Spaghetti Western: da Sergio Leone a Django

Su NOW arriva Django, la serie TV ispirata al film di Sergio Corbucci, ripercorriamo brevemente la storia dello Spaghetti Western.

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a cura di Domenico Bottalico

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Lo Spaghetti Western è uno dei generi che ha sdoganato il cinema italiano nel mondo divenendo fonte di ispirazione per un nutrito gruppo di registi ed autori come Quentin Tarantino o Taylor Sheridan. Con l'arrivo a partire dal 17 febbraio su NOW di Django, la serie TV ispirata alla pellicola cult di Sergio Corbucci, ripercorriamo brevemente la storia del genere esploso con l'incredibile successo di Per un Pugno di Dollari firmato da Sergio Leone.

Spaghetti Western: da Sergio Leone a Django

Le origini e lo sviluppo dello Spaghetti Western

Per tutti gli anni 50 il cinema italiano si era concentrato sul genere peplum, un filone che tuttavia aveva esaurito il suo appeal verso il pubblico. Il primo ad avvertire l'inadeguatezza del genere fu Sergio Leone che, dopo aver lavorato a Il Colosso di Rodi (1961), si concentrò sulla sceneggiatura di un film che svecchiasse gli stilemi del peplum. Il progetto a cui lavorava Leone era un film intitolato Le Aquile di Roma ispirato a I Sette Samurai di Akira Kurosawa. Proprio questa intuizione porterà il regista ad accettare, all'inizio del 1963, la proposta dell'operatore Stelvio Massi e il direttore della fotografia Enzo Barboni (che diventerà anche regista) di cimentarsi con il western adattando La Sfida del Samurai (1961) proprio di Kurosawa che diverrà, grazie al passaparola dello stesso Leone, il canovaccio di tutte le produzioni successive. Nel 1964 infatti uscì nelle sale Per un Pugno di Dollari che è considerato unanimamente la pellicola che dà il via al nuovo filone del western all'italiana o spaghetti western, seppur qualche esperimento precedente c'era già stato sia in Italia che in paesi come la Spagna e la Germania ma senza particolare riscontro di pubblico o critica.

La storia dello spaghetti western tuttavia non è una storia di immediato successo. Il film di Sergio Leone infatti fu girato con un budget ridottissimo (80 milioni di lire raccolti fra tre case di produzione provenienti da paesi diversi ovvero Italia, Spagna e Germania) aspetto che diventerà poi una delle costanti del genere con tutte le difficoltà del caso. Basti pensare che per ammortizzare i costi il film fu girato riutilizzando il set del film Le pistole non Discutono di Mario Caiano. Inoltre Leone e i suoi, compreso Ennio Morricone, temendo un flop totale, firmarono la pellicola con degli pseudonimi anglofoni di modo da spacciare il film come statunitense. Infine proprio Akira Kurosawa accusò Sergio Leone di plagio. La causa fu vinta dal regista giapponese che ottenne il 15% del guadagno ottenuto dalla distribuzione del film in Giappone, Corea del Sud e Taiwan. Piccola curiosità entrambi i registi dichiararono di essersi ispirati a Dashiell Hammett. Il giapponese a La Chiave di Vetro (da cui Stuart Heisler aveva già ricavato un film) mentre l'italiano a Piombo e Sangue.

La stagione dello spaghetti western fu particolarmente florida e produttiva fra il 1964 e il 1969, un quinquennio in cui uscirono praticamente tutti i capisaldi del genere. Anche se idealmente si chiude il suo periodo d'oro un anno prima, nel 1968, con l'uscita di C'era una volta il West, il genere si evolve velocemente in diversi sottofiloni tutti divenuti a loro modo dei cult. Quello meno battuto fu quello del western gotico con elementi soprannaturali e addirittura horror (I Quattro dell'Apocalisse, Joko - Invoca Dio... e Muori, Sentenza di Morte), più fortuna invece ebbe la contaminazione con la commedia che trovò prima in Franco Franchi e Ciccio Ingrassia due validi interpreti e poi nella coppia Bud Spencer e Terence Hill la sua consacrazione con pellicole come Lo chiamavano Trinità...

Un terzo sottofilone, quello che si sviluppò più tardi ed in cui si collocano molte delle pellicole uscite fra il 1970 e il 1975, è quello dello spaghetti western politico in cui si cerca di sviluppare e rendere centrali tematiche come il razzismo, lo sfruttamento e la diseguaglianza sociale già presenti nel filone principale. Di questo sottofilone sono esemplificative pellicole come Keoma, Vamos a matar compañeros, Quién Sabe? e il dittico La resa dei conti e Corri uomo corri in cui Cuchillo, personaggio interpretato da Tomas Milian, è ispirato a Che Guevara.

