Vite a fumetti: Loris Cantarelli racconta Spider-Man

Vite a Fumetti: Loris Cantarelli ci racconta come è nata la sua passione per Spider-Man, il Tessiragnatele di Marvel Comics.

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a cura di Tom's Hardware

Provate a immaginate un mondo senza Internet. Anzi, senza computer né telefonini, con due soli canali televisivi nazionali e una manciata di sfigatissime tv locali. Lo so, è difficile... il mio nipotino di 11 anni non se ne capacita, e in effetti ha ragione. Se però riuscite a farlo, potreste addirittura arrivare a immaginare quel che del resto è avvenuto nella realtà: considerato che i giochi da tavolo non costavano pochissimo e i videogiochi decenti in pratica erano solo quelli a pagamento nei cabinati dei bar o delle sale giochi... il gioco è fatto, e avete il quadro generale.

Per la compagnia di un ragazzino nel nostro Paese durante gli anni Settanta, curioso di tutto e socievole ma non troppo, non rimanevano che libri e fumetti. Nell’Italia pre-1978 – il vero anno per cui c’è stato un “prima” e un “dopo”, per la mia generazione: quello dell’arrivo deciso della tv a colori (reti private ed estere comprese) e dei cartoni animati giapponesi (da Goldrake in poi) – c’era ben poco che potesse battere i supereroi, e per me c’era ben poco che potesse battere l’Uomo Ragno (come chiamavamo Spider-Man nello scorso millennio, quando il minimo era sapere l’italiano e non l’inglese).

Loris Cantarelli racconta la sua lunga amicizia con Spider-Man

Il nostro “(super)eroe della porta accanto” era anzitutto un personaggio profondamente calato nel quotidiano e nelle difficoltà di ogni giorno: andava a scuola e doveva relazionarsi con gli amici e i compagni fuori e dentro le mura scolastiche, come facevi a non empatizzare con lui?

Inoltre abitava in una grande città, vale a dire l’esperienza che dall’Ottocento accomuna la maggioranza degli abitanti della Terra: ma per un milanese a Milano l’esperienza era pressoché naturale. Ogni sua giornata lo vedeva intento a relazionarsi in vicende scolastiche, mentre magari pensava a tutt’altro: un altro aspetto non da poco, in cui tutti potevamo facilmente riconoscerci.

Praticamente in ogni sua avventura si mettevano in scena i sempre complicati rapporti iniziali di amicizia e le prime cotte, e anche quelli sono risvolti dov’è ben difficile “nascere imparati”.

Come imponeva l’ineluttabile dinamica dell’identità segreta, Peter era continuamente costretto a convivere con il binomio pressoché indissolubile costituito dal mantenere un’enorme responsabilità – “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” è una frase che ora citano perfino alcuni politici, ma noi lo sappiamo da 50 anni – insieme all’imporsi sacrifici quasi insostenibili nel proprio agire, compreso quello di stare, e poi lasciare, però continuare ad amare le persone più care... con tutte le combinazioni e permutazioni possibili e immaginabili (e i ragazzini son giovani, mica stupidi: lo capivamo benissimo).

Altro aspetto tutt’altro che secondario nella fascinazione che funzionava come una calamita, a Peter Parker come a Spider-Man le cose andavano (quasi sempre) bene ma soltanto alla fine, dopo una dura lotta e a volte nemmeno allora: non mancavano i continui errori che nella vita di ciascuno dimostrano quanto nessuno è infallibile (e men che meno un supereroe: la vera “Meraviglia” era lì).

Andando al di là delle vicende orchestrate da Stan Lee e dagli altri sceneggiatori dei primi decenni e guardando più al piano tecnico (anche se allora era più un fatto d’istinto), ricordo perfettamente quanto mi colpissero i disegni, che non soltanto per quelle tutine – evidentemente in materiale sottilissimo... – mettevano in mostra anatomie accattivanti sia dei personaggi maschili che di quelli femminili.

