Se mi rubi lo smartphone, io sarò la tua ombra

Un giovane studente di cinema ha realizzato Find My Phone, un breve documentario che, seguendo le mosse di uno smartphone rubato, ci parla del rapporto intimo che le tecnologie intrattengono con le nostre vite e dei pericoli a cui esse ci espongono.

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a cura di Alessandro Crea

" Che tipo di persona è quella che ruba un telefono e dove finiscono gli smartphone rubati?" Dalla voglia di rispondere a queste domande apparentemente banali è nato invece Find My Phone, straordinario documentario realizzato da Anthony van der Meer, giovane studente olandese di Cinema, che in una sola settimana su YouTube è stato visto già da oltre 4 milioni di utenti.

Traumatizzato dal furto del suo iPhone e dell'idea che tutto quanto ci fosse sopra fosse alla mercé di uno sconosciuto, van der Meer ha deciso di andare più a fondo alla questione, installando un software spia su un nuovo smartphone e facendoselo sottrarre intenzionalmente, per poi seguirne gli spostamenti. Il risultato è un film affascinante e terribile al tempo stesso, in cui si parte da domande semplici e si giunge invece a riflettere su temi complessi come il rapporto tra vita, tecnologia e privacy.

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Per il suo esperimento sociale van der Meer decide anzitutto di non affidarsi alle normali soluzioni di sicurezza come il tracciamento GPS o il blocco da remoto, troppo semplici da aggirare, ma a un'app per Android, Cerberus, che consente di catturare all'insaputa dell'utente anche audio, video e foto.

Anthony si trasforma così, inizialmente forse anche in modo inconsapevole, da vittima a carnefice. Preoccupato del fatto che il ladro possa entrare nella sua intimità attraverso foto, video, messaggi e contatti ancora presenti sullo smartphone, si ritrova a fare lo stesso, spiando più volte al giorno gli spostamenti dell'individuo, leggendo i suoi messaggi, ascoltando le sue conversazioni e scattandogli anche qualche foto. Lentamente emerge così un quadro di degrado e squallore che porta van der Meer quasi a simpatizzare per l'uomo, che da quanto ha appreso sembra essere un povero diavolo triste e solo che conduce un'esistenza grama.

Il breve film raggiunge il suo apice emotivo nel momento in cui Anthony van der Meer ha l'occasione per incrociare lo sguardo con l'uomo in questione. Il fugace momento - l'unico che descrive qualcosa di fisico e concreto in un flusso ipnotico quasi interamente composto da immagini anch'esse rubate e accompagnate da suoni di luoghi estranei -segna infatti un importante momento di svolta nell'economia del racconto. L'incontro infatti rivela al giovane regista una realtà completamente differente da quella che si era costruito attraverso i frammenti digitali della vita dell'uomo.

Il finale dunque solleva più interrogativi di quante risposte offra. Se un Grande Fratello esiste non dobbiamo cercarlo fuori, in chissà quali organizzazioni che ci spiano attraverso sofisticatissime tecnologie di controllo di massa, ma all'interno della nostra stessa quotidianità, nell'uso che facciamo di strumenti tecnologici che percepiamo ormai alla stregua di innocui elettrodomestici ma che invece non lo sono affatto.

Smartphone Spy Apps

L'attuale mondo in cui viviamo, connesso e digitale, sembra essere da un lato fin troppo trasparente e dall'altro del tutto opaco e impenetrabile. Siamo costantemente esposti allo sguardo degli altri ma al contempo ciò che possiamo conoscere è forse solo una rappresentazione, un frammento minimo e fuorviante di un quadro molto più vasto e complesso.

Il rapporto che intratteniamo quotidianamente con la tecnologia è ormai qualcosa di talmente intimo che per la maggior parte del tempo probabilmente sfugge alla nostra assuefatta percezione. Eppure per comprendere quanto vita e tecnologia siano inestricabilmente connesse e a quali rischi questo ci esponga, basta che in quella routine si apra uno spiraglio qualsiasi, anche banale, come ad esempio il furto di uno smartphone.