Dal punto di vista formale lo spaghetti western si forma grazie al lavoro di Sergio Leone, Sergio Corbucci e Sergio Sollima. A questi poi si aggiungono i colleghi Giuseppe Colizzi, Giulio Petroni, Duccio Tessari, Tonino Valerii ed Enzo G. Castellari. È interessante notare anche come intorno alle produzioni del genere ruoteranno nomi fondamentali del cinema italiano di genere dei decenni successivi: Ruggero Deodato, l'aiuto regista di Corbucci, divenne poi famoso per i suoi horror splatter, Tinto Brass, regista erotico per eccellenza girò nel 1966 Yankee, e Lucio Fulci, maestro dell'horror e del thriller che girò il già citato I Quattro dell'Apocalisse.

Le caratteristiche dello Spaghetti Western

Lo spaghetti western è un genere di sintesi. È bene però subito sgombrare il campo da qualsiasi fraintendimento: non si tratta di un "impoverimento" del western classico che fa capo a John Ford. Come detto poco sopra, registi come Leone, Corbucci e Sollima presero come riferimento più il cinema di Kurosawa che quello di Ford inoltre lo stesso Leone ha dichiarato in più di una occasione di non essere mai stato un grande amante del western tradizionale ma di essersi ispirato formalmente al cinema tedesco e contenutisticamente alla tragedia greca, al teatro delle maschere di Carlo Goldoni e alla commedia dell'arte.

È possibile rintracciare un punto di contatto fra western e spaghetti western: in entrambi i casi si tratta di una narrazione di frontiera ma la prospettiva è completamente ribaltata. Il western è un racconto di fondazione cioè mette al centro della sua narrazione il destino manifesto: conquista della terra, lotta contro gli indiani, civilizzazione rappresentata dalla città o dalla ferrovia e soprattutto una netta contrapposizione fra protagonisti senza macchia ed antagonisti monodimensionali. Si tratta di ambientazioni e racconti idealizzati ed imprecisati in cui a dominare è la natura selvaggia e in cui si celebra il trionfo dell'ordine rappresentato dalla legge/istituzione.

Lo spaghetti western è un genere post-moderno perché depaupera l'ambientazione del suo carattere esotico ma dominabile che diventa inospitale e impietoso, sostituisce al trionfo dell'ordine una violenza non filtrata e infonde i personaggi di una rassegnazione e di un fatalismo che affonda le radici sia nella già citata tragedia greca che nell'immanenza del cristianesimo.

Nel 1971, lo sceneggiatore e critico Franco Ferrini individuò 9 topoi che reiterati distinguevano lo spaghetti western da quello classico: l'uso dell'alcol, dei nomi, della banca, delle armi, della legge, del cimitero e del duello. Seguendo queste coordinate, lo spaghetti western diventa un racconto brutale e verosimile, sempre mitopoietico nell'essenza ma con caratteristiche ben diverse quindi.

Per comprendere pienamente questo aspetto basti pensare come nello spaghetti western è completamente assente, e in taluni casi anticipandone il revisionismo, la guerra agli indiani. L'asse delle vicende si sposta verso sud, al confine, sullo sfondo della guerra di indipendenza messicana, della spartizione del Texas o subito dopo la Guerra di Secessione. Uno spostamento di scenario necessario perché l'eroe senza macchina cede il passo ad un antieroe con la distinzione fra "buono" e "cattivo" sempre più sfumata in un ribaltamento dell'ordine pre-costituito in cui l'(anti)-eroe è cinico, trasandato, sporco cioè più realistico e come tale si fa beffe, con ironia e sarcasmo, della legge.

Come l'eroe della tragedia greca, anche quello dello spaghetti western è un eroe senza nome (o dal nome parlante come Trinità, Alleluja, Django che diventa protagonista di lunghe saghe in cui il personaggio è sempre lo stesso ma interpretato da diversi attori e in pellicole slegate fra di loro ma accomunate proprio dalla sola presenza del protagonista "riconoscibile") che utilizza l'inganno e non la forza per sgominare i suoi antagonisti come il pistolero Joe che usa una placca di ferro come giubbotto antiproiettile in Per un Pugno di Dollari. Pur rispondendo ad un proprio codice morale, non è mai mosso da motivazioni idealistiche ma il più delle volte dal denaro espediente narrativo che rimaneggia colpe ataviche come il peccato rimasto invedicato, il senso di colpa o il tradimento fino ad una nichilistica sfida a testa bassa contro il destino.

Non devono sorprendere quindi i rimandi cristologici di molti dei personaggi del genere. Figure che mostrano una certa aderenza nell'aspetto all'iconografia cristologica tradizionale (sia Franco Nero che Clint Eastwood mettono in bella mostra occhi chiari su barba appena incolta e lineamenti aggraziati) e che si presentano allo spettatore sotto forma di eremiti giungendo ritornando anche loro dal deserto ad un luogo di civilità imprecisata. Infine proprio alcuni dei titoli delle pellicole corrispondono a questo afflato religioso, per esempio Un minuto per pregare un istante per morire, Dio perdona..io no! e così via.