I grandi nomi della storia di Spider-Man

E poi c’era la composizione delle tavole: nel giro di pochi anni – anche perché gli albi italiani abbinavano più di una storia originale alla volta, bruciando le tappe e le tempistiche – riuscirono a passare velocemente da un impianto più tradizionale a impostazioni più libere e creative, soprattutto grazie a un gioco di campi, controcampi e inquadrature che a volte poteva perfino infischiarsene della scansione delle vignette e della tavola... anche perché a quell’epoca l’Arrampicamuri riuscì a passare fra le mani di grandi artisti, uno dopo l’altro, del calibro di Steve Ditko (uno passato alla storia per aver ideato graficamente Spider-Man e Dr. Strange, tanto per dire), John Romita padre (talmente sinuoso e versatile da ricevere poi l’incarico dalla Marvel di curare per decenni tutte le sue immagini promozionali), Gil Kane e Ross Andru.

Per non parlare del Pantheon di personaggi (in)credibili e affascinanti che poteva capitare di incontrare sia nel campo dei cosiddetti “buoni” che dei “cattivi”, gli uni e gli altri più o meno pittoreschi ma in fondo non troppo dissimili tra loro, per di più raramente manichei anche quando improbabili o palesemente fuori di testa (senza vittimismi o sociologie da quattro soldi: ma anche un bambino capisce quando un adulto rischia di raggiungere punti di rottura psicologici e può arrivare a “sbroccare”).

Naturalmente, è impossibile non citare il vertice del coinvolgimento – che mette i brividi ancor oggi – vissuto con le figure tragiche e amatissime della fidanzata Gwen Stacy e di suo padre capitano di polizia, in particolare la morte spettacolare di lui (che proprio in punto di morte fa capire definitivamente al Tessiragnatele che non lo ritiene un criminale, ma soprattutto che conosce la sua identità segreta) e addirittura quella di lei: un evento davvero impensabile e che scioccò tutti, tanto da segnare la “fine dell’innocenza” dell’intero genere dei fumetti di supereroi e che per le modalità in cui avviene tormenterà a vita Peter e noi lettori... con quel maledetto “Snap!” appena (ri)leggibile ma concretissimo!

In tutto questo, leggendo e rileggendo quelle storie s’incrociavano continui legami con la vita contemporanea, agitazioni studentesche e problemi di droga compresi, che parlavano a chi leggeva più di tanti esempi (tv compresa) contemporanei.

Dulcis in fundo, sia durante le battaglie metropolitane dell’Uomo Ragno (per sdrammatizzare e distrarsi dalla paura, ma anche per innervosire gli avversari e indurli a qualche passo falso) che nella vita quotidiana di Peter Parker (per consolarsi e smorzare i toni, ma anche evitare troppi piagnistei al lettore) regnava incontrasta l’ironia, come unica strada per affrontare i drammi della vita: un altro insegnamento sempre valido, ieri come oggi.

Non credo molto al destino, anche se le mie letture si svolsero soprattutto attraverso le ristampe L’Uomo Ragno Gigante dell’Editoriale Corno, perché Spider-Man raggiunse il suolo italiano nell’aprile 1970, pochi mesi prima del sottoscritto: vedi tu il destino, appunto.

È passato quasi mezzo secolo dalla prima volta che io e il Ragno ci siamo incrociati ma, una volta acchiappatomi, la sua miscela di umorismo e tragedia non mi ha più lasciato andare... “e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

LORIS CANTARELLI è direttore editoriale del mensile di critica e informazione “Fumo di China”, su cui ha iniziato a scrivere dal 1995. Ha partecipato a una trentina di volumi collettivi e cataloghi di mostre e collabora con festival di settore (soprattutto Cartoon Club con la divisione Riminicomix), riviste e progetti multimediali come la community Niente Da Dire con diverse iniziative e la IUSVE Cube Radio a cui partecipa alla rubrica radiofonica Avamposto 31 sul fumetto e la cultura pop.

Potete apprezzare lo spirito autentico di Spider-Man leggendo il volume La storia della mia vita