Troll: monster movie norvegese ambizioso, recensione

Arriva su Netflix un monster movie norvegese che attinge direttamente al folklore scandinavo: Troll, di Roar Uthaug.

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a cura di Rossana Barbagallo

Se colti improvvisamente dalla luce del sole, si pietrificano. Detestano il suono delle campane. In genere sono anche enormi e pericolosi. Ma niente paura: i troll appartengono al folklore scandinavo. E se invece fossero tanto reali da risvegliarsi per invadere una grande città come Oslo? Questo è quanto si chiede Troll, primo monster movie norvegese di Netflix, che combina fantasy e azione per portarci nella terra della mitologia e delle leggende norrene con una creatura pronta a distruggere tutto ciò che incrocerà sul suo cammino. La pellicola di Roar Uthaug sarà disponibile da oggi, 1 dicembre, sulla piattaforma streaming, ma questo ambizioso quanto incespiscante monster movie avrà superato la prova della visione?

Mostri giganti, ma siamo in Norvegia

I nani hanno scavato troppo a fondo e troppo avidamente...”, ah no, quello era un altro film. Ma il succo che fa da substrato a tutto il film di Uthaug c’è. Un gruppo di lavoratori fa esplodere una grotta nel monte Dovre per la costruzione di una nuova ferrovia, ma durante questi scavi qualcosa si risveglia dalle profondità della terra, e falcia chiunque gli si trovi davanti. E già dalle prime, frenetiche immagini dei massi che volano sugli operai, sorge il dubbio che Troll voglia proprio andare a parare sul tema di una natura furiosa che si ribella. Ma facciamo un passo indietro, a venti anni prima. La piccola Nora e il padre, Tobias (Gard B. Eidsvold), stanno scalando una montagna e, giunti in cima, lui esorta la figlia a osservare i picchi che si stagliano loro davanti, per vedere ciò che la pietra cela: i volti degli antichi troll. Quella stessa Nora, ormai cresciuta (Ine Marie Wilmann), lavora adesso come paleobiologa e sembra essersi lasciata alle spalle miti e leggende. Ma chi chiamerà il governo norvegese con la massima urgenza per indagare su ciò che ha causato la tragedia sul monte Dovre, se non la ricercatrice adulta e (forse) disillusa?

Non è uno spoiler dire che da quella caverna che era stata fatta esplodere, è uscito fuori proprio un gigantesco e spaventoso troll, come ci comunica già il titolo del film. Non una sorpresa, dunque. Tuttavia, ciò che sorprende di Troll, la pellicola che ha appena debuttato su Netflix, è la capacità di appropriarsi finalmente di una figura tanto radicata nella mitologia e nel folklore norreni per farne la protagonista di un monster movie. I troll vengono descritti dai racconti come esseri giganteschi? Sì. Sono spesso fonte di pericolo per gli uomini? Certamente. Allora perché non costruirci su un film, in cui tale essere, risvegliato dal suo sonno millenario, perde le staffe e decide di farla pagare agli omuncoli che hanno osato mettersi contro di lui? Per fortuna ci pensa Roar Uthaug, che dirige Troll dietro la scrittura di Espen Aukan. E non vale nominare Troll Hunter, la pellicola del 2010 diretta da André Øvredal, perché con Troll siamo oltre la necessità del mockumentary e della velata ironia.

Quello di Netflix ha tutta l’aria di essere un progetto ambizioso, che riesce ad attingere con perizia tanto dalla tradizione hollywoodiana, quanto dalla passione per i kaiju della filmografia nipponica, prendendo a piene mani da ciò che la mitologia nordeuropea ha da offrire. Messi insieme tutti questi elementi, il risultato è una pellicola concitata, ricca di azione ma anche di pathos nei punti giusti, che se da grande avrebbe voluto fare il film ad alto budget, in parte ci è riuscita: Troll presenta infatti anche degli ottimi effetti speciali che rendono la creatura protagonista piuttosto verosimile. Non una CGI eccelsa, certo, ma non ha nulla da invidiare a produzioni americane appartenenti allo stesso genere, trovandosi addirittura qualche spanna sopra a titoli nuovissimi e blasonati, anche di generi totalmente differenti (e che sulla carta avrebbero dovuto presentare degli effetti di gran lunga migliori. Sì, Guardiani della Galassia, stiamo parlando di voi e del vostro Holiday Special). Altra nota di merito a Troll: l'inserimento nel film di un aspetto che forse non tutti conoscono sui troll e cioè la loro presunta avversione per il cristianesimo, certamente retaggio dell'antica cristianizzazione dei popoli scandinavi che ha assorbito aspetti del paganesimo ribaltandone la sostanza. Il troll è diventato così nemico dei cristiani, poiché assurto a creatura del demonio.

