The Man from Toronto, recensione: un malinteso esplosivo

The Man of Toronto è una commedia d'azione diretta da Patrick Hughes, il celebre regista de "Come ti ammazzo il bodyguard", con protagonisti Woody Harrelson e Kevin Hart.

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a cura di Nicholas Mercurio

Un quarantenne fallito, un sicario e un contratto da portare a termine. Se dovessimo utilizzare poche parole per descrivere The Man From Toronto, queste sarebbero le più azzeccate tre le tante che potremmo scegliere. Sappiamo, però, di non poterci limitare a poco quando si parla di un film che vuole raccontare una storia e farlo con maturità, andando ben oltre i classicismi del genere comico e d’avventura, quando la voglia di sperimentare è così incontenibile da oltrepassare lo schermo.

Tagliamo subito la testa al toro, per cominciare: se avete amato la trilogia dei Kingsman, The Man from Toronto potrebbe farvelo ricordare sin dalle battute iniziali, perché comincia subito tra fuoco e fiamme, non perdendosi in troppi fronzoli. D’altronde non potevamo aspettarci altro dal suo regista, Patrick Hughes, conosciuto a Hollywood per “Come ti ammazzo il bodyguard”, la sua produzione più nota, dove Ryan Reynolds e Samuel L. Jackson hanno unito le forze per proporre un film comico e fuori dagli schemi.

The Man from Toronto, prodotto da Netflix e scritto da Jason Blumenthal e Robbie Fox, si unisce al già ottimo catalogo della società statunitense, infoltendo la selezione dei film comici e d’azione dando un po’ d’aria fresca dopo il passo falso compiuto con Interceptor alcuni giorni fa.

“Sono l’uomo di Toronto”

Questa sarà la frase che sentirete più spesso, una volta che avrete cliccato su “Riproduci” e sarete comodi sul divano mangiando patatine e tracannando Coca Cola. Ma chi è l’uomo di Toronto? Semplicemente un sicario al soldo di una donna misteriosa chiamata Deborah, (Ellen Barkin), una ricca e spietata donna d'affari. Conosciuto come Randy e interpretato per l’occasione da Woody Harrelson (Il Pianete delle Scimmie e Now You See Me), l’uomo di Toronto è un nome conosciuto dalla criminalità organizzata, dalla politica e da chiunque abbia bisogno di far sparire qualcuno.

È un uomo senza scrupoli, un individuo losco, vestito di nero e che utilizza diversi coltelli per uccidere i suoi bersagli. Inoltre, è armato di due pistole, di mitragliatrici e bombe a mano a profusione per le occasioni speciali ed è un appassionato di macchine d’epoca. È qualcuno che non vorremmo far arrabbiare, perché è pure un esperto delle varie lotte marziali, di cui è un grandissimo cultore. E per non farsi mancare nulla, come se non fosse abbastanza, ha pure un pessimo carattere, ma è inevitabile per un assassino spietato.

Ai suoi antipodi c’è Teddy Nilson (Kevin Hart), un fallito con il sogno di diventare un business man del mondo dell’intrattenimento, che vive alla giornata in un negozio e sogna di sposare la sua amata Ruth (Jasmine Matthews). Al contrario di Randy, Teddy è irresponsabile, inadeguato, incompetente e ha il talento di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, facendo arrabbiare chiunque e mettendosi nei guai nei modi più inimmaginabili possibili.

Senza fare troppi spoiler che potrebbero rovinarvi la visione, i due protagonisti delle vicende di The Man from Toronto sono stati scritti con cura con i loro drammi e le loro paure a dare un senso alle loro particolarità più evidenti. Come si ritrovano, però, a collaborare? A causa di un malinteso, che ovviamente può capitare a tutti: in fondo, chi non si è mai trovato in una situazione inaspettata?

È proprio su questo che l’intero racconto di The Man of Toronto basa la sua narrazione, con Randy dietro le quinte come un perfetto marionettista mentre Teddy diventa una controfigura dell’uomo di Toronto, impersonandolo e facendone le veci per gran parte del film per ingannare dei tizi loschi pronti a far scoppiare una bomba e con essa una guerra. Sappiate soltanto che la storia di The Man from Toronto non è poi tanto diversa dalle altre cui ci siamo approcciati nel corso degli ultimi mesi, eppure inscena con convinzione una storia ricca di dettagli capace di lasciare il segno.

C’è sempre un mondo da salvare, sia chiaro, ma la realtà di cui parliamo riguarda sia Randy che Teddy, tutt'e due al centro del racconto dall’inizio alla fine perché sono coinvolti in un susseguirsi di avvenimenti che sarebbero ingestibili per chiunque. Il reale pericolo non è tanto la crisi che potrebbe scoppiare con l’ennesima e inutile guerra tra due paesi, ma i loro conflitti interiori, messi in luce da un rapporto che si evolve come gli avvenimenti che li coinvolgono direttamente.

