West Side Story: il nostro incontro con gli autori del film

Abbiamo incontrato Steven Spielberg, Tony Kushner e Rita Moreno che ci hanno raccontato la loro esperienza con West Side Story

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a cura di Mabelle Sasso

A partire dal 23 dicembre arriverà nelle sale di tutto il mondo West Side Story, il nuovo film di Steven Spielberg (il trentaduesimo per la precisione) nonché adattamento dell’omonimo musical teatrale ideato da Leonard Bernstein (musiche), Stephen Sondheim (testi) e Arthur Laurents (libretto).

Il musical, che ha debuttato a teatro nel 1957 e successivamente al cinema nel 1961 (il dvd è disponibile per l'acquisto online), traspone in chiave contemporanea Romeo e Giulietta di William Shakespeare ambientandolo nella New York degli anni ‘50 e racconta del tragico amore di Tony e Maria, due ragazzi appartenenti a due bande rivali in lotta per il controllo del West Side newyorkese.

Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare alla conferenza stampa mondiale di West Side Story e incontrare il regista Steven Spielberg, lo sceneggiatore Tony Kushner e i membri del cast Rita Moreno (Valentina), Rachel Zegler (Maria), Ariana DeBose (Anita), Ansel Elgort (Tony), David Alvarez (Bernardo), Mike Faist (Riff), Josh Andrés Rivera (Chino), Bryan d’Arcy James (Sergente Krupke) e Corey Stoll (Tenente Schrank). Durante il nostro incontro gli autori e il cast del film hanno condiviso con noi la loro personale esperienza sul set e dietro le quinte di uno dei titoli più attesi di questa stagione cinematografica.

Per praticità legata alla lunghezza di questo contenuto abbiamo pensato di spezzare in due parti l’intervista, in questa prima parte troverete l’intervista a Spielberg, Kushner e Moreno, cliccando qui trovate la seconda parte con l'intervista al cast.

L’esperienza di Spielberg, Moreno e Kushner

L’incontro con la stampa è avvenuto a distanza di pochissimi giorni dalla scomparsa di Stephen Sondheim, drammaturgo e musicista autore delle canzoni di quest’opera e di moltissime altre produzioni di teatro musicale. Quale è stato il suo livello di coinvolgimento in questo film?

Spielberg: Stephen (Sondheim n.d.r) è stata la prima persona che ho contattato subito dopo aver ottenuto i diritti per realizzare questa nuova versione dell’opera. In precedenza ci eravamo già incontrati, perché tra le altre cose con Dreamworks avevamo prodotto Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street, ma allora non ne avevamo mai parlato del mio bisogno spasmodico di girare una mia versione di West Side Story. Nel lavorare a questo nuovo progetto abbiamo coinvolto moltissimo Stephen, soprattutto per quel che riguarda la stesura della sceneggiatura di Tony a cui ha contribuito con moltissime idee. Il suo coinvolgimento maggiore però ha riguardato le sessioni preparatorie alla registrazione delle canzoni dove ha collaborato con il cast vocale, presenziando per l’intero periodo che fu di tre settimane.

Come è stato scrivere questa nuova sceneggiatura?

Kushner: Quando Steven mi ha chiesto di scrivere questa sceneggiatura ho pensato che questa fosse un'impresa impossibile! Come tutti Amo il film del 1961, lo ritengo un capolavoro e per questo avevo la sensazione che fosse impossibile eguagliare quanto fatto prima, ma ritengo che abbiamo fatto un buon lavoro, pur sapendo che questa versione della sceneggiatura si dovrà inevitabilmente confrontare con uno dei capisaldi dei musical. Nel lavorare alla nuova versione ho apportato alcuni cambiamenti, uno di questi è stato eliminare il personaggio di Doc, sostituendolo con Valentina, una signora portoricana che sarebbe stata la sua vedova e che ho scritto pensando proprio a Rita. Steven è stato subito entusiasta di questa idea e Rita ha accettato subito di interpretarla a patto che il personaggio non fosse trattato alla stregua di un cameo.

Nel film sono presenti alcuni dialoghi in spagnolo non sottotitolato, si è trattata di una scelta consapevole?

