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a cura di Tom's Hardware

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Abbiamo dunque un film senza una storia, il che di per sé è un notevole atto di coraggio da parte di regista e produzione. Ed è anche un atto liberatorio, che permette di sfruttare tutto il resto per tenere incollato lo spettatore allo schermo con immagini che oscillano di continuo, senza la minima speranza di stabilità. Ogni oggetto è tremolante, i contorni dei personaggi sfuggono di continuo alle demarcazioni. Sembra si voglia comunicare l'impossibilità di arginare il tessuto di cui è composto il sogno.

Usando come base di appoggio questi aspetti visivi, il film si regge proprio sull'importanza dei monologhi che i suoi personaggi, estremamente variegati, pronunciano e rappresentano: ci troveremo in presenza di lunghe passeggiate (un'azione registica che serve a dare densità a tutti i rapporti dei film di Linklater, si pensi a Prima dell'alba e seguiti); a volte saremo la camera a spalla del sognatore, a volte il suo grande occhio. Sono estratti di dialogo indipendenti fra loro all'apparenza, piccoli trattati capaci di racchiudere nell'arco di pochissimi minuti illuminazioni di ogni tipo, vissuti e contatti profondi.

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L'interazione con il sognatore è perlopiù passiva, è come se si girasse di lezione in lezione, ma, mano a mano che il protagonista prende coscienza del suo status di "risvegliato", le dinamiche cambiano portandolo ad essere realmente attore del suo sogno e a tentare di stabilire contatti "reali".  E scopre che interagire con le proiezioni di sé (siamo all'interno dei suoi stessi sogni) è un atto autentico, almeno quanto lo sono quelle parole, quei pensieri, quei concetti su cui sono costruite le conversazioni.

Il sogno ci parla di sé rivelandoci come, forse, la nostra concezione di relazione con il mondo è malintesa. Sono un errore, dunque, quei confini netti a cui siamo abituati, quelli che separano ciò che percepiamo come nostro e ciò che invece al di fuori da noi. Il contenuto di un sogno, allora, può essere dentro di noi senza essere nostro; e diventare così un contatto con "il fuori" che parte dal "dentro". Non solo quello che è lì fuori è reale. Il film ci chiede di accettarlo.

Questo tipo di scoperta ci viene consegnata soprattutto da due preziosi monologhi posti nella parte centrale, che portano a svelare quel cosmo nascosto, come utilizzare il sogno, come svegliarci al suo interno, come essere onironauti. Nel farlo ci induce anche a scoprire la storia del film.

Sì perché una storia potrebbe anche esserci, nonostante le premesse e nonostante Waking Life cerchi di sfuggire agli standard