Se da una parte Randy è un personaggio tormentato, triste e a tratti raccapricciante, dall’altra Teddy è premuroso e si dimostra ben più dell’incompetente che credevamo all’inizio. La cinepresa è infatti puntata su di loro, perché rappresentano due mondi opposti e diversi alla base l’uno dall’altro: c’è la sicurezza dei propri mezzi, quella contraddistingue Randy, e la paura di guardarsi allo specchio alla fine della giornata, un tratto tipico di Teddy e del suo modo di fare. Uno affronta la vita con un coltello tra i denti, l’altro producendo video discutibili su YouTube, come la sua boxe immaginaria in cui nessuno colpisce l’avversario e dove non è prevista alcuna forma di violenza.

The Man from Toronto non è la classica commedia americana

The Man from Toronto, diciamocelo, fa ridere a crepapelle e sa raccontare una storia con maturità. I momenti ironici non sono tuttavia tirati all’osso e le battute, sempre calzanti e azzeccate, regalano dei momenti goliardici, che si amalgamano alle scene che vediamo su schermo in maniera soddisfacente.

È una storia che si prende il proprio tempo per venire fuori, non andando troppo per le lunghe, non disdegnando i classici momenti riflessivi che contraddistinguono le produzioni americane. The Man from Toronto mostra un’evoluzione narrativa più concentrata sui protagonisti e le loro vicende che sul resto del racconto, che passa per tutta la seconda parte del film in secondo piano rispetto alla sua idea iniziale, ovvero mettere Teddy e Randy allo stesso piano, con le loro differenze oggettive e i loro pensieri come delle formule vincenti per confezionare una storia ancora più godibile.

A differenza di tante altre commedie d’azione, dove è quest’ultima a prendere le redini, The Man from Toronto gioca con i protagonisti e i loro sentimenti, portando lo spettatore ad affezionarsi a entrambi. Questo è ovviamente sia merito di Kevin Hart che di Woody Harrelson, che si sono dimostrati degli abilissimi attori ancora una volta dando prova di un’interpretazione magistrale. La storia non inscena soltanto combattimenti crudeli e violenti, con scene adrenaliniche sul filo del rasoio, e non si accontenta di poco, anzi: la regia è stata capace di offrire una commedia ricca di sfumature, cambiando le carte in tavola e definendo i personaggi in modo convincente.

Non per niente, è proprio la loro scrittura ad averci convinto: anche se Randy per gran parte del tempo preferisce indossare i panni del duro alla fine ha un cuore, e sebbene Teddy ci faccia credere di essere lo zimbello della situazione è invece un protagonista con i controfiocchi: matura non appena capisce che è impossibile rimanere con la fissazione per un sogno irrealizzabile che non sta portando da nessuna parte.

The Man from Toronto parla di due storie unendole in una sola, mettendo in mostra un racconto di redenzione che riguarda sia Randy che Teddy. È la storia degli ultimi, di quelli che non ce la fanno ma, impegnandosi e vincendo, diventano persone migliori ricordandosi di essere semplici e capaci di poter vivere lontano dalle proprie costruzioni mentali. È la prova, l’ennesima, che alle volte si può sognare in grande e che basta poco per essere felici, riconoscendo un amico anche là dove non te lo aspetti.

Dagli Stati Uniti a Porto Rico…

Se la narrazione convincenti e dei protagonisti ben scritti non fossero sufficienti per darvi ulteriori conferme delle buone trovate all’interno di The Man from Toronto, Patrick Hughes ha anche curato con attenzione la scelta degli ambienti, proponendo degli scorci imperdibili e d’impatto. In tal senso, siamo rimasti colpiti dagli spazi chiusi, dove la cinepresa si è concentrata anche sui minimi dettagli, tra cui quelli che non pensavamo potessero avere in qualche modo una loro importanza.

Quando si è spostata sulle ambientazioni aperte è stato ancora meglio: immersi come eravamo nella storia, complici gli effetti speciali nelle scene d’azione azzeccate e mai ridonanti, siamo rimasti colpiti dalla qualità visiva delle macchine in fiamme, delle strade ricoperte da cadaveri e dai danni ambientali che una semplice macchina era capace di fare. Da città ad autostrade i nostri protagonisti sono passati su un aereo per arrivare sopra dei grattacieli, in fuga da qualcuno per le strade portoricane e in un bar per nascondersi da un pericoloso nemico chiamato l’uomo di Miami. Esatto, sì, pensavate che l’uomo di Toronto fosse l’unico sicario in giro per il mondo? Ce n'è pure uno di Tokyo, e non è affatto amichevole!

The Man From Toronto è una storia di redenzione come tante altre che però propone dei protagonisti con cui è impossibile non creare dell’empatia, scritti e strutturati in maniera attenta e certosina per farceli ricordare anche una seconda e terza visione. È un racconto di facile comprensione e accessibile a tutti, con un’ottima prova del dinamico duo composto da Woody Harrelson e Kevin Hart, oltre al buon lavoro alla regia svolto da Patrick Hughes. Come ogni storia ha anche una morale, la più bella di tutti: non è il passato a definire chi sei, ma il tuo presente. E il presente, come è inevitabile, è mutabile e imprevedibile. Come la vita.