Regia

Strange Days è un film del 1995 che sotto molti punti di vista si può considerare pioneristico. Mette in scena una realtà distopica in cui la realtà virtuale è una nuova forma di droga che si alimenta dei ricordi altrui. Uno scenario nel quale è inserito un thriller con complotto.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Buona parte del pubblico ricorda Strange Days per le scene che rappresentano l'uso dello SQUID. Non era la prima volta che si lavorava al cinema sul concetto di realtà virtuale, ma forse Bigelow fu in effetti la prima a spingersi in territori inesplorati, da un punto di vista tecnico ma anche concettuale.

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Le sequenze in prima persona sono un capolavoro tecnico per l'epoca. I minuti iniziali sono memorabili, e li ritroviamo citati ne I Figli degli Uomini di Alfonso Cuarón (2006), un'altra opera di cui senz'altro ci occuperemo in Retrocult. All'epoca il videogioco Doom era già uscito, ma sarebbero dovuti passare altri dieci anni prima del (pessimo) film omonimo di Andrzej Bartkowiak, mentre Hardcore Henry sarebbe arrivato solo nel 2016, con tutto il suo grande carico di sperimentazione tecnica.

Abbiamo l'idea che l'individuo viva esperienze altrui come se fossero le proprie tramite l'uso di un dispositivo tecnologico. L'integrazione tra macchina e sistema nervoso. I rischi anche fatali nell'uso di questa tecnologia. Fino a Strange Days tutto questo era soprattutto materiale letterario, e la regista di questo film è riuscita in modo magistrale a riproporre queste idee sul grande schermo.  

strange days 1995 08 g

Creare quelle scene che sono poi entrare nella memoria richiese l'uso di diverse videocamera e di un montaggio incredibilmente complesso - almeno per l'epoca. Fu infatti necessario costruire attrezzatura del tutto nuova, per riproporre sullo schermo la visione in prima persona generata dallo SQUID. 

Reagisco ai film che ti colpiscono in faccia, che riescono a essere provocatori o a sfidarti, che si prendono qualche rischio. Mi piacciono i film di grande impatto. È ciò che funziona come me come spettatrice, quindi naturalmente reagisco nello stesso modo quando scrivo. Non voglio essere tranquillizzata o messa a mio agio. Mi piace quello che ti fa salire l'adrenalina.

Kathryn Bigelow

Questo film è inoltre uno di quelli più rappresentativi di questa regista, e in particolare del suo uso crudo e diretto della violenza, che nelle mani di Bigelow diventa un potente strumento simbolico - pochi hanno saputo utilizzarla con la stessa maestria, e tra di essi vale sicuramente la pena di citare Martin Scorsese e Oliver Stone. Proprio la violenza diretta, apparentemente priva di spiegazioni ma sottilmente simbolica, le valse il premio Oscar con The Hurtlocker e sembrava che avrebbe potuto vincere anche con Zero Dark Thirty - ma quest'ultimo porta una rappresentazione davvero dura della realtà, che molti hanno criticato e bollato come irreale ed eccessiva.

Credo che la violenza cinematografica possa essere, se maneggiata in un certo modo, molto seducente. Credo il pubblico si possa stimolare con la violenza in ambito cinematografico. È meraviglioso fare esperienza di quella parte della nostra immaginazione o subconscio, nei confini sicuri di un cinema

Kathryn Bigelow

(intervista completa in inglese)

Il tocco della regista si nota anche nelle numerose scene in esterno, occasione preziosa per dipingere il contesto nel quale si svolge l'azione di Strange Days. Las Los Angeles che ti troviamo davanti è costantemente oscura, e viene da pensare che ci sia lo zampino di James Cameron, o se non altro che Ridley Scott abbia ispirato questa regista. Fumo, luci al neon accecanti, colori sfacciati, gente armata per le strade, polizia che osserva scontri cruenti come se niente fosse. Lenny Nero attraversa questi ambienti come se fosse la docile campagna britannica; non ci fa caso perché è tutto normale, tutto ordinario, niente che possa distrarti dai tuoi pensieri.