Yaksha, recensione del nuovo film Netflix

Netflix punta ancora sulla Corea del Sud con Yaksha, una nuova spy-story fatta di sotterfugi ed inseguimenti.

Avatar di Francesca Borrello

a cura di Francesca Borrello

Grazie al successo che le produzioni coreane sembrano avere tra il pubblico occidentale, Netflix punta sempre di più sul paese asiatico per ampliare il proprio catalogo. Questa volta però, si tratta di un film, Yaksha, uno spy-action che strizza un po' l'occhio alle produzioni americane, cercando di imitarne scenografie, cinematografia e sequenze d’azione.

La storia di Yaksha vede come protagonista Han Ji-hoon, un procuratore coreano che, a causa di un errore commesso durante un’indagine, finisce per essere mandato ad investigare su una squadra spionistica di base in una città cinese. L’uomo, intenzionato a far luce su ciò che non quadra dei metodi del team, rimane coinvolto in una storia spionistica ben più complessa, che coinvolge anche Giappone e Corea del Nord.

Il film di produzione coreana si può inserire a metà tra i classici k-drama che stanno avendo sempre più successo in Occidente, ed i film d’azione americani con inseguimenti, sotterfugi e sparatorie. Tuttavia, pur non raggiungendo il livello dei film d’oltreoceano, Yaksha riesce ad alzare l’asticella andando a sottrarre alcune pecche che si riscontrano solitamente nelle suddette produzione coreane.

Yaksha, la trama senza spoiler

Han Ji-hoon (interpretato da Park Hae-soo) è un procuratore del distretto centrale di Seoul, che ha tentato di arrestare per evasione fiscale il presidente della multinazionale Sangin, fallendo però miseramente a causa di un errore commesso da lui stesso nel corso delle indagini. A causa di questo suo insuccesso, Ji-hoon viene retrocesso a supporto legale per l’ufficio del Servizio Nazionale di Intelligence (NIS).

La direttrice del NIS Yeom Jeong-won (Jin Kyung) lo manda quindi ad investigare sul Black Team, una squadra dell’intelligence che ha sede a Shenyang, una città cinese famosa per l’elevato numero di spie provenienti da Russia, USA, Giappone e dalle due Coree. Il Black Team è capitanato da Ji Kang-in (Sol Kyung-gu), detto Yaksha, con cui Ji-hoon si scontra all’inizio interferendo durante un’operazione. La squadra quindi decide di mettere alla prova le abilità del procuratore inscenando un’accusa di favoreggiamento alla prostituzione e all’uso di droghe, da cui però riuscirà a sfuggire per un soffio, entrando così a far parte ufficialmente del team.

La loro missione principale è ora salvare Moon Byong-uk (Nam Kyung-eup), il capo della Room 39, parte del Comitato Centrale Nord Coreano coinvolto nel mantenimento dei fondi neri di una potente famiglia. Moon, avendo intenzione di disertare in Corea del Sud, cerca di farsi aiutare dal Black Team, in cambio di informazioni riservate sulle spie giapponesi. L’estrazione però fallisce a causa delle numerose parti coinvolte che vogliono entrare in possesso delle informazioni di Moon, ma il Black Team riesce a conquistare una pedina fondamentale nel piano dei Giapponesi: riusciranno a Ji-hoon e la squadra dell’intelligence coreana ad avere la meglio o rimarranno incastrati in un gioco di spie?

I volti di Yaksha

Sebbene le produzioni coreane siano state spinte principalmente nell’ultimo anno a livello mondiale, diversi attori all’interno del cast sono volti che si sono già fatti notare in altri show. Probabilmente, quello più riconosciuto dai più tra tutti gli attori, è l’interprete di Han Ji-hoon, Park Hae-soo, che in Squid Game interpretava l’amico del protagonista. Non solo: l’attore ha prestato il proprio volto anche ad un altro personaggio principale in Prison Playbook, uno tra i più famosi ed acclamati k-drama.

Nam Kyung-eup (interprete di Moon Byong-uk) lo abbiamo già visto invece in Crash Landing on You, un k-drama del 2019/2020, il cui successo riscosso ha fatto decidere alla compagnia di produzione dietro alla serie di parlare di un remake con diversi servizi di streaming tra cui Netflix e Disney Plus. Choi Won-young invece, pur avendo fatto in Yaksha solo un piccolo cameo, è conosciuto ai fan delle produzioni coreane per Mystic Pop-up Bar, una serie fantasy-romantica di cui potete trovare qui la nostra recensione.

Non c’è quindi dubbio che i produttori abbiano puntato specialmente su attori ben conosciuti dal pubblico in particolar modo in patria, ma anche all’estero, forse per invogliare i nuovi spettatori a dare una possibilità a questa storia di spionaggio internazionale. Tuttavia, sono state fatte anche alcune scelte stilistiche e di narrazione un po’ diverse da quelle a cui ci avevano abituati.

Caratteristiche e tecniche utilizzate

Nelle varie recensioni di k-drama che abbiamo realizzato per voi, abbiamo notato come ci fossero degli elementi ben precisi che caratterizzavano i prodotti in arrivo dalla Corea del Sud. Parliamo della focalizzazione dello sviluppo dei personaggi a livello mentale e psicologico ma anche e soprattutto della lentezza in diversi punti delle serie che rallentavano di molto il ritmo narrativo.

Con Yaksha però, si è deciso di prendere una direzione sostanzialmente diversa, pur mantenendo alcune delle particolarità dei k-drama. Ad esempio, il ritmo del film è ben sostenuto senza creare tempi morti fastidiosi, con l’inserimento di diverse scene d’azione, come ad esempio alcuni inseguimenti, guardando molto al mercato americano. I tagli veloci, la fotografia più ricercata e molto più “urbana” di Yaksha, lo fanno diventare un prodotto molto più fruibile rispetto ai k-drama presenti su Netflix, tanto da ricordarci Kate, il thriller con protagonista Mary Elizabeth Winstead.

Pur cercando di adattarsi ad un mercato ben più vasto però, Yaksha riesce a mantenere una forte identità sud coreana, specialmente nella caratterizzazione dei vari personaggi che incontriamo nella storia. I rapporti tra i vari personaggi e la chimica creata tra i due protagonisti, Han Ji-hoon e Ji Kang-in, è ben sviluppata e narrata durante tutta la durata del film, senza mai far sentire certi legami creati di fretta.

In conclusione

Possiamo quindi affermare che Yaksha si posiziona abilmente a metà strada tra i k-drama e le produzioni minori americane, cercando di creare un buon connubio tra vari elementi dei diversi mondi. Pur con qualche pecca, rimane un buon prodotto per passare una serata.