Anche dal punto di vista formale, lo spaghetti western si discosta dal western classico. I campi lunghi e lunghissimi, la camera statica, il montaggio lineare e il ritmo tutto votato al climax finale vengono sconfessati. La regia si fa dinamica e maniacale nell'indugiare sui dettagli, spesso anche i più crudi e macabri, il piano lungo e lunghissimo permane ma ora è alternato ferocemente con primi piani, piani strettissimi e tagli audaci. Tutto è svuotato del simbolismo che il campo lungo incorniciava, l'idea di ordine e potenza ordinatrice della presenza umana, in favore di una individualità che fa dello sguardo, inteso come elemento semiotizzante, la sua unità filmica fondante.

È questo il motivo per cui il ritmo è sempre nervoso, fatto di brusche accellerate e lunghi attimi carichi di tensione. Per ottenere questo effetto quindi alcuni elementi vengono esasperati diventando caratteristici. Uno di questi è l'utilizzo del piano americano che viene decostruito non servendo più soltanto a rendere centrale il personaggio ma, scendendo leggermente al di sotto del ginocchio, concentrandosi su fondina e pistola, ne potenzia la carica fattuale ed emotiva. Una inquadratura che permette di privilegiare l'azione senza rinunciare all'emozione.

In questo senso inquadrature e movimenti di camera sono al limite del parossismo, quasi fumettistica, nel loro indugiare e reiterare taluni stilemi, mentre i dialoghi sono minimi e fatti di one liner divenuti frasi di culto. Narrazioni apparentemente scarne in cui si intrecciano personaggi diversi, eppure sempre simili, trovano nella musica un altro elemento semiotizzante non è un caso che registi e compositori tornino a lavorare insieme per ogni pellicola, basti pensare a Sergio Leone con Ennio Morricone o ancora Sergio Corbucci con Luis Enríquez Bacalov.

Importante è anche sottolineare la lapalissiana radicale differenza nella fotografia dello spaghetti western da quello tradizionale. Il motivo è facilmente rintracciabile nelle location utilizzate. Il deserto di Tabernas (Almería - Andalusia, Spagna) era arido e letale restituendo una luce accecante dai toni brucianti che non veniva mai smorzata, come nei western di Ford per esempio, dalle praterie o dalle montagne all'orizzonte. Stesso motivo per cui si utilizzò, in taluni casi, il Gargano in Puglia o i territori collinari, e desertici d'estate, tra Mesoraca e Isola di Capo Rizzuto in Calabria. Il Lazio e l'Italia centrale invece fornivano location in cui era facile la formazione di fenomeni nuvolosi bassi che restituivano una fotografia lugubre e desolante. I luoghi più gettonati furono la piana carsica di Camposecco (Camerata Nuova al confine fra Lazio e Abruzzo), il parco della Valle del Treia fra Roma e Viterbo, le zone di Bassano Romano e Formello (all'epoca scarsamente urbanizzate), le cave di travertino presso Tivoli Terme e la campagna di Lunghezza alla periferia di Roma, i Piani di Castelluccio (Norcia) i rilievi dell'Amiata e del Gran Sasso. Per accrescere il senso di oppressione addirittura Sergio Corbucci arrivò a girare nelle località dolomitiche di Auronzo di Cadore, Misurina, Cortina d'Ampezzo e San Cassiano in Badia il suo Il Grande Silenzio.

È infine importante sottolineare come nello spaghetti western sia fondamentale la fase del montaggio. Seppure alla fine degli 60 e nei primi 70 molte di queste pellicole furono tagliuzzate malamente per rientrare in minutaggi ritenuti più adeguati al grande pubblico, con la rivalutazione del genere avvenuta a partire dalla fine degli anni 90, e cioè con la produzione di director's cut e versioni estese/restaurate, emerge proprio l'intento post-moderno dell'uso del montaggio che rappresenta ancora oggi l'aspetto formale più interessante del genere.

Lo spaghetti western infatti non lavora, come detto poco sopra, per arrivare enfaticamente al climax finale ma lavora per unità narrative quasi indipendenti il cui intento è quello di produrre la stessa carica emotiva equivalente di un climax. È un gioco in cui la posta è sempre più alta, l'esempio più facile da fare è quello del famoso triello de Il Buono, il Brutto e il Cattivo in cui questa scelta narrativa è esemplificativa e supportata magnificamente dalle musiche di Morricone.

