, quando Billy ha deciso di intraprendere la carriera militare, ha però involontariamente lasciato il fratello alla mercé del padre. Da allora, è divorato dal senso di colpa per il suicidio di Lenny, sfinito da anni di abusi fisici e psicologici, e si riscopre consapevole di reiterare senza volerlo i linguaggi e gli atteggiamenti malsani del padre verso gli altri. Un uomo forgiato dalla durezza che sceglie però a sua volta di essere duro, estremamente autoritario, incapace di accettare il dissenso dei suoi compagni.

Cresciuto conoscendo solo la violenza, forse è per questo che Billy Butcher sembra non trovare mai altro modo per risolvere la situazione. Nemmeno, ad esempio, quando si tratta di proteggere Hughie: per intenderci, nell'impedirgli di seguirlo, gli sferra un cazzotto che lo manda KO. È proprio Hughie, però, ciò che mantiene acceso in Butcher quel minuscolo lumicino di umanità. La figura di un fratello minore che viene ritrovata nel giovane membro dei Boys, sempre piuttosto ingenuo ma ragionevole, contrario alla violenza e protettivo: il lume della ragione che di tanto in tanto riesce a far ritrovare il senno del capo. Volenti o nolenti, entrambi si ritrovano effettivamente a condividere esperienze di ogni genere fianco a fianco come due fratelli ed entrambi scelgono la propria famiglia: quella folle e disturbata dei Boys.

Relazioni genitori-figli in The Boys 3: e poi c’è LM

Nei Boys c’è anche un papà: Marvin, alias Latte Materno. E qui, in cui più che in ogni altra stagione accusiamo il colpo di relazioni genitori-figli in The Boys 3, aspre e talvolta brutali, le sue dinamiche familiari trovano più spazio ritraendolo maggiormente come padre e non solo come una “macchina da guerra”. Su LM apprendiamo di più riguardo al suo passato e sul perché ha deciso di combattere i super, in una rivisitazione del suo vissuto che riprende a grandi linee quella ideata da Garth Ennis. Il disturbo ossessivo compulsivo, la tendenza alla violenza, sono tratti che suo malgrado ha acquisito a causa dei segni lasciati da Soldatino nella sua vita e che si riverberano sulla vita di Janine, sua figlia, nel momento in cui di fronte a lei dà mostra dei suoi comportamenti quando si parla di super (non senza buone ragioni, in fin dei conti).

Consapevole dei suoi modi irruenti, Marvin fa però qualcosa di diverso e speciale: dialoga con la figlia, parla con lei, le racconta la verità sul suo passato e le spiega perché ha tanto a cuore una questione tanto delicata. Non cerca scusanti o giustificazioni, ma spiega che per lui è necessario combattere i super, che non tutti i supereroi sono davvero buoni e che se si è schierato contro di essi, lo ha fatto anche per proteggere Janine e la sua famiglia dai pericoli che gli individui dotati di superpoteri possono causare. Insomma, seguendo l’impronta data a The Boys 3, è chiaro come esistano anche rapporti familiari che, se non sono perfetti (ma d’altra parte quali lo sono in realtà?), cercano quantomeno di essere onesti, amorevoli e protettivi.