Ryu Murakami, un giapponese "cattivo cattivo"

Il cinema horror giapponese ha grande seguito anche qui in Occidente. Scopriamo uno degli autori nipponici di culto per questo genere: Ryu Murakami.

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a cura di Camillo Morganti

Nel panorama della letteratura contemporanea di autori giapponesi rispondenti al cognome di Murakami se ne possono trovare due: uno, Haruki, nato a Kyoto, l’altro, a cui i genitori hanno dato nome Ryu, nato nei sobborghi di Nagasaki. Entrambi sono intorno alla settantina, entrambi sono autori di successo e con uno stile molto particolare, ma, mentre il primo ha perseguito una carriera esclusivamente letteraria ed è stato riconosciuto dalla critica internazionale come uno dei geni autoriali della nostra epoca, il secondo si è cimentato anche nella settima arte, tanto come sceneggiatore, che come regista, e quasi tutti i suoi romanzi e persino qualcuno dei suoi racconti sono stati tradotti in film.

Se siete patiti di film horror orientali, avrete già capito che stiamo parlando della mente che ha concepito Audition (link libro su Amazon), uno dei film che regolarmente trova il suo posto in tutte le top 10 delle pellicole più disturbanti mai distribuite al cinema.

E, in effetti, “disturbante” è un termine che si adatta benissimo all’intera opera di Ryu Murakami, dal momento che il giapponese in tutta la sua produzione rigetta completamente l’idea di normalità, anzi: l’oggetto della sua indagine è quasi sempre una qualche turba psichica, di cui però, l’autore si sforza di indagare fino in fondo le cause, quasi che il capirle potesse veramente servire a rimettere le cose a posto.

Al pari di quanto accade nel mondo reale, però, anche in Murakami non capita mai che, una volta chiariti i motivi che hanno portato all’insorgenza di una determinata patologia, i protagonisti ne traggano un qualche beneficio. L’unico risultato concreto è che, al termine di una serie di rivelazioni, il lettore o lo spettatore si trovano a condividere con i personaggi lo stesso livello di consapevolezza.

Non che questo faccia qualche differenza, comunque, visto che la storia continua a marciare inesorabile verso il suo grandguignolesco finale, come un treno fuori controllo…

La donne sono esseri fragili, ma molto pericolosi

Tra i primi romanzi mass market di Ryu Murakami c’è Piercing, (link libro su Amazon) storia di un uomo con tendenze sadiche represse, che, improvvisamente, dopo la nascita della prima figlia, per paura di nuocerle, decide di sfogare il suo estro di serial killer su di un’estranea scelta a caso.

Dopo aver studiato varie opzioni, Masayuki, questo il nome dell’aspirante omicida, opta per una squillo del giro bondage & sadomaso della Tokyo notturna.

Purtroppo per lui, alla sua chiamata risponde Chiaki, una giovane professionista abusata in giovane età dal padre, che, proprio in virtù di tali maltrattamenti, ha sviluppato una personalità sociopatica. Basti dire, che, se il sogno proibito di Masayuki è quello di pugnalare la sua futura con un punteruolo da ghiaccio, il sogno erotico di Chiaki è invece quello di offrire ai suoi partner minestrine condite con abbondanti dosi di anestetico, perché lei, in realtà, ama l’idea di averli inerti davanti a sé. In suo completo potere.

Per una serie di incredibili equivoci, Chiaki finirà per innamorarsi di Masayuki, che, dal canto suo, incontrerà enormi difficoltà nel portare a termine il suo piano originale.

Il finale è aperto e lascia al lettore la libertà di decidere quale sia la sorte finale dei due protagonisti.

Da questo libro è stato tratto un film, uscito nel 2018, con Mia Wasikowska (la Alice di Tim Burton) nei panni della prostituta, che in questa trasposizione tutta occidentale si chiama Jackie, e Christopher Abbott in quelli del protagonista maschile, che qui si chiama Reed.

La pellicola che al cinema ha avuto una distribuzione molto limitata, ma è comunque disponibile su tutti i principali canali di video on demand, è abbastanza fedele al romanzo, da cui si discosta in modo significativo soltanto in due punti: il finale (meno aperto che nel libro) e la ricostruzione del passato dei due protagonisti, che nel libro era affidata a una serie di flashback, mentre qui – e solo nel caso di Reed – è affidata a una sequenza onirica/allucinatoria.

Già da questo primo scorcio si comprende bene quanto l’universo femminile di Murakami possa risultare minaccioso, ma è il secondo romanzo/film mainstream, Audition, a fornire l’esempio più lampante di quanto per l’autore le donne possano essere letali e predatrici.

La Chiaki di Piercing, infatti, non è nemmeno lontanamente pericolosa e letale quanto la “cattiva” di Audition.

Anche in questo caso tutto ruota intorno a un trauma infantile, i cui contorni in Audition rimangono molto più indefiniti rispetto al precedente romanzo.

Protagonista della vicenda è Shigeharu Aoyama, un ricco imprenditore del settore audiovisivo.

Shigeharu, che è rimasto vedovo da qualche anno, dopo aver affrontato per caso l’argomento con il figlio Shigeiko, decide di risposarsi. Per aiutarlo, il suo migliore amico, Yasuhisa Yoshigawa, gli organizza un finto casting per un fantomatico film, che entrambi sanno benissimo non verrà mai prodotto.

