Showa – Una Storia del Giappone, recensione del primo volume

Showa – Una Storia del Giappone è un manga atipico che porta i lettori alla scoperta della storia Novecentesca giapponese. Ecco la recensione!

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a cura di Giovanni Arestia

Showa – Una Storia del Giappone è un manga atipico che porta i lettori alla scoperta della storia Novecentesca giapponese. Finalmente il primo di quattro volumi arriva anche in Italia grazie all'elegante edizione di J-Pop e il pubblico nostrano potrà conoscere la tanto divertente quanto singolare ricostruzione dell'era Showa, che va dal 1926 al 1989, realizzata dal maestro Shigeru Mizuki. Quest'ultimo è riuscito abilmente a intrecciare l'autobiografia con eventi nazionali e internazionali, ma scopriamone di più in questa recensione.

Showa – Una Storia del Giappone: la storia giapponese secondo Mizuki

In Giappone, il compianto Mizuki è un mangaka e artista molto popolare, meglio conosciuto per i suoi affascinanti racconti anticonformisti sulla cultura yokai (storie di spiriti che prendono spunto dal folklore giapponese. La parola yokai, infatti, è facilmente traducibile con l'italiano "fantasmi" o "spiriti"). Nella terra del Sol Levante, esattamente a Sakaiminato City, c'è addirittura un museo dedicato ai suoi lavori artistici e ai suoi manga con tanto di riferimenti ai numerosi adattamenti sotto forma di film d'animazione live-action. Per farvi comprendere meglio l'importanza di questo autore per il Giappone, nella sua città natale nonché, appunto, Sakaiminato c'è una strada che presenta 100 statue in bronzo dei suoi personaggi yokai.

Dopo questo preambolo tutt'altro che leggero, passiamo a parlare di Showa – Una Storia del Giappone. Con "Showa" (conosciuto come "periodo di armonia illuminata") ci si riferisce ai 63 anni (1926-1989) in cui ha governato l'imperatore Hirohito. Si tratta di quel periodo storico che permise al Giappone di diventare prima una grande potenza militare per poi essere sconfitto duramente al termine della Seconda Guerra Mondiale. Quest'ultima ha portato il Paese in declino, ma il periodo Showa coincide anche con il grande boom economico che ha consentito di trasformare il Giappone in una nazione ultramoderna e di grande successo negli anni Ottanta.

Nato nel 1922, Mizuki è quindi cresciuto nel bel mezzo di questa era ed è per questo motivo che il manga riprende anche delle connotazioni autobiografiche dato che il mangaka si descrive come un Uomo Showa. È proprio quando l'opera acquista questi aspetti più intime che possiamo osservare un tono narrativo più caldo e informale, soprattutto quando Mizuki racconta le sue avventure con Nonnonba, un'affettuosa e anziana bevitrice che divenne una sorta di nonna protettrice del piccolo Shigeru.

Tra storia reale e cultura yokai

È lei che insegna all'autore la cultura yokai, inclusi alcuni dettagli riguardanti creature fortemente bizzarre come Betobeto-san, uno spirito che incarna la sensazione inquietante di qualcuno che insegue nel buio le persone. Il giovane Mizuki sente il rumore delle sue scarpe di legno in ogni dove, anche nei sentieri percorsi di notte. Ecco quindi che arriva il salvifico intervento di Nonnonba che spiega che se Mizuki permette educatamente a Betobeto-san di passare, lui se ne andrà.

Insomma, per i lettori amanti della cultura giapponese questo manga è imperdibile anche perché mostra perfettamente un'altra visione della storia della seconda guerra mondiale. Per i giapponesi, infatti, quest'ultima non è iniziata con i tedeschi che invadono la Polonia o il bombardamento di Pearl Harbor, ma con la conquista della Manciuria del 19 settembre 1931. Mizuki, infatti, pone una lente d'ingrandimento critica nei confronti delle politiche espansionistiche di un governo dominato dalle forze armate prive di alcun controllo. Quest'ultime avrebbero prodotto il famigerato massacro di Nanchino e altri atti di brutalità.

Mizuki rappresenta perfettamente questo periodo di confusione amalgamando ben tre stili artistici diversi. Le sue avventure durante l'infanzia hanno un aspetto semplice e cartoonesco che suggerisce un momento di innocenza e tranquillità. Il suo ritratto di se stesso da bambino ha una grande testa rotonda paragonabile alle iconiche caratteristiche di Charlie Brown. Anche la testa di Nonnonba e il suo sguardo autoritario si posano costantemente su un piccolo corpo e piccoli piedi. Il padre inefficace di Mizuki e alcuni degli altri adulti, invece, sono realizzati in modo meno fumettistico, anche se sempre con uno stile semplificato.

Tutto questo si presenta in netto contrasto con le ambientazioni dato che i personaggi a volte abitano ambienti ugualmente semplici e minimali, mentre altre volte camminano attraverso evocazioni accuratamente disegnate del Giappone prebellico. I personaggi storici, tra cui l'Imperatore, vari generali e le vittime cinesi dell'aggressione giapponese, al contrario, sono rese realisticamente con tanto di riferimenti a fotografie reali.

L'aspetto editoriale

L'opera realizzata da J-Pop è curata in ogni minimo particolare. Spicca fin da subito la colorata sovraccoperta colorata che riprende i colori e le forme della bandiera giapponese e all'interno è impreziosito da pagine di ottima grammatura e stampe di altissima qualità. L'aspetto più interessante, al netto della meravigliosa storia, è presente alla fine dell'opera dove sono conservate tutte le note inerenti a varie parole di difficile traduzione presenti nei vari balloon, ma soprattutto un ricco excursus storico con tanto di linea del tempo di tutti gli eventi principali del periodo storico che va dal 1926 al 1939 (ovvero l'arco temporale di questo primo volume). Questo gradito extra consente al lettore di immedesimarsi ancora più nella storia e capire come anche i più drammatici eventi siano accaduti realmente nonostante la presenta folkroristica e a volte umoristica degli yokai.

Conclusioni

In conclusione Showa – Una Storia del Giappone va ben oltre quelli che spesso vengono visti come i limiti di un manga. Mizuki si occupa con coraggio e onestà di argomenti che continuano a risuonare anche a distanza di quasi 30 anni dalla prima pubblicazione dell'opera e quasi 80 anni dopo che gli eventi si sono verificati. Si tratta di un'opera audace perché Mizuki cerca di mettere in mostra ciò che molti non vogliono ammettere, ovvero l'incapacità del Giappone di riconoscere la brutalità delle azioni in Asia durante e prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.