Troll, sì, ma si può ancora migliorare

Come accennato in apertura, Troll non vuole essere solo un monster movie action sul folklore norvegese e i suoi racconti millenari. A dargli un tono è proprio il troll protagonista, moderno King Kong che si arrabbia (giustamente) moltissimo e, fuggito dalla sua prigione di roccia, si dirige verso la capitale per compiere la sua distruttiva vendetta. Non è un caso che la creatura si risvegli proprio a causa degli scavi utili a far passare una ferrovia tra le montagne. Se da un lato il troll sembra incarnare un passato fatto di tradizioni dimenticate troppo a lungo che cerca di riprendersi il proprio posto nella memoria collettiva (anche attraverso un monster movie, perché no?), a uno sguardo più approfondito tutti i rimandi e i termini con cui giocano i protagonisti parlano d’altro. Di una natura selvaggia, quella fatta di suggestivi quanto spietati picchi montuosi e di fiordi e di verdi distese, che se per lungo tempo nel folklore hanno rappresentato la casa dei troll e altre creature magiche, non sono altro che luoghi da rispettare e proteggere, benché la mano dell’uomo sia sempre pronta a distruggere. Non sarà, quindi, che questo troll è in realtà il volto di una natura costantemente in pericolo, un tempo ammirata o venerata come una divinità, oggi sfruttata, abusata e distrutta?

Certo, questa produzione avrebbe potuto calcare maggiormente la mano su certe argomentazioni, che rimangono forse un po’ troppo velate e lasciate alla libera interpretazione del pubblico. Ma non ci lamentiamo di questo. Il problema, in Troll, si presenta quando fa diversi passi falsi, incespica e cade. A livello di scrittura, ad esempio, fanno capolino frequenti escamotage fin troppo comodi e artificiosi, sequenze “facilone” che fanno sorridere ottenendo l’effetto opposto da quello voluto. Come la scoperta di un enorme fossile di dinosauro da parte di Nora, a inizio film, esattamente subito dopo aver ricevuto la notizia che gli scavi archeologici non avrebbero potuto proseguire per mancanza di fondi e la sua battuta “Se c’è una cosa che mio padre mi ha insegnato, è che mai e poi mai devi smettere di crederci”. O come la presenza di Andreas (Kim Falck), consigliere del Primo Ministro e spalla di Nora, che nonostante dimostri una considerevole intelligenza assurge praticamente al solo ruolo di “sottotrama comica” (cit.) anche quando proprio non ce ne sarebbe bisogno.

In generale, inoltre, sembra che Troll abbia voluto ricalcare tutta una serie di cliché presi dai monster movie e gli action americani che, ad oggi, risultano ormai triti e logori (e, neanche a dirlo, si svolgono per la maggior parte del tempo nelle sale di controllo militari da dove vengono inviati gli ordini ai soldati sul campo). Ed è un vero peccato perché tanto nella regia, accorta e tecnicamente ineccepibile, quanto nella fotografia cupa e negli effetti speciali, Troll ci dà la sensazione di essere di fronte a un film di ottima qualità. Non il titolo che potrebbe cambiare il volto del cinema, ma sicuramente una scelta consigliata per trascorrere una serata all'insegna di qualcosa che non si vede tutti i giorni, proprio come un gigantesco troll sbucato fuori direttamente dalle leggende scandinave. In definitiva, sì: Troll è un film godibilissimo, ma se in futuro sarà messo in cantiere un sequel (come lascia suggerire il finale), ci auguriamo che questa produzione si scrolli di dosso quell'ormai inutile eredità lasciata da anni di filmografia hollywoodiana, per esprimere la sua originalità con linguaggi nuovi.