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a cura di Dario D'Elia

Venerdì scorso la Corte Federale di Santa Clara (California) si è espressa a favore di Apple, nella causa che vede tre giornalisti freelance accusati di aver divulgato informazioni riservate riguardanti nuovi prodotti. Secondo la Corte, l’azienda statunitense potrà vantare il diritto di richiedere la subpoena (incriminazione) di tutti gli indagati che si sono resi responsabili della divulgazione di informazioni confidenziali, pubblicate l’anno scorso da Apple Inside, Think Secret e PowerPage.

Il giudice James P. Kleinberg ha elaborato un documento di 13 pagine che giustifica il privilegio di Apple nel proteggere segreti commerciali, riguardanti lo sviluppo di nuove tecnologie o prodotti, rispetto al diritto alla libera informazione. Le leggi che proteggono i giornalisti professionisti, in questo caso, non sono state considerate perché secondo il giudice l’azione compiuta dai freelance rientra nei casi di furto di proprietà intellettuale.

Apple potrà quindi obbligare i tre giornalisti a divulgare i nomi degli impiegati che hanno trafugato il materiale; in questo momento sono già 25 i dipendenti sollevati da ogni incarico e denunciati come sospettati.

La legge californiana, riguardante il segreto commerciale, è piuttosto rigida e permette azioni civili e penali. Questa azione giudiziaria mette in pericolo il diritto di proteggere le fonti informative e rischia di discriminare l’informazione online, rispetto a quella “ufficiale” decisamente più protetta.

Nel testo di Kleinberg, però, le informazioni di Apple vengono definite come "proprietà rubata, come un qualsiasi oggetto, come se si trattasse di un computer portatile con in medesimi dati sensibili sul suo harddisk". "… il diritto di gestire e proteggere i propri dati sensibili è fondamentale secondo la legislazione californiana, ed essenziale per il futuro della tecnologia e dell’innovazione…".

Jason O'Grady, editore di PowerPage, ha tentato più volte di sottolineare il diritto dei suoi giornalisti di proteggere le proprie fonti, ma sempre secondo Kleinberg "la definizione di reporter, giornalista o blogger non è al centro della questione: nessuno può disporre della licenza di violare la legge". "Definire un giornalista è diventato più complicato a causa dell’espansione dei media, ma anche se gli inquisiti fossero giornalisti non disporrebbero di un lasciapassare".

Electronic Frontier Foundation, l’organizzazione per le libertà civili digitali che rappresenta i siti Web coinvolti, sostiene che la presa di posizione della Corte è sicuramente un affronto ai diritti costituzionali. Allo stesso tempo, secondo Kurt Opsahl, l’avvocato incaricato della difesa, questo attacco potrebbe avere conseguenze anche in altri settori del giornalismo, come quello finanziario e commerciale, specializzati nel divulgare informazioni segrete su aziende e prodotti.

"Di questo passo ogni azienda si sentirà legittimata nel denunciare ogni giornalista; – ha aggiunto Opsahl – potrebbe essere troppo facile dimostrare che ogni informazione è un segreto commerciale".

La Difesa adesso disporrà di sette giorni per presentare un appello alla Corte Federale Californiana, dopo di che Apple avrà altri dieci giorni per rispondere. Nel caso in cui il giudizio non dovesse cambiare l’Electronic Frontier Foundation tenterà di presentare il caso alla Corte Suprema della California, data la sua natura costituzionale.