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a cura di Dario D'Elia

Ricordate la piattaforma AllTunes? Ma sì dai, l’imitazione russa – a basso prezzo – di Apple iTunes. Ne parlammo qualche mese fa, a causa del suo incredibile successo costruito soprattutto su un’offerta di titoli completa e tariffe golosissime (9 centesimi di dollaro per traccia). Ebbene, le major discografiche – come previsto – non hanno gradito e sono partite alla riscossa.

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Nello specifico, BPI (British Phonografic Industry) ha ricordato a allofmp3.com, uno dei siti satellite della piattaforma AllTunes, che il suo servizio viola leggi sul copyright. I gestori russi, ovviamente, hanno controbattuto che non temono nessuna azione legale perché dispongono delle licenze ufficiali.

BPI, probabilmente, denuncerà allofmp3.com presso le Corti anglosassoni, anche se ha ribadito che nessun utente verrà coinvolto nella questione. Secondo le ultime indagini di mercato allofmp3.com è senza ombra di dubbio la seconda piattaforma di vendita musicale online britannica, con il 14% del downloading complessivo – iTunes rimane leader incontrastata.

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Le loro vendite sono illegali non solo in Russia ma in ogni altro paese perchè non dispongono delle licenze. Inoltre i clienti anglosassoni si rendono colpevoli della violazione delle leggi sul copyright perché effettuano copie illegali di file provenienti da un distributore illegale”, ha spiegato  Matt Phillips, portavoce di BPI.

Roz Groome, Consigliere Generale di BPI, martedì scorso ha comunicato al committee della House of Commons culture, media and sport che le dichiarazioni di innocenza di allofmp3.com sono false. “Li denunceremo presso le Corti britanniche, e cercheremo di ottenere un giudizio non contro gli utenti ma contro allofmp3.com”, ha confermato Groome.    

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Dalla Russia echeggia la solita difesa: la piattaforma è stata licenziata dalla Russian Multimedia and Internet Society (ROMS) e dalla Rightholders Federation for Collective Copyright Management of Works Used Interactively (FAIR). L’International Federation of the Phonographic Industry (IFPI), però, ha più volte dichiarato che le licenze ROMS non sono state legittimate e che comunque fanno riferimento solo ed esclusivamente ad una distribuzione localizzata nel territorio di appartenenza.