Ritorno a Brooklyn, recensione della graphic novel di Garth Ennis

Ritorno a Brooklyn racconta la vicenda di Bob Saetta, di ritorno nella città d'origine per salvare sua moglie e suo figlio da suo fratello Paulie.

Avatar di Mario Petillo

a cura di Mario Petillo

Contributor

Non si possono non apprezzare gli esperimenti, i tentativi, la necessità di provare a innovare. C'è un desiderio fisiologico alla base di ogni vena artistica riposta in sceneggiatori e disegnatori che conduce inevitabilmente a questo tipo di sfogo: voler provare qualcosa di nuovo è fondamentale, per provare a essere ricordati in qualche modo. Lo ha fatto Garth Ennis insieme a Jimmy Palmiotti affidando Ritorno a Brooklyn ai disegni di Mihailo Vukelic, che propone uno stile tutto suo, che i due autori sono sicuri diventerà presto una scelta acclamata. Non ci sbilanciamo altrettanto anche noi, ma indubbiamente possiamo dire che le intenzioni di Vukelic si sposano bene con la storia raccontata da Ennis, che trasformano Brooklyn in un cimitero a cielo aperto, nemmeno troppo terso.

Bob Saetta di ritorno a casa

Ritorno a Brooklyn racconta la storia di Bob Saetta, un pentito figlio di una famiglia che gestisce la criminalità nella sua città natale: vendute tutte le informazioni possibili alla polizia, ora desidera solo poter tornare indietro per poter portare in salvo la moglie e il figlio, finiti nelle grinfie del fratello, l'antagonista della vicenda. Bob ha con sé un nastro che nasconde un segreto circa suo fratello Paulie, colpevole di un crimine che non ha eguali per nefandezza e per assurdità, ma col quale ci confrontiamo soltanto a metà della sceneggiatura. In una crime story che si lascia intervallare e distrarre da numerosi omicidi e brutali assassini, pronti alle più disparate punizioni per i malcapitati, la sceneggiatura di Ennis gioca con un concetto narrativo che si pone alla base degli horror della prima metà del Novecento, quando il non-mostrato spaventava più di ciò che potevamo comprendere: proprio nell'utilizzo di questo espediente, nel momento in cui il nastro di Bob viene proiettato e noi fissiamo gli occhi increduli degli spettatori, capiamo che il crimine commesso da Paulie deve spingerci a empatizzare il più possibile con il protagonista della vicenda e accompagnarlo nella sua vendetta. Perché di questo si parla in Ritorno a Brooklyn: qualsiasi tematica alla fine arriva per confluire nell'accidia verso il prossimo e nella necessità di prendersela con qualcun altro, soprattutto se poi provocati.

Brooklyn tra sangue, coltelli e fucili

In un tripudio, quindi, di personaggi caratterizzati sempre con un fare sopra le righe, dagli amici fedeli di Bob fino alla stessa madre del protagonista, l'intera vicenda prova a sposare la classica diatriba tra preda e cacciatore, confondendo però i ruoli e mettendo gli uni nelle condizioni degli altri: d'altronde mentre Bob dà la caccia al fratello diventa egli stesso braccato dagli scagnozzi di Paulie, che lo attende là dove sa che arriverà prima o poi. Diventa così una caccia all'uomo, che nel frattempo stermina tutto ciò che gli capita a tiro, con la stessa crudeltà dei Sopranos e con la medesima furia un Attila qualsiasi, ma armato di fucile a canne mozze. Conquisterà gli stomaci forti, ma riuscirà ad ammaliare anche chi, figlio del cinema di Quentin Tarantino, coglierà l'abbondanza del colore rosso del sangue che sgorga dai corpi mutilati dei mal capitati. Gestisce così le sue tavole Mihalo Vukelic, che offre un tratto molto delicato al proprio disegno, dando a tutti i suoi personaggi una tonalità olivastra, quasi da terracotta, ma con un tratto ovattato e che da contrasto alla violenza della storia, che lascerebbe immaginare spigolosità e numerose sporcature. Brian Free, poi, colora tutto con delle tinte che fanno adeguatamente da contrasto alla terra dei personaggi, usando dei pastelli che colorano l'ambiente e che provano a trasmettere la delicatezza di Brooklyn, città che impotente deve fare da palcoscenico allo squallore dell'uomo disgraziato.

Ritorno a Brooklyn è una graphic novel che stenta a decollare, ma che quando a metà delle sue 130 pagine arriva a svelare il turning point che dà il via alla risoluzione della vicenda appassiona chiunque, anche chi fino a quel momento si è sentito colpito dritto all'intestino dalle gesta poco confortanti tanto di Bob quanto degli scagnozzi di Paulie. La famiglia Saetta ha una storia da raccontare che vi coinvolgerà soprattutto nel momento in cui arriverete a schierarvi dall'unica parte plausibile, quella del protagonista, senza lasciar alcun dubbio alle vostre domande sul movente che spinge l'antagonista dall'altro lato. La vicenda è cruenta, priva di sentimenti positivi, nonostante provi in alcuni sparuti momenti a raccontarci il valore dell'amicizia e del rispetto, finendo poi rovinosamente a sputare su qualsiasi altra accezione positiva della vita, dalla famiglia fino all'amore stesso. D'altronde, si è criminali fino in fondo.