Tár, recensione: il genio e la meraviglia dolorosa della realtà

Pur sembrando il classico biopic, Tár è ben altro; il suo è un incedere complesso e squilibrato ma anche affascinante.

Avatar di Nicholas Massa

a cura di Nicholas Massa

Chi è Lydia Tár? Che cosa ha fatto nella vita? Quali obiettivi e traguardi l’hanno resa quello che è? In Tár, l’introduzione stessa che Todd Field costruisce per presentarci questa protagonista può essere presa come chiave di lettura dell’intera narrazione. L’enorme successo raggiunto nella sua carriera inonda questa introduzione, per poi restare una costante dell'intera narrazione, e del modo in cui hanno scelto di delineare il personaggio centrale in ogni singolo evento. Siamo su un palcoscenico costruito per quella che sembra essere un’intervista, e l’intervistatore comincia ad elencare tutto quello che la protagonista ha realizzato fino a quel momento, facendole alcune domande sul suo percorso e sulla sua personale visione strettamente legata alla musica.

Una presentazione del genere chiarisce fin da subito quanto la dimensione lavorativa sia centrale per lei, quanto la musica stessa risulti fondamentale nella sua vita, anche a discapito di tutto il resto. Così il sipario si apre su una donna in carriera, su un vero e proprio genio della musica, su un direttore d’orchestra pluripremiato e temuto, ammirato e forse, nel profondo, anche incompreso. L’intervista iniziale ci dice moltissimo di lei, e al tempo stesso anticipa alcuni elementi cardine della storia che andremo a vedere, e nel suo freddo e geometrico incedere, fatto d’inquadrature semplici e battute pronte, da il via a un’esclusione che non lascerà mai più andare lo spettatore.

Perché Tár funziona così. Non è un film inclusivo ma tutto l’opposto. Durante il cammino ci mostra la vita di una donna che sembra sempre in fuga da qualcosa d’imprecisato, situando la sua esistenza fra due realtà ben distinte: quella della musica e quella umana. Non sta a noi, però, gestire la situazione, o cercare di empatizzare in qualche modo con lei, tutt’al più possiamo farci trascinare nel caos interiore ed esteriore che questa si porta dietro dall’inizio alla fine, facendoci testimoni di una dissoluzione che è prettamente e imprescindibilmente personale.

Tár: essere o non essere?

La storia di Tár è abbastanza semplice, in apparenza. Al centro di tutto troviamo il personaggio di Lydia Tár (Cate Blanchett), appunto, in quello che potrebbe tranquillamente sembrare un biopic, ma che di fatto diventa ben presto tutt’altro. Lei è una famosissima direttrice d’orchestra, una vera e propria eminenza nel settore della musica classica, e una delle più grandi compositrici viventi. Posta a capo della Filarmonica di Berlino, la conosciamo in un momento estremamente esaltante della sua carriera. Non sappiamo moltissimo della sua vita privata, anche se il film non ci risparmia momenti in cui la vediamo a casa con la compagna o con la figlia, alternando sprazzi privati a una continua analisi del suo rapporto con se stessa in relazione alla carriera che ha costruito fino a quel momento.

Dal punto di vista della trama, Tár non è facilissimo da descrivere, anche perché non c’è un vero e proprio filo conduttore a delineare il percorso cui assistiamo, ma solamente un elemento centrale: la sua stessa protagonista. In realtà potremmo quasi affermare che non conosciamo mai, del tutto, la “vera” Lydia, ammantata continuamente dall’immagine che ha costruito nel corso della vita, e perennemente nascosta nella dimensione lavorativa.

Todd Field, però, non si limita solamente a tratteggiare la storia di un genio musicale vivente, ma tenta di andare oltre questa “patina dorata” per cercare l’essere umano dietro alla maschera del successo. Non una storia di analisi, ma un dipinto in continuo movimento fatto di pennellate fuggevoli attraverso cui e possibile scorgere qualche sprazzo di umanità di questa donna, continuamente eclissati da un amore verso il proprio lavoro e la musica che tenta continuamente di adombrare tutto il resto.

Tár è un film con un ritmo estremamente musicale anche dal punto di vista della scrittura. Una sinfonia di elementi che risulta affascinante e sempre misteriosa, quasi irraggiungibile per certi versi, disegnando una narrazione che si nutre di termini tecnici e non detti, di momenti estremamente intimi e di una particolare verve autodistruttiva che rompe facilmente i limiti dello schermo.

Musica e immagini

Come anticipato in precedenza, la musica non è solamente un elemento centrale della storia, ma anche del film stesso che, vi ricordiamo, uscirà il 9 febbraio 2023. Ci troviamo davanti a una pellicola che si nutre di suoni cercando di armonizzarsi con quello che rappresentano sia per la protagonista che per il pubblico in sala. L’utilizzo della dimensione sonora è centrale anche nella lettura stessa della donna, accompagnata da una regia abbastanza dinamica nel suo insieme, capace di momenti creativi improvvisi, e a tratti profondi e onirici.

Nel delineare il percorso di Lydia Tár ci si rende ben presto conto che non c’è alcun percorso, e che tutto si limita a seguire le sue scelte e riflessioni e impegni, fino ad un epilogo che sa di mille letture. Il grande successo che questo personaggio ha ottenuto si scontra continuamente con alcuni elementi, anche molto negativi, del suo privato, in un tormento che da interiore diventa ben presto riflesso ed elemento vero e proprio della sua carriera.

Il rapporto fra lavoro e vita, fra arte e artista, sono solamente la punta di un iceberg che in profondità non vuole in alcun modo essere scovato. Così il regista tende a raccontarci solamente quello che Lydia vuole che vediamo, escludendoci continuamente da tutto il resto.

Diventare qualcuno

La potenza immane che Tár emana quando dirige l’orchestra, e la sua grande sicurezza sono il frutto di un’interpretazione che sorregge ogni cosa: quella di Cate Blanchett (che prima ancora ha lavorato con Guillermo del Toro ne La fiera delle illusioni, attualmente disponibile su Disney Plus e su Amazon). Con questo film il suo talento riesce ad affiorare a tutto tondo, portando in scena un personaggio molto complesso e sfumato che tenta continuamente di dara una certa idea di sé, senza mai veramente esporsi del tutto. La forza d’animo e la freddezza glaciale di alcuni sviluppi si alternano a momenti profondamente emotivi, e ad alcuni sguardi che restano impressi a fuoco sull’obiettivo della macchina da presa.

Non un semplice genio tormentato, quindi, ma una donna che mette davanti ad ogni cosa il suo lavoro e la musica, cercando in tutti i modi di tenere separata se stessa e la sua storia privata dall’immagine che ha faticosamente costruito nel corso della carriera. Una carriera che non lascia respiro e spazio a nient’altro, mentre la musica continua a fluire indisturbata seguendo il suo corso…