Al MIT hanno messo a punto un transistor 3D da 2,5 nanometri

Un processo che modifica il materiale semiconduttore atomo dopo atomo potrebbe permettere di avere chip con più transistor, più potenti e in grado di consumare meno.

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a cura di Manolo De Agostini

Ricercatori del MIT e della University of Colorado
hanno prodotto un transistor 3D (FinFET) da 2,5 nanometri, ovvero con dimensioni di gran lunga inferiori a quelle dei più piccoli transistor alla base dei chip commerciali odierni. Per metterlo a punto hanno sviluppato una nuova "tecnica di microfabbricazione che modifica il materiale semiconduttore atomo per atomo".

Più precisamente i ricercatori hanno modificato una tecnica di incisione chimica di recente invenzione, chiamata thermal atomic level etching (thermal ALE), per poter intervenire con precisione sui materiali semiconduttori a livello atomico. Questa nuova tecnica è più precisa di quelle in uso e porta a ottenere transistor di maggiore qualità. Inoltre, fa uso di uno strumento di microfabbricazione diffuso, usato per depositare strati atomici sui materiali, il che significa che potrebbe essere rapidamente integrato nella catena produttiva.

"Crediamo che questo lavoro avrà un grande impatto reale", ha commentato il primo autore dello studio Wenjie Lu, studente laureato del MIT Microsystems Technology Laboratories (MTL). "Dato che la legge di Moore richiede il continuo ridimensionamento delle dimensioni dei transistor, è sempre più difficile fabbricare tali dispositivi su scala nanometrica. Per progettare transistor più piccoli, dobbiamo essere in grado di manipolare i materiali con precisione a livello atomico".

La microfabbricazione coinvolge la deposizione (la crescita di un film su un substrato) e l'incisione (incidere disegni sulla superficie). Per formare i transistor, la superficie del substrato viene esposta alla luce tramite fotomaschere con forma e struttura del transistor. Tutto il materiale esposto alla luce può essere inciso e rimosso con sostanze chimiche, mentre il materiale nascosto dietro le fotomaschere rimane.

Le tecniche migliori per la microfabbricazione si chiamano atomic layer deposition (ALD) e atomic layer etching (ALE). Nella prima due sostanze chimiche sono depositate sulla superficie del substrato e reagiscono tra loro in un reattore sotto vuoto per formare un film di spessore desiderato, uno strato atomico alla volta.

Con le tecniche ALE tradizionali si usa un plasma con ioni altamente energetici che rimuovono singoli atomi sulla superficie del materiale. Tutto ciò però causa danni superficiali. Questi metodi inoltre espongono il materiale all'aria, con l'ossidazione che porta ad avere ulteriori difetti che impattano sulle prestazioni.

Nel 2016 la University of Colorado ha inventato una tecnica chiamata "thermal ALE", che ricorda da vicino ALD e si basa su una reazione chimica chiamata "ligand exchange". In questo processo uno ione in un composto chiamato ligando - che lega gli atomi metallici - viene rimpiazzato da un ligando in un differente composto. Quando le sostanze chimiche vengono eliminate, la reazione fa sì che i ligandi di sostituzione rimuovano singoli atomi dalla superficie. Finora la tecnica era stata utilizzata solo per incidere gli ossidi.

In questo nuovo studio i ricercatori hanno modificato la tecnica per applicarla a un materiale semiconduttore, usando lo stesso reattore usato per ALD. Hanno usato una lega di materiali semiconduttori chiamata arseniuro di gallio indio (o InGaAs), che viene sempre indicata come alternativa più veloce ed efficiente al silicio.

I ricercatori hanno esposto il materiale all'acido fluoridrico, che forma uno strato atomico di fluoruro di metallo sulla superficie. Successivamente hanno versato un composto organico chiamato cloruro di dimetilalluminio (DMAC). Il processo di scambio dei ligandi si verifica sullo strato di fluoruro di metallo. Quando il DMAC viene epurato, i singoli atomi lo seguono.

La tecnica viene ripetuta per diverse centinaia di cicli. In un reattore separato, i ricercatori hanno poi depositato il gate, l'elemento metallico che controlla spegnimento e accensione dei transistor. Negli esperimenti i ricercatori hanno rimosso appena 0,02 nanometri dalla superficie del materiale alla volta. "È quasi come sbucciare una cipolla, strato dopo strato", ha spiegato Lu. "In ogni ciclo, possiamo incidere solo il 2% di un nanometro di materiale. Questo ci dà un'accuratezza eccellente e un controllo accurato del processo".

Dato che la tecnica è molto simile ad ALD, "potete integrare l'ALE termico nello stesso reattore in cui lavorate sulla deposizione", ha affermato il professor Jesus A. del Alamo. È necessaria solamente "una piccola riprogettazione dello strumento di deposizione per gestire i nuovi gas per fare la deposizione immediatamente dopo l'incisione…. Questo è molto interessante per l'industria".

Usando la nuova tecnica i ricercatori hanno prodotto dei transistor FinFET. La maggior parte ha mostrato un'ampiezza inferiore ai 5 nanometri e circa 220 nanometri in altezza. Inoltre, la tecnica ha limitato l'esposizione del materiale ai difetti causati dall'ossigeno che rendono i transistor meno efficienti.

I transistor si sono comportati all'incirca il 60% meglio dei FinFET tradizionali nella "transconduttanza" secondo i ricercatori. I transistor convertono una piccola tensione in ingresso in una corrente fornita dal gate che accende o spegne il transistor per processare gli uno e gli zero. La transconduttanza misura quanta energia è necessaria per convertire tale tensione.

Limitare i difetti porta anche a un maggiore contrasto on-off, dicono i ricercatori. Idealmente, quando i transistor sono attivi, si desidera un flusso di corrente elevato e quasi nessuna corrente che scorre quando sono spenti, per risparmiare energia. "Questo contrasto è essenziale per realizzare switch logici efficienti e microprocessori ancora più efficienti", ha spiegato il professore del Alamo. "Finora, abbiamo ottenuto il miglior rapporto [tra i FinFET]".