The Devil's Hour, recensione: una serie difficile e dal ritmo insostenibile

The Devil's Hour è una serie molto particolare e dalle sfumature variegate, abbiamo cercato di raccontarla al meglio nella nostra recensione.

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a cura di Nicholas Massa

Arrivato il 28 ottobre su Prime Video, The Devil’s Hour è una di quelle storie difficili da comprendere di primo acchito, come quei dipinti estremamente complessi e ricchi di simbolismi, anche astratti, che mano a mano lo si guarda assume un significato del tutto particolare, accompagnato dalla dovuta esperienza. Questa serie TV è proprio così: guardarla significa addentrarsi nei meandri di una narrazione estremamente annodata, cercando di volta in volta di scioglierne le dinamiche in modo tale da trovare un elemento di congiunzione univoco che giustifichi tutti gli sforzi e gli eventi accaduti fin dall’inizio.

Così, anche se nei suoi primi sviluppi The Devil’s Hour potrebbe erroneamente suggerire l’idea di essere un thriller/giallo tipicamente inglese, con qualche elemento horror, così non è, o almeno non del tutto, spingendo a continuare nella visione per cercare di apprendere quanti più elementi possibili sulla realtà dei fatti. Scritto da Tom Moran e prodotto da Steven Moffat, il viaggio proposto da questa serie tv non è affatto dei più facili, anche se mano a mano che si prosegue fra le pieghe delle sue ombre, l’originalità generale affiora, cambiando totalmente ogni premessa, o giudizio iniziale.

Di cosa parla The Devil’s Hour?

La narrazione di The Devil’s Hour si sviluppa, almeno all’inizio, in due strade distinte. Da una lato troviamo il personaggio di Lucy Chambers (interpretata da Jessica Raine), un’assistente sociale che  soffre di problemi legati al sonno, essendo tormentata da una serie di incubi indefiniti che la fanno svegliare sempre alla stessa ora: le 3:33. La vita della donna si divide fra il lavoro (in cui sta a contatto con situazioni familiari difficili e complicate) e il figlio Isaac (un ragazzino molto particolare, freddo, apatico e distaccato, distinto da un rapporto col mondo che lo circonda difficile da comprendere, in cui afferma di vedere cose e presenze che gli altri non percepiscono). L’altro lato della trama è contraddistinto dalle vicissitudini di Ravi Dillon (Nikesh Patel), un detective alle prese con alcuni crimini efferati. Alla ricerca di motivazioni e risposte lo conosciamo mentre si muove su alcune scene del crimine riuscendo a fatica a trattenersi, dato che ha il terrore del sangue. Le due strade s’incontrano nel momento in cui Isaac scompare, presumibilmente rapito da qualcuno, con le ricerche che condurranno a sviluppi del tutto inaspettati.

Contrariamente alle sue premesse la narrazione non si muove soltanto in questa direzione, alternando le sue possibilità temporali con alcuni sviluppi che vengono mostrati agli spettatori in contemporanea alle vicende di questi due. Nel racconto, infatti, alle scene principali si alternano quelle di un interrogatorio a un uomo di età avanzata (interpretato da un magistrale Peter Capaldi). Non sappiamo quando l’interrogatorio abbia luogo, non sappiamo chi sia quest’uomo, e non conosciamo le motivazioni che hanno portato a questa situazione. Nella stanza con lui, dall’altra parte del tavolo, troviamo sia Lucy che Devy, con le frasi pronunciate durante l'incontro che risultano prima estremamente enigmatiche per poi diventare la chiave di lettura di tutti i successivi sviluppi.

Oltre alla violenza di una realtà cui entrambi i protagonisti stanno a contatto quotidianamente, The Devil’s Hour inserisce all’interno della sua trama elementi provenienti sia dalla dimensione dell’horror, che del soprannaturale, con qualche piccolezza proveniente anche dalla fantascienza. Comprendere la trama fino in fondo richiede un certo tipo di attenzione e riflessione di fondo, anche perché la lettura che la serie offre in merito agli eventi a schermo non è delle più semplici, spingendo verso una vera e propria rielaborazione di alcuni concetti chiave della nostra stessa esistenza. In questo si trova l’originalità del prodotto, nel riuscire fin dall’inizio a seminare alcune piccole briciole che con l’avanzare degli eventi palesano sempre di più la propria presenza su una tela le cui pennellate seguono una direzione tutta loro.

Muoversi cercando di arrivare alla fine

Uno dei tratti più particolari di The Devil’s Hour è proprio la sua struttura narrativa e le scelte che prende con l’avanzare degli eventi. Partendo da un genere estremamente riconoscibile, quello del thriller/giallo, questa serie sceglie di seguire una strada del tutto differente, fondendo all’intera storia elementi appartenenti alla dimensione del paranormale, e creando un vero e propri ibrido che sa sorprendere. La sorpresa, però, diventa ben presto stanchezza e sforzo mentale quando accompagnata da un ritmo narrativo poco avvincente, che si dilata a dismisura anche per spiegare le cose più semplici e gli sviluppi laterali, complicando ancora di più la visione. Così ci ritroviamo ad assistere a momenti di estrema tensione, accompagnati da lunghe parentesi, anche inutili, prolungate da una regia che non aiuta ad avanzare, prendendosi un sacco di spazio fra un evento e l’altro con inquadrature fisse e silenzi sfiancanti. Tutto trova una quadra in The Devil’s Hour, più o meno. L’esperimento narrativo alla base dell’esperienza che la storia offre, resta sicuramente molto interessante, anche se per avere una minima visione e comprensione dell’insieme bisogna arrivare al suo sesto e ultimo episodio, ricordandovi che ognuno dei precedenti dura dai 56 minuti in su.

Le tempistiche di questo racconto vanno di pari passo con la sua costruzione formale, anche se la regia curiosamente, non si sbilancia moltissimo costruendo un’insieme d’immagini che fa il suo lavoro, accompagnando in maniera del tutto equilibrata una narrazione che segue una direzione molto più particolarizzata dal punto di vista della scrittura. La semplicità di questa regia, comunque, offre la possibilità al cast di esprimersi al meglio, con l’interpretazione di Jessica Raine, ad esempio, che merita sicuramente un’interesse maggiore. In continua lotta con se stessa e con il mondo che la circonda, il suo personaggio resta sicuramente il più memorabile sul piccolo schermo, siglato da un’interpretazione che funziona dal primo all’ultimo episodio.

Riflessioni

The Devil’s Hour, comunque, non è soltanto mistero ed enigmi, ma anche interesse sociale. Al di fuori degli eventi che coinvolgono la protagonista troviamo un contesto estremamente realistico e ben delineato in cui muoverci, con un’Inghilterra disegnata dalle da alcune problematiche che sicuramente impreziosiscono la narrazione. Il lavoro stesso della protagonista, a contatto con le famiglie distinte dalla violenza domestica e dall’abuso di droghe, la dice lunga sull’interesse sociale di questo prodotto, coadiuvato da alcuni momenti estremamente diretti di denuncia e critica violenta e sincera.

Il risultato si esprime in una storia che sembra qualcosa per poi cambiare continuamente giocando con gli spettatori e trascinandoli in un vortice oscuro dove le ombre continuano a danzare senza la possibilità, almeno non subito, di comprendere quello che fanno e le motivazioni di queste danze. Una volta dissipata l’oscurità, comunque, la situazione non resta affatto delle più semplici, richiedendo ulteriori riflessioni e comprensioni che cercano di aprirsi a qualcosa di difficilmente definibile.