I film per conoscere lo Spaghetti Western

La Trilogia del Dollaro

Non una trilogia nel senso moderno del termine, i film firmati da Sergio Leone escono rispettivamente nel 1964, 1965 e il 1966. Per un Pugno di Dollari reinventa il western, Per qualche dollaro in più ne ridefinisce gli archetipi, Il buono, il brutto, il cattivo è l'apoteosi di un racconto che trova nel personaggio dell'Uomo senza Nome (Clint Eastwood che indossa gli stessi abiti e recita in maniera pressoché identica) la chiave di volta della decostruzione del mito americano e introducendo, in un realismo mitizzato, antieroi dalla dubbia moralità. La Trilogia del Dollaro non è una vera e propria trilogia: i film infatti tecnicamente non sono connessi fra loro, se non per il personaggio di Eastwood e per la presenza del denaro come motore degli eventi, inoltre anche cronologicamente i tre film non sono connessi tant'è che nel primo la Guerra di Seccessione è terminata mentre nell'ultimo è in pieno svolgimento.

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Django

Sergio Corbucci sporca lo spaghetti western. Il suo Django è un film lugubre, sadico e senza pietà. Il protagonista arriva in un villaggio fantasma trascinandosi una cassa da morto trovandosi nel bel mezzo di una lotta fra ribelli messicani e le ultime sacche di resistenza sudista rigorosamente razziste. Un giovanissimo Franco Nero interpreta un impassibile reduce che nel disperato tentativo di arricchirsi si azzarderà a fare un pericoloso doppiogioco che si conclude in maniera drammatica nella iconica scena della sparatoria nel cimitero.

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Il Grande Silenzio

Tutto il nichilismo dello spaghetti western è esemplificato da Il Grande Silenzio, il capolavoro di Sergio Corbucci girato nelle nevi di Cortina d'Ampezzo che fungerà da ispirazione a Quentin Tarantino per il suo The Hateful Eight. Qui non c'è lieto fine, solo vendetta, violenza e un finale assolutamente realistico e disincantato. Il film si segnala anche per le azzeccatissime interpretazioni di Jean-Louis Trintignan e Klaus Kinski. Un gruppo di banditi si cerca di nascondersi nei boschi dello Utah in attesa di una imminente amnistia. Il cinico Pollycut però vuole incassare le loro taglie prima che queste decadino e per questo motivo mette insieme un gruppo di bounty hunters fra cui lo spietato Tigrero che uccide il marito di Pauline Middelton. Questa chiede al pistolero Silenzio di far fuori Pollycut, Tigrero e la loro banda.

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¿Quien sabe?

Nel 1967 esce ¿Quien sabe? di Damiano Damiani, quello che viene considerato il precursore degli spaghetti western politici soprattutto per i brillanti dialoghi (qualcosa di estremamente diverso dalle pellicole di Leone o Corbucci) che scavavano nelle motivazioni dei personaggi non divisi semplicemente fra "buoni" e "cattivi" ma fra coloro che cercavano di vivere secondo degli ideali e chi invece avidamente voleva arricchirsi sullo sfondo della rivoluzione messicana. Molto buone le interpretazioni di Lou Castel, Gian Maria Volonté e Klaus Kinski. Bill Tate finge di essere un ricercato, ma in realtà è un sicario americano pagato dal governo di Città del Messico per uccidere il generale ribelle Elías; per portare a termine il suo compito si unisce a una banda di rivoluzionari messicani capeggiati dal Chuncho, dove viene subito ribattezzato Niño. L'attività principale della banda è quella di rubare le armi all'esercito, per poi rivenderle all'esercito ribelle del generale Elías. Il Chuncho non è solo un bandito, e non combatte per arricchirsi, ma con la convinzione di poter liberare il popolo messicano.

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Lo Chiamavano Trinità...

Nel 1970 Enzo Barboni, con lo pseudonimo E.B. Clucher, rinnova lo spaghetti western con la sua ultima declinazione quella comica firmando Lo Chiamavano Trinità... con l'affiatata coppia composta da Terence Hill e Bud Spencer che fino ad allora si erano cimentati con altre pellicole del genere ma più "serie" fra cui I Quattro dell'Ave Maria. Gli stilemi del genere vengono ripresi ma declinati in maniera più leggera e scherzosa compresa la violenza che diventano scazzottate grottesche così come le rese dei conti finali diventano rocambolesche sparatorie. Per alcuni la morte del genere ma per molti un vero viatico ad un genere già ricco. Trinità è un pistolero abilissimo ma pigro e indolente.Vaga nel deserto sdraiato su una treggia trainata dal suo cavallo. Dopo essere giunto in una locanda, divora un'intera padella di fagioli e si scontra con due cacciatori di taglie, ai quali sottrae un presunto assassino messicano ferito. Continuando il suo viaggio, giunge in un paese dove trova suo fratello, corpulento e burbero ladro di cavalli detto "Bambino", nelle insolite vesti di sceriffo.

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