Passate in rassegna le candidature delle aspiranti attrici, Shigeharu si invaghisce di una certa Asami Yamazaki e, dopo un primo colloquio, decide di iniziare a frequentarla.

Anche in questo caso, però, la ragazza è una pericolosa psicopatica, ossessionata dall’idea di possedere in via esclusiva il cuore di un uomo e, purtroppo per Shigeharu, l’affetto che questi prova per il figlio impedisce la cosa agli occhi di Asami, che, come ha già fatto in passato con altri uomini, sfogherà la sua ira e il suo sadismo anche sul nuovo compagno.

Audition è stato convertito in film da Takashi Miike, un regista noto per aver prodotto film assai controversi e, in effetti, la pellicola è molto sopra le righe e senz’altro adatta al solo pubblico adulto, contenendo scene molto forti, per altro non tutte presenti nel libro. L’epilogo, che, per ovvi motivi, non sveliamo, è leggermente diverso, ma il risultato finale rimane invariato.

E alla fine arriva Frank

Per quanto le due opere precedenti possano aver impressionato (e continuino a impressionare) il pubblico, comunque, Murakami ha scritto libri ben più estremi.

Uno di questi, In the Miso soup  (Tokyo Soup, nell’edizione italiana) potrebbe vedere prima o poi la luce al cinema, dal momento che il soggetto è stato acquistato da Hollywood e risulta in produzione ormai da un paio d’anni.

In the Miso soup (link libro su Amazon) ha molti punti in contatto con le storie precedenti – anche in questo caso, per esempio, uno dei protagonisti è un serial killer – ma qui il ruolo dell’elemento femminile è molto più sfaccettato: si va dalla compagna (minorenne) del protagonista, classica bella in grado di domare le bestie con la sua sola presenza, alle numerose ragazze di vita, che invece cercano di trarre profitto dai più bassi istinti maschili, solo per finire col pagare un prezzo carissimo.

La storia è, come sempre, paradossale: Kenji, il protagonista principale, è una guida turistica della Tokyo by night. Di solito accompagna i suoi clienti per lingerie club e peep show vari e chiude le serate procurando loro i servizi di una delle tante professioniste del sesso che bazzicano i quartieri a luci rosse della capitale giapponese…

Quando a Kenji arriva la richiesta di Frank, un sedicente ricco turista americano, di fargli da chaperon nei tre giorni che precedono Capodanno, il ragazzo accetta nella speranza di fare un buon incasso, ma Frank è un tipo strano e inquietante e ben presto il ragazzo inizia a sospettare che possa esserci lui dietro una serie di morti violente, verificatesi nelle zone da lui visitate in compagnia del gaijin.

Quando poi Frank paga il conto di un locale con una banconota visibilmente macchiata di sangue, i sospetti del ragazzo iniziano a diventare certezze, ma Frank, calata la maschera, arriva a minacciare Jun, la ragazza di Kenji, pur di obbligarlo a finire il tour pattuito.

Kenji non ha scelta: dovrà assecondare l’americano, sperando, in un modo o nell’altro, di riuscire a portare a casa la pelle.

Il romanzo è molto crudo e contiene una delle scene più raccapriccianti che si possano trovare nella letteratura contemporanea. Sicuramente, se mai il film ispirato all’opera vedrà la luce, quella sola scena basterà a inibire l’accesso ai minori di diciotto anni e a far parlare della pellicola per i decenni a venire, molto di più di quanto non sia avvenuto con Audition.

Tuttavia, come sempre accade in Murakami, la violenza è soltanto la spiacevole conseguenza finale di una serie di eventi messi in moto molto tempo prima, in questo caso non solo nella vita del serial killer, ma anche nell’imbruttimento della società nipponica.

Così alla fine, se Frank assume connotati sempre più super-umani a mano a mano che la storia va avanti, questo succede anche perché lo scenario di desolazione offerto dal serraglio che brulica intorno alla Tokyo notturna è sconfortante in egual misura (se non addirittura di più).

Tirando le somme…

Ryu Murakami sta alla letteratura e al cinema giapponesi come Chuck Palahniuk sta a quelli americani (pur non essendo nato negli USA).

Le sue immagini forti e le sue trame paradossali vengono in realtà utilizzate dall’autore al duplice scopo di esplorare le tematiche che gli stanno a cuore (come le conseguenze dei danni emotivi arrecati ai bambini) e di condurre una critica spietata nei confronti della società giapponese contemporanea.

Rispetto all’autore di Fight Club (link libro su Amazon), però, Murakami ha scelto il genere thriller/slasher come genere d’elezione, lo ha contaminato con l’iconografia di certo cinema splatter (che oggi viene definito “torture porn” e che è stato sdoganato da registi mainstream come Eli Roth e Rob Zombie) e lo ha piegato alle sue esigenze.

Il risultato è un prodotto per palati forti, ma, come certe pietanze piccanti, se avete lo stomaco per tollerarlo, potreste anche trovarlo di vostro gusto. Ma solo se avete lo stomaco. Uomini (e donne) avvisati…

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