The French Dispatch, la recensione del ritorno di Wes Anderson

La nostra recensione di The French Dispatch, il nuovo film di Wes Anderson nelle sale italiane a partire dall'11 novembre.

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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Era il maggio 2018 quando, ben nove anni dopo il primo esperimento con Fantastic Mr. Fox, Wes Anderson diede vita a quel piccolo grande capolavoro in stop motion che fu L'Isola dei Cani. Una commedia ricca di tutto il fascino e delle atmosfere a cui il regista texano ci ha da sempre abituati con le sue opere, e che non ha fatto altro che contribuire all'affermazione dello stesso come di uno dei più abili cineasti dell'ultimo decennio (e non solo).

Un film a cui sono seguite tante notizie, prima solo accennate e pian piano confermate, sull'arrivo di un nuovo grande progetto ambientato in Francia e con un cast corale di primissimo livello. Oggi quel progetto è finalmente realtà e, dopo una serie di rinvii causati dalla situazione mondiale dell'ultimo anno e mezzo, The French Dispatch si appresta finalmente ad approdare nelle sale italiane il prossimo 11 novembre. Noi di Cultura POP abbiamo avuto la fortuna di vederlo in anteprima, sarà valso l'attesa?

The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun

L'altisonante titolo completo dell'ultima fatica di Wes Anderson racchiude in poche parole la maestosità di un prodotto che nasce principalmente per un motivo: raccontare, tra un'esagerazione e l'altra, una Francia dove culture e motivazioni diverse si scontrano attorno alla cornice della cittadina immaginaria di Ennui-sur-Blasé. È qui che si trova la sede del French Dispatch, un giornale dove le più varie e differenti personalità giornalistiche si incontrano per raccontare storie e temi d'ogni genere.

Il film segue una struttura antologica e, dopo averci presentato la testata nel giorno della dipartita del suo direttore (Bill Murray), parte con una breve introduzione sul fantomatico paesino. La pellicola sarà poi divisa in tre parti, che narrano tre articoli presenti su un numero del Dispatch: la singolare storia di un artista condannato all'ergastolo e della sua musa (Benicio Del Toro e Lea Seydoux), il racconto di una rivolta da parte di una solitaria giornalista e di un giovane ribelle (Frances McDormand e Thimotée Chalamet) e infine le vicende di un rapimento durante la cena di uno degli chef più famosi di Francia.

Se le prime due storie mantengono un ritmo molto alto, dando modo allo spettatore di vivere in prima persona due situazioni davvero singolari, la terza risulta forse un po' carente in questo senso. La sensazione è che si tratti della parte debole della pellicola, con troppi momenti ideati perlopiù come un bell'esercizio di stile. La narrazione resta comunque coinvolgente, e sarebbe sbagliato bollare questo frammento di film come una semplice parata di stelle.

Un elogio particolare lo meritano le performance della Seydoux e della già vincitrice del Premio Oscar Frances McDormand, con le due che riescono a con la loro recitazione a dare le ultime sfumature a un quadro già di per sé molto impattante. Non manca poi l'inconfondibile stile ormai marchio di fabbrica di Anderson, con inquadrature simmetriche e ricercate al millimetro che sembrano davvero delle piccole opere d'arte. A rendere più piacevole la terza parte di film arrivano poi delle divertenti sequenze animate figlie proprio di questo stile, che riescono seppur in parte a risollevare il ritmo della storia in questione.

Il merito del regista è quello di aver dato vita a un film dove alcuni dei volti più famosi di Hollywood riescono a dialogare alla perfezione, quasi danzando sullo schermo nel più raffinato dei balletti. Da un certo punto di vista possiamo addirittura affermare come sia un vero piacere per gli occhi osservare alcuni di essi in ruoli secondari e per pochissimi minuti, quasi come a sottolineare un concetto cardine del film: non esistono protagonisti nel vero senso della parola, è il racconto stesso il personaggio principale di The French Dispatch.

Vorrei vivere in un film di Wes Anderson...

I più attenti avranno probabilmente colto un riferimento musicale nel titolo di questo paragrafo, ma se così non fosse lo potete tranquillamente trovare qui. Citazionismo a parte, quelle di Wes Anderson sono opere capaci di trasmettere sentimenti e sensazioni ben precise. Dagli ambienti all'accompagnamento musicale, passando per una cura maniacale dei dettagli fino alla caratterizzazione dei personaggi ogni elemento è infatti funzionale alla narrazione di una storia ricca di sfaccettature interessanti.

Parlando dei protagonisti e dei loro comprimari, va detto come Anderson riesca anche questa volta a calibrare un cast stellare. Non mancano alcuni degli attori feticcio del regista, come Owen Wilson e Bill Murray per citarne un paio, affiancati dalla nuova generazione di Saorsie Ronan e del protagonista di Dune Thimotée Chalamet. Una commistione che non annoia e che, soprattutto, funziona quasi in ogni singolo frangente.

Il racconto dei singoli personaggi lascia certo molto spazio all'immaginazione, dato che in poco più di un'ora e mezza di film è chiaramente impossibile approfondire ogni singola vicenda di ogni singolo protagonista di The French Dispatch. Ma la pellicola funziona anche, e forse soprattutto, per questa ragione. L'ultimo film di Wes Anderson è da immaginare come un mosaico, nel quale tutti i frammenti ricoprono un ruolo fondamentale per disegnare l'opera d'arte che tutti possono ammirare nella sua compiutezza. Un'opera in grado di mettere in scena amore, sarcasmo e una lieve tinta da black comedy che siamo certi sarà molto gradita a tutti i coloro che attendevano con ansia l'arrivo del film.

Nonostante alcune delle storie narrate riescano a colpire in modo più marcato di altre, che in determinati frangenti danno la sensazione di mancare di quel mordente necessario a chiudere un cerchio in maniera perfetta, possiamo dirlo senza indugiare: Wes Anderson ce l'ha fatta, anche questa volta. The French Dispatch è una lettera d'amore non solo a un'epoca e a una professione, quella del giornalista, curata nei minimi particolari. È anche il film giusto al momento giusto, per celebrare nella maniera migliore il ritorno del pubblico all'interno delle sale cinematografiche. È questa, tra le mille altre, una delle cose che mancavano di più.

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