Spielberg: Assolutamente, la transizione tra inglese e spagnolo è uno degli elementi caratteristici dell'interazione tra questi due gruppi etnici, con Anita che cerca in ogni modo di far parlare in inglese i membri della sua famiglia. Le differenze linguistiche sono un elemento rilevante del sottotesto politico del film e le varie scene in cui la doppia lingua è stata utilizzata vogliono sottolineare un contesto fortemente razzista. Per esempio all’inizio del film il Tenente Schrank si rivolge ai portoricani che parlano in spagnolo esortandoli a parlare in inglese, oppure la stessa Anita che in modo ostinato utilizza l’inglese come espressione del suo desiderio di conformarsi alla vita negli Stati Uniti.Se avessimo inserito i sottotitoli in queste scene ne avremmo sminuito l’importanza.

Spielberg è personalmente molto legato a West Side Story, in quanto la colonna sonora del film lo ha accompagnato fin da bambino. Nel girare questa sua versione dell’opera ci sono stati dei momenti in cui avrebbe voluto saltare oltre la macchina da presa e raggiungere il cast?

Spielberg: Durante le prove l’ho fatto: ho cantato stonatamente e ballato come se avessi tre piedi sinistri. Abbiamo avuto quattro mesi di prove intensive e questo momento mi ha dato l’opportunità di alzarmi dalla sedia e unirmi al cast. Sia io che Rita abbiamo siamo stati contagiati dall’energia del momento e dall’energia delle coreografie di Justin Peck. Quando però abbiamo effettivamente girato il film ero troppo concentrato dal mio lavoro di regista. Posso dire però che West Side Story è stato un film che dopo tanti anni mi ha fatto sentire un’atmosfera davvero famigliare: mi sentivo come un papà circondato da così tanti ragazzi e questo, fino a ora era successo solo con E.T.

Le riprese del film sono avvenute d’estate durante un’incredibile ondata di calore e una delle scene è stata girata proprio durante i giorni più caldi. Che difficoltà ha comportato?

Spielberg: Avevamo a disposizione una finestra di tre giorni per girare la scena in questione. La location di Harlem però sarebbe stata chiusa al traffico solo durante il sabato e la domenica. Sabato la temperatura percepita era di 38 gradi (ma il termometro ne segnava 35) e dovevamo girare le coreografie di “America” che hanno richiesto molte riprese diverse. I ragazzi hanno lavorato duramente, e hanno sudato davvero tanto bagnando anche i costumi di scena, ma grazie alla magia del digitale in post produzione abbiamo però rimosso tutto il sudore! Il cast era molto felice del lavoro della giornata, ma volevano comunque realizzare altre riprese della scena il giorno seguente, nonostante le temperature proibitive. Abbiamo controllato il meteo per il giorno seguente, ma la temperatura prevista sarebbe stata di quasi 40 gradi. Così decisi che ci saremmo presi la domenica di riposo e che mi sarei preso carico dei costi di produzione extra per non sottoporre il cast a un’altra giornata di caldo estenuante. Fortunatamente lunedì la temperatura era scesa a 31 gradi!

In questa nuova versione di West Side Story New York è rappresentata come un personaggio vero e proprio. Come è stato ricreare le ambientazioni urbane degli anni ‘50?

Spielberg: Una parte della New York di settanta anni fa esiste tutt’ora all’interno di distretti come Brooklyn, Queens, Bronx e Harlem alta. Abbiamo girato solo dove gli edifici non erano cambiati nel corso degli anni. In aggiunta alle location di New York abbiamo utilizzato anche Paterson, nel New Jersey, per ricreare il ghetto dei portoricani perché quella zona assomigliava moltissimo a com’era la vecchia San Juan Hill (tra la cinquantanovesima e la settantaduesima strada). Per quel che riguarda i set siamo ricorsi al digitale solo per un’estensione panoramica nella prima scena, per eliminare i condizionatori, le antenne paraboliche e le barre di sicurezza delle finestre. Tutto ciò che vedrete nel film sarà quindi accurato per quel che riguarda il periodo storico in cui la vicenda è ambientata.

Rita Moreno ha interpretato Anita nel film del 1961, ruolo con cui ha anche conquistato un Oscar come miglior attrice non protagonista, com'è stato passare il testimone ad Ariana DeBose? E com’è stato rivivere il film dal punto di vista di Valentina?

Moreno: Non è stato facile, vorrei poter rimanere giovane di nuovo per interpretare nuovamente Anita. Fortunatamente la parte di Valentina è stata così ben scritta da Tony, che amo quello che ho fatto nel film e questo genere di giudizio non è qualcosa che si dice facilmente, soprattutto in relazione alle critiche esterne. Ho amato tutte le scene che ho fatto nel film, ma è stato molto difficile e inquietante, soprattutto nell’unica scena in cui io e Anita siamo insieme. Quella scena in particolare è stato il momento più duro per me, perché quello che stavo facendo come Valentina era salvare Anita da un probabile stupro. Quindi ho rivissuto quello che mi era successo nel film del ‘61 ma questa volta ero io a fermarlo e questo mi ha molto colpito.

Kushner e Spielberg avete ideato questa nuova trasposizione mantenendo l’ambientazione d’epoca rappresentata sia nella produzione originale teatrale, sia nel film del 1961. Avete mai pensato ad un adattamento moderno?

Kushner: Non abbiamo mai discusso di questa possibilità per due motivi, nell’opera originale non c’è nulla di datato, che si tratti della musica o delle tematiche. Sondheim era un grande paroliere, un maestro nell’entrare nei pensieri e nelle emozioni delle persone, ma nello scrivere era molto specifico e perciò nelle sue canzoni puoi ritrovare quel genere di linguaggio usato dai ragazzi di quell’epoca, ad eccezione delle parti in spagnolo che abbiamo aggiunto noi. Ambientare la vicenda ai giorni nostri avrebbe reso strano ascoltare quel linguaggio nel 2021. In realtà l’ambientazione cronologica è stata una delle prime cose che abbiamo discusso, ma io volevo che si percepisce davvero la sporcizia e il degrado in cui questi ragazzi erano immersi.
Spielberg: i nostri ragazzi dovevano essere davvero giovani, non volevamo degli attori più grandi, magari di 30-40 anni, interpretassero questi personaggi, come invece era successo in precedenza.
Kushner: mentre ne discutevamo ci era sempre più chiaro che il livello di povertà urbana negli anni ‘50, e che purtroppo è tuttora presente ai giorni nostri, era davvero concentrato nel West Side. Ci siamo davvero interessati alla storia di quel luogo e questo pezzo di terreno compreso tra la sessantaseiesima e la settantaduesima, è stato poi spazzato via da Robert Moses e il comitato per lo sgombero dei bassifondi. Non solo il quartiere dove sarebbero vissuti i Jets venne spazzato via, ma anche San Juan Hill, il quartiere in cui trovarono casa molti dei nuovi immigrati provenienti da Porto Rico venne demolito. Sia Steven che io siamo rimasti molto colpiti dall’idea che questa tragedia abbia luogo in un luogo che sta letteralmente svanendo dalle vite delle persone che combattono per il controllo di quest’ultimo.
Spielberg: La disputa tra queste due fazioni avviene per motivi legati all’etnia, tuttavia questo contenzioso per il controllo del territorio avviene all’ombra della palla da demolizione, che inevitabilmente si abbatterà contro questi luoghi.

Ci sono state delle scene in cui avete sentito la pressione di dover assolutamente realizzare qualcosa di perfetto?

Spielberg: Non credo ci sia stata una sola scena in questo film in cui Tony e io non abbiamo sentito la pressione di ottenere un risultato perfetto, perché una scena è semplicemente la progressione verso ciò che vuoi esporre o nel raggiungere la conclusione di una storia. Per noi tutto ciò che non avrebbe contribuito alla narrazione della storia o all’arco di un personaggio, non avrebbero trovato spazio in questo film. Ogni scena ha un ruolo chiave all’interno della storia. West Side Story è una celebrazione dell’esser vivi che sfocia nella tragedia e nel dialogo, poiché prima della tragedia abbiamo il dialogo, con l’idea che il dialogo deve essere sempre intrapreso prima di ogni altra azione. Tutto questo per dire che non credo ci sia nessuna scena in cui non abbiamo prestato un’attenzione chirurgica. Tony in questo senso è ossessionato dalla ricerca e dalla documentazione, ma è anche una persona molto aperta ai suggerimenti e alle nuove idee. Questo ci ha portato in un caso specifico, che non riveleremo, a riscrivere una scena ben 32 volte con la versione finale scritta 24 ore prima in cui l’